Valerio Varesi ‘indaga’ la vita straordinaria e dimenticata di Teresa Noce
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Valerio Varesi ‘indaga’ la vita straordinaria e dimenticata di Teresa Noce
Ma perché non ce l’hanno raccontata prima? È un sottotitolo che sembra enfatico, quello dell’ultimo lavoro del cronista-romanziere Valerio Varesi, “Estella” (Neri Pozza 2024). Ma la descrizione de “La vita straordinaria e dimenticata di Teresa Noce” si rivela quanto mai corrispondente al contenuto di questo nuovo libro.
Noto per la serie di storie poliziesche incentrate sulle indagini del commissario Soneri, diventate famose a livello internazionale grazie alle traduzioni in francese, inglese, tedesco, arabo e alla serie televisiva, lo scrittore nonché giornalista di Repubblica si è questa volta avventurato in una biografia al femminile. E, quando si arriva all’ultima delle 240 pagine, è davvero incredibile pensare che possano essere effettivamente scivolate nell’oblio le vicende che hanno costellato la vita di una parlamentare, sindacalista, partigiana e combattente come Teresa Noce.
Teresa fa parte di quel ristretto gruppo di donne che all’indomani del 2 giugno 1946 vennero elette come membri dell’Assemblea costituente italiana, creata per scrivere la Costituzione della neonata Repubblica italiana. Fu poi una delle cinque donne entrate a far parte della Commissione speciale, incaricata insieme con Nilde Iotti (PCI), Lina Merlin (PSI), Maria Federici (DC), Ottavia Penna (Uomo Qualunque) ad elaborare e proporre il progetto di Costituzione da discutere in aula.
Dal 1947 fu segretaria nazionale della FIOT, il sindacato delle operaie tessili e, nel 1948, fu eletta alla Camera nella prima legislatura del Parlamento repubblicano, nel quale si distinse come battagliera proponente della legge per la “Tutela fisica ed economica delle lavoratrici madri” (l. 26 agosto 1950 n. 860), testo base della legislazione sul lavoro femminile.
Teresa raddoppiò il mandato legislativo come deputata del Pci fino al 1958. È stata anche compagna e moglie di Luigi Longo, sposato nel 1926, dirigente storico tra i più longevi del Partito comunista italiano. Longo è nientemeno che il successore di Palmiro Togliatti al vertice del Pci (1943-1964), nominato segretario dopo la sua morte e fino al 1972, quando gli succedette Enrico Berlinguer (1972-1984). Il matrimonio con Longo fu però annullato nel 1953 e da lì – pian piano – lo spirito autonomo e diretto di Teresa Noce piacque sempre meno.
Mi è capitato, in corso di lettura, di visitare la bella mostra dedicata a Enrico Berlinguer (11 giugno-25 agosto 2024) negli spazi al piano terra del Museo Archeologico nella centralissima via dell’Archiginnasio di Bologna. Ed ecco che il nome del marito di lei compare frequente nella cronologia delle attività che hanno scandito l’ascesa di Berlinguer. I due sono affiancati già nel ruolo di vice segretari di quello che in quegli anni, con oltre il 33% dei voti, arriva a diventare il primo partito in Italia per maggioranza assoluta.
Sala dopo sala il nome di Longo ritorna, così come i volumi con i suoi scritti, affiancati agli altri libri che costituiscono i tasselli emblematici della sinistra italiana, delle conquiste sociali e degli ideali di democrazia. Di Teresa Noce non appare nulla. A dire il vero sono pochi anche i nomi e i volti femminili che trovano spazio all’interno della peraltro bella, multimediale ed efficace esposizione. Compare appena il volto in bianco e nero di Nilde Iotti tra le fila degli altri uomini di partito, diretto all’epoca dal suo compagno Togliatti. Compaiono moglie e figlie di Berlinguer nelle teche dedicate all’aspetto privato e familiare, in contesti più o meno ufficiali, come le feste dell’Unità e manifestazioni civili. Di Teresa Noce nulla.
Anche nella parete riservata alle lotte femminili, i volti che emergono sono quelli generici delle manifestanti, rappresentate sui manifesti. E di Teresa, delle sue lotte e delle sue conquiste non c’è traccia. Non le giovò, si deduce dal libro di Varesi, la sua contestazione alla modalità con la quale il marito annullò il loro matrimonio attraverso il tribunale di San Marino. Un provvedimento del quale lei non venne informata, e di cui venne a conoscenza attraverso i giornali. Ma, come spiega la biografia, il fatto di criticare questa azione del marito dirigente fu considerato un inaccettabile attacco alla classe dirigente del partito. Che forse anche per questo da allora, non solo non rinnovò più la sua candidatura a deputata, dopo due mandati di alacre attività, ma accantonò anche i traguardi da lei stessa raggiunti nell’ambito della storia del partito, delle conquiste sindacali e delle lotte per l’uguaglianza. Che comunque restano e che Valerio Varesi riesce a ricordare in pagine appassionanti.
Giorgia Mazzotti
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