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ZIBALDONE. Appunti di viaggio: Recanati – Scanno – Villalago

Recanati mare

E mentre sono all’ombra, seduta su una panchina del lungo mare di Recanati, osservo tre bambini assorti nel disegnare su dei sassi bianchi e piatti con le matite colorate. Ai bambini piace colorare e fare disegni, lo fanno con passione, con concentrazione massima, con spontaneità, pitturano su qualsiasi superficie.

Porto Recanati spiaggia
Porto Recanati lungomare

Penso che, purtroppo, questa naturale creatività verrà imbrigliata da regole e giudizi e la maggior parte dei bambini non si avvicinerà più all’arte come esigenza estetica  e immaginativa. Verrà archiviata in quella che le neuroscienze chiamano memoria implicita, dove i ricordi sensoriali ci sono, ma non sempre intercettabili e muti.

I disegni, tacciati come cose da bambini appunto, andranno sostituiti dalla storia dell’Arte, dalla fruizione delle opere (i capolavori, i geni), con un atteggiamento per lo più concettuale e colto, il gusto di creare dalla autorevolezza inconfutabile dei critici del bello e, non ultimo, dal valore stabilito del mercato.

Ma mentre seguo le mie elucubrazioni, i tre bambini si accorgono del mio interesse e mi chiamano per farmi vedere le loro opere.

Le dispongono in bell’ordine, mi spiegano le figure che hanno disegnato: una casa, il sole, “mamma ti voglio bene”, accostamenti di colori. Sono molto accalorati nel parlare e poi…

Poi non credo alle mie orecchie. Mi dicono:“ i sassi piccoli costano 50 centesimi, quelli grandi 1 euro, per gli altri ci mettiamo d’accordo”.

Rimango un po’ stralunata. Sono sassi, ne posso trovare a migliaia nella spiaggia vicina! Ho con me gli acquarelli! Non è neppure una operazione tanto originale come souvenir.

Arriva la mamma di uno dei tre e chiede: “quanto avete fatto su?”…Però! E non è ancora l’ora del passeggio”.

Non ci posso credere, si vende anche la naturalezza, la spontaneità dei bambini diventa un prodotto da commerciare.

Certo per i bambini rimane soprattutto, fortunatamente, l’aspetto ludico. Lo abbiamo fatto tutti: “io faccio la signora del negozio e allora tu mi dicevi: “ signora voglio tre etti di prosciutto” e poi io, mimando il gesto, li affettavo e ti dicevo “ va bene così’?” e allora tu mi pagavi e, con le mani vuote, mi davi i soldi che non c’erano e io li prendevo nell’aria e con la voce imitavo il suono della cassa”.

Quindi niente di scandaloso ad imparare “come fanno i grandi” per stare al mondo e capire che i soldi hanno un valore.

Ma qui? Il gioco è commercio e il guadagno reale servirà per comprare cose e prepararsi ad essere, senza aspettare di diventare grandi, dei buoni consumatori.

E i sassi della spiaggia? Beh! verranno depredati finché ce ne sono.

Confesso.

Un sasso l’ho comprato, mi hanno anche fatto un prezzo di favore. Ma, a mia discolpa, volevo giocare anch’io e scacciare i pensieri avvilenti.

Recanati città dell’Infinito

Siccome sono a Recanati come non andare in pellegrinaggio nella “sua” città.

Vista di Recanati

Obbligo il mio compagno che è un insegnante di italiano a raccontarmi la vita di Giacomo, a spiegarmi le poesie, a farmi capire la filosofia di quel giovane favoloso.

Se a scuola mi sembrava di una pesantezza insopportabile, adesso mi intriga e voglio sapere sempre di più.

Soprattutto voglio sedermi sulla famosa panchina e sentire l’effetto del mio sguardo che incontra l’Infinito.

Così si va’. È a pochi chilometri dal mare. Si sale tra verdi colline.

Sono emozionata.

La prima cosa che vedo è il cartello di Recanati che titola La città dell’infinito. Certo come non vantarsi di tale cittadino!

Poi incontro “Pizzeria A Silvia”, giusto nella via della casa di Leopardi, sappiamo la storia…

Procedendo verifico che anche le librerie non vendono solo libri ma calamite e gadget vari intitolati al poeta. Ogni altro negozio ha insegne con versi dei suoi poemi che danno lustro alla macelleria, al tabaccaio, al bar.

Pizzeria “A Silvia” – Recanati
Amaro locale di Recanati

Ci avviciniamo sempre più al Parco dell’Infinito. Mi dico: qui ci sarà un’atmosfera magica.

Mentre avanzo le vie diventano sempre più affollate di turisti. Stanchi di stare al mare sono qui a prendere il fresco.

In ciabatte, calzoncini, occhiali da sole, tutti rossi, tutti sudati, attraversano il paese in due minuti spuntando la lista- cosa c’è da vedere a Recanati- e prendono  d’assalto bibite e gelati in centro.

Mordono e fuggono.

Non desisto, io lo sento che, quando guarderò oltre la siepe, tutta questa superficialità vacanziera incontrata non  lascerà traccia nei miei ricordi pronti a intercettare molto di più.

Finalmente arrivo! Ma per salire sulla torre, quella famosa, bisogna pagare un biglietto. Ma scusate l’orizzonte e l’infinito non sono di tutti?

Il FAI ha comprato la torre e per proteggere questo patrimonio artistico non chiede ai visitatori di essere educati, silenziosi, decorosi, pochi per volta! NO chiede quattrini e poi : ”sciabatta ignorante come vuoi!”

Non pago. Non sono in cima, ma l’orizzonte lo vedo anche da questa terrazza naturale limitata da siepi.

Paolo mi declama tutta la poesia e diventa dolce naufragare in questo mare.

Scanno e gli orsi

Una via di Scanno – Foto di G. Tonioli

Dopo questa pausa di avvicinamento ci spostiamo verso la nostra vera meta, Scanno. Un Borgo meraviglioso dentro un parco, riserva naturale protetta.

Qui hanno sparato a Morena un’orsa femmina, per paura.

Ma adesso c’è Gemma, sempre un’orsa, che gli abitanti conoscono da almeno quattro anni. Gemma viene in Paese per mangiare, cambia ristorante ogni sera. Ieri, ci raccontano, ha preferito una pizzeria. L’hanno trovata che dormiva pancia all’aria nelle vicinanze. “Pazienza” dice il gestore.                                                      

Per strada ci sono manifesti che titolano: “ Queste le regole per salvare la vostra vita e quella degli orsi”. Ci sono volantini con le istruzioni anche sui comodini del mio bed and breakfast (camera con caffè si dice dalle parti di Gallipoli e mi piace molto di più).

C’è gentilezza in questo luogo verso i non umani e c’è coscienza che gli animali sono animali.

Per una possibile convivenza ci vuole rispetto e conoscenza degli altri esseri che vivono con noi.

Uno dei simboli di Scanno – foto G.Tonioli

Il proprietario della pizzeria non è arrabbiato, non ha messo taglie per la cattura né chiesto l’espatrio forzato di Gemma, è giustamente seccato per lo sporco lasciato, per i sacchi di farina rotti. Ma si assiste quotidianamente ad atti di vandalismo da parte dei nostri consimili e non per fame.

Però, diciamola tutta, l’orso produce pubblicità al paese e a Scanno la sua immagine è ovunque, souvenir, dolci, dediche.  E non tutti, purtroppo, parteggiano per Gemma.

Villalago: Quando la banda passò                                    

Io l’orso non l’ho visto, ma più volte ho pensato che tra i boschi e le selvatiche e affascinanti gole, lui sbirciava curioso e annusava l’aria per conoscermi.

In compenso un pomeriggio succede una cosa da favola.

Passeggio nel borgo di Villalago, si sta preparando una importante festa religiosa. Una donna al parcheggio tiene il posto per il furgone dei croccanti in arrivo, mi spiega che è una festa tradizionale, che dura tre giorni, oggi la madonnina verrà trasferita in una piccola chiesa da quella in cima al paese e poi ci sarà la processione per le strade.

Luminarie e concerti. Oggi è stata invitata la banda, che suonerà attraversando strade e vicoli in faticosissima pendenza.

Io la sento già che fa degli accordi di prova e desidero seguirla.

Mi piace la banda, mi dà gioia, e mi ricorda quando, ancora bambina, a Ferrara si fermava davanti alle case a Capodanno per dare il buon anno e tutti, col sorriso, buttavamo dalla finestra qualche soldino. Una casa e dopo un’altra fino a sera.

Lasciamo i ricordi, sono immersa in questa atmosfera, calma, lenta, antica e sto cercando la banda quando…Noo! Impossibile! Davanti sbucano silenziosi con i loro occhi dolci e in tutta la loro bellezza, due cervi.

Mi guardano, rimangono tranquilli e, sulla scia della musica e nella scenografia di queste case di pietra, riprendono il cammino. Mi invitano a seguirli, mi aspettano quando esito, ammutolita e con gli occhi sgranati che sono diventati enormi e dolci come i loro

Procediamo, poi, in un punto ben preciso, svoltano convinti, sempre a passi leggeri.

Li seguo e Oh mio Dio! In un piccolo parco c’è un intero branco che bruca. Dietro di loro la montagna che è casa.

Non mi accorgo dell’arrivo di un uomo anziano che in dialetto risponde alla  domanda che non avevo ancora formulato.Vengono perchè hanno paura dei lupi. Quando hanno i figli vengono qui per chiedere protezione”.

Ma non vi fanno danni ai giardini agli orti? “Signura, “stace”(che sarà mai). Ci sono i lupi e ci stanno le creature”.

Mi risveglio, la banda adesso la sento più forte, deve essere vicina.

Lascio il branco a brucare e ritorno al mio proposito.

L’uomo mi saluta, è tornato qui dopo aver lavorato tanti anni in Germania. Ciàve (ciao) Signura ci vediamo capabballe (giù dalla discesa) che la banda arriva in piazza”.

Affretto il passo e ho un senso infantile di gioia, come quando guardavo Biancaneve di Disney che cantava in coro con gli uccellini, gli scoiattoli e “i bambi” e ci credevo.

“lu muànn’ jé cchiù bbèlle ‘ndurn’ a tta” (il mondo diventa più bello intorno a te) [Da ‘Na matèine (a la Marèine)  Fernando D’Annunzio]

Cover: Il lago di scanno foto di Giovanna Tonioli

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Giovanna Tonioli

Giovanna Tonioli da molto tempo si occupa di Dipendenze Patologiche nel servizio pubblico. A lungo, come educatrice, ha pensato di fare uno dei mestieri più belli perchè coraggioso, avventuroso, “stupefacente” come le storie delle persone. Il battesimo lo deve a Marco Cavallo e, sull’onda del pensiero della Psichiatria Democratica, le piace abbattere le porte chiuse e lottare contro tutte le forme di stigma; è testimone delle più svariate umanità. Si è laureata in Psicologia clinica, si è specializzata presso l’Istituto di Psicoterapia Espressiva di Bologna ed è socia di Art Therapy italiana. Lavora a Ferrara. L’incontro con l’arte terapia è stata una svolta importante sia personale che professionale – ma Marco Cavallo lo sapeva già – e così come libero professionista svolge l’attività di Psicoterapeuta Espressiva, dove l’arte, la creatività e l’estetica si sposano con la psicoanalisi, le neuroscienze, la mente con il cuore delle persone. Una terra di mezzo, uno spazio transizionale in cui le parole possono incontrarsi con tutte le forme espressive, il rigore con la curiosità e il gioco, la disciplina con l’immaginazione. Giovanna è anche un mezzo (e sottolinea “mezzo”) soprano, una sfocata fotografa, un’artista naif. Vive in provincia di Ferrara, precisamente alla Cuccia, una piccola casa in uno sperduto borgo di campagna, con i suoi cani che nel tempo si avvicendano, ma che, sempre, sono a loro modo grandi maestri di vita.

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