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Welfare State e Maria Montessori, tracce della maturità: lo spirito del tempo che potrebbe venire

 

Quest’anno tra le tracce della maturità c’erano due argomenti che, a mio avviso, indicano lo “spirito del tempo che potrebbe venire”: l’importanza del Welfare (o Stato sociale)[1] e il contributo di Dewey e Montessori a come si dovrebbe fare scuola.

La cosa curiosa è che siamo in una fase in cui le cose vanno proprio nel senso contrario: il Welfare State è in declino ovunque in Occidente (in Oriente non è mai nato) e la scuola (almeno quella italiana) non applica certo le idee di Dewey e/o Montessori. Come mai dunque sono nelle tracce della maturità? Che messaggio mandano i commissari che di certo le hanno attentamente selezionate? Una qualche ragione ci deve pur essere ed ecco perchè parlo di “spirito del tempo che potrebbe venire”, o almeno lo spero.

Ralph Waldo Emerson, filosofo statunitense che concepiva la Natura come maestra di spiritualità, scrisse, a proposito dello spirito del tempo, che “se un uomo vuole familiarizzarsi con la reale storia del mondo, con lo spirito del tempo, deve cercare il sottile spirito della vita nei fatti più vicini”. In sostanza dobbiamo ascoltare i segnali deboli (spesso molto deboli) che ci arrivano da vicino. Non è facile in un’epoca in cui dominano messaggi grossolani e forti, l’immagine sulla sostanza, il profitto come nuovo Dio e gli influencer, ma ci si può provare.

In Occidente, l’area più ricca al mondo, abbiamo sviluppato molto l’autocoscienza ma, come contrappeso, anche la paura. Se uno Stato vuole però ridurre l’insicurezza dei suoi cittadini deve potenziare quei servizi che lo rendono più sicuro: scuola, sanità, pensioni, aiuti ai poveri, ai disabili a chi ha gravi problemi di salute, controlli sull’immigrazione e la criminalità.

Dagli anni ’70 del secolo scorso questi servizi pubblici sono cresciuti tantissimo, specie in Europa e in Italia, contribuendo alla nostra prosperità e sicurezza. Ma da almeno 30 anni sono in declino. Tra i molti cito “Sfidare il capitalismo” (ed. Fazi), di Bernie Sanders, democratico progressista statunitense (che nulla ha a che vedere con il liberale Biden), convinto che oggi la prosperità sia non tanto abbattere il capitalismo ma creare un diffuso Welfare che in America non è mai decollato.

Spero che prima o poi anche i nostri cittadini non accetteranno sempre che una crescente ricchezza non si traduca in veri servizi per tutti. Già l’Inghilterra presenta il conto il 4 luglio, dopo 14 anni di liberismo dei Conservatori, si annuncia una schiacciante vittoria dei Laburisti (i sondaggi dicono 44% verso 23%) e col sistema uninominale il Labour potrebbe prendere oltre 400 seggi su 630.

Martin Wolf è il più noto editorialista del Financial Times (il quotidiano finanziario più letto dal business anglosassone) e di recente ha scritto un libro (La crisi del capitalismo democratico, ed. Einaudi, pag.648, 24 euro) in cui mette in luce quelli che a suo avviso sono i limiti di un sistema di produzione (il capitalismo) che rischia di collassare sotto il peso delle sue “disfunzioni”. Wolf è un liberista e non a caso è un editorialista del più importante quotidiano finanziario occidentale, ma è anche consapevole dei limiti di questo sistema che comunque difende non essendoci, per ora, una seria alternativa. Propone riforme incisive che portino a un tenore di vita in crescita per tutti (e non solo per una minoranza): buoni posti di lavoro, uguaglianza e opportunità per i più deboli, sicurezza per chi ne ha bisogno, fine dei privilegi speciali per pochi, fine della corruzione. In sostanza: rafforzare il Welfare State. Wolf ce l’ha anche con il grande potere assunto dalla finanza globale e da manager ultrapagati che non rendono conto a nessuno[2]. L’idea è “restaurare” un capitalismo democratico rispetto a quello finanziario “cattivo” che oggi domina. Del resto come dargli torto visto il paradosso che i diritti negoziabili per la CO2, nati per i settori industriali che hanno più difficoltà a ridurre il loro impatto sul Pianeta, sono diventati un mercato finanziario, dove i primi dieci attori non sono le industrie ma i soggetti finanziari? Il programma di Wolf è nel complesso “moderato” ma, per molti aspetti, in totale controtendenza con quanto avviene nei nostri paesi occidentali (da cui la crisi della democrazia). Wolf a mio avviso ascolta “lo spirito del tempo che potrebbe venire”.

Trenta anni fa scrisse, sempre sul Financial Times, parafrasando Adam Smith, che una Nazione diventa ricca non se ha risorse energetiche o materie prime, non se ha una buona scuola o una buona sanità,… ma se ha “buone Istituzioni”, cioè se i suoi governanti fanno gli interessi dei loro cittadini, non rubano e sono trasparenti nelle scelte che si sforzano sempre di fare nell’interesse pubblico. Se si comportano così nel lungo periodo, questa Nazione diventerà ricca.

Una delle caratteristiche di molti nostri governanti è invece l’uso personale del potere. Stare al potere sviluppa negli anni amicizie e legami con potenti, ricchi, imprenditori, ma anche semplici amici o “amici degli amici” che portano a favorirli nei loro traffici, spesso contro l’interesse pubblico, in cambio di consensi elettorali per essere rieletti. Per questo è una buona norma quella del ricambio delle classi dirigenti e di avere al massimo due mandati – rammento che al tempo dei Comuni si amministrava massimo per un anno. In alternativa si crea una “cupola” politica, imprenditoriale e burocratica che, al di là dei reati, espropria i luoghi della decisione politica e della partecipazione dei cittadini. Ciò avviene quando si assumono decisioni sul futuro di un territorio in cui, anziché esserci il massimo di trasparenza e partecipazione, c’è il loro contrario.

Termino con la scuola di Dewey e Montessori. Qui i segnali che qualcosa non funziona nella scuola sono, per la verità, non sottili ma giganteschi. Eppure poco o nulla si muove in quanto non ci sono idee, né nell’attuale Governo né all’opposizione, su come cambiarla nel profondo. I commissari ci sono però “arrivati” e propongono (sommessamente) almeno Montessori e Dewey, per i quali conta tantissimo l’ambiente (studiare in una bella scuola), apprendere dall’ esperienza, esplorare l’ambiente circostante, i laboratori manuali e artistici. La scuola non può più essere solo banchi e lavagna come 200 anni fa. Tutte attività che fanno di queste scuole “private”, ottime scuole e che, se ci fosse un sistema nazionale di valutazione di tutte le scuole (private e pubbliche), sarebbero pagate al 100%, in modo da creare uno stimolo per tutti, premiando le pratiche migliori siano esse pubbliche o private. Era un’idea anche del ministro Luigi Berlinguer, bocciata nel 2000 da Regioni e sindacati. Ma Berlinguer aveva le idee chiare quando disse che “è pubblico non ciò che è erogato dal servizio pubblico ma ciò che svolge una funzione pubblica”, anche se a svolgerlo sono privati (che devono esser certamente controllati e verificati…ma alla fine pagati).

[1] Mercato e welfare state (stato sociale) nell’epoca della globalizzazione.

[2]  E’ di oggi invece la decisione di JP Morgan e Goldman Sachs di dare bonus ai manager in UK (fuori quindi dai tetti UE stabiliti nel 2014) anche oltre 25 volte lo stipendio base del manager. Vedremo cosa dirà Starmer, prossimo primo ministro laburista.

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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PAESE REALE
di Piermaria Romani


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