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Parlo con amici e conoscenti, molti dei quali sono miei coetanei o giù di lì. Pare che stiamo tutti affrontando la vita con un meccanismo di difesa che ci accomuna, e cioè la dividiamo in tanti brevi segmenti, la sminuzziamo nel tentativo di rendere vincente qualcuno di essi. Di trovarne qualcuno esente da noie, bizantinismi del vivere civile, dolori. Corto ma immune: è già un successo.

Non faccio eccezione e, soprattutto da quando il Covid ci ha lasciato in pace (o quasi) e la vita quotidiana è tornata quella di un tempo (o quasi), riassaporo la molteplicità degli impegni fuori di casa.

Una vita di movimento comporta, però, maggiori rischi. Lo sapevo e lo verifico spesso anche ora che ho l’agenda piena di note scritte in nero per le attività culturali, in blu per le visite e la salute in generale, in rosso per le questioni burocratiche (tante!).

Rischio di avvilirmi davanti alle lungaggini dell’era telematica. Un esempio: una mattina intera per attivare la nuova tessera Bancomat, perché l’impiegato in banca mi ha aiutata a scaricare la App relativa, ma ho poi dovuto concludere l’iter qui a casa chiamando in soccorso il numero verde.

Soffro anche di avere in corso alcune letture e di dedicarmi a ognuna in modo frammentario, non mi fa sentire bene con me stessa.

Di una di queste parlerò tra un momento, prima vorrei chiarire da dove proviene una concentrazione così accurata su come sto. Viene dalla realtà ondivaga che è tornata alla carica nelle mie e nelle nostre giornate. Viene dai sistemi, dai piccoli ai massimi, in cui ci muoviamo come pedine di partite a scacchi che hanno zone per noi insondabili.

Ci incontriamo con gli altri che, lo sappiano o no, giocano partite altrettanto complicate; li incontriamo e facciamo fatica a capirci. Rileggiamo sul cellulare i messaggi delle chat e troviamo informazioni ripetute e mai abbastanza chiare, qualcuno che non è d’accordo, qualcun altro che ha letto male e ha risposto peggio. Come nelle reti idriche del paese, se ne va il 30% del flusso comunicativo, a volte secondo me se ne va anche di più.

Ascoltiamo la tv o gli altri media e ci arriva la sinfonia cacofonica dei fatti nazionali e internazionali.

Per fatti nazionali penso prima di tutto alla nuova legislatura che “ha preso vita” (mi faccio aiutare da eufemismi collaudati come questo) con la prima riunione del Senato e della Camera per la elezione dei rispettivi Presidenti.

A livello internazionale, il teatro del mondo è visto dal nostro palchetto di Italici e col pacchetto di valori della destra, vincitrice nelle elezioni del 25 settembre.

Tra la elezione parlamentare di cui sopra, che inaugura anche per questa diciannovesima legislatura il modello logoro della spartizione delle poltrone, e gli slogan altisonanti che promettono ministri di alto profilo e impegno indefesso nelle questioni internazionali, il palinsesto televisivo è bell’e completato.

Il teatro del mondo, su cui mi sono fatta un’idea ha per lo più i tratti che gli assegna Corrado Oddi nel suo prezioso Guerra e pace uscito il 5 ottobre su questo giornale [Qui]: un mondo multipolare non più dominato dagli USA, a cui si affacciano nuove grandi potenze come India, Cina, Brasile e la Russia stessa.

Un capitalismo globale, che in fondo le accomuna tutte nella ricerca del profitto economico, e una Europa senza un ruolo preminente, incartata ancora una volta al proprio interno nel prendere decisioni comuni, come dimostra la recente crisi energetica.

La crisi finanziaria del 2008 e la successiva crisi pandemica sembrano avere incentivato la rinazionalizzazione delle produzioni, come Oddi osserva. E nei marosi del flusso e reflusso delle relazioni planetarie, mossi dai sussulti della terza guerra mondiale in atto, che Papa Francesco ha più volte indicato, ci mettiamo a nuotare sotto la spinta del patriottismo italico.

C’è di che essere confusi e disincantati (mi continuano a soccorrere gli eufemismi). C’è da accorciare la durata delle fasi della vita da cui sono partita.

Una mattinata perfetta leggendo Menta di Christian Galli [Qui], una storia a fumetti pensata e disegnata con un bel tratto, un tratto garbato e poi riempito con espressività da colori sfumati, spesso sul blu-verde.

L’odore della menta accompagna le avventure della adolescente Lamia e della inseparabile amica Lu. Lamia sta uscendo da un dolore, la perdita del suo cane Otto, per lei un compagno di vita.

E tra un concorso di scrittura propostole dalla scuola e i misteri di una fantomatica bestia notturna, che si aggira in una dimora abbandonata dalle parti di casa sua, Lamia sperimenta i meccanismi della vita e della morte, i passaggi della sua crescita personale.

Impara a non dare troppo peso alle apparenze e a trovare un nuovo contatto col proprio cane, un rapporto che accetta di intrecciarsi oltre la zona della vita accettando la morte del solo corpo. Ritrova la purezza nella amicizia con Lu e nella complicità con la madre.

Mi ha incantata la delicatezza linguistica che accompagna il libro, che non ha bisogno del solito turpiloquio gridato e bene registra il mondo interiore di Lamia e il suo comunicare via via più autentico con gli altri.

Eccolo il rifugio nell’universo personale, in cui mi/ci soccorrono le storie, che spostano l’attenzione su una realtà parallela. Anch’essa non esente da ostacoli e distonie, ma piena di una carica catartica che è antica come il mondo.

Siamo monadi che del mondo rispecchiano i meccanismi, e più ci teniamo informati e più lo siamo. Curarci, coltivare in noi l’equilibrio tra le parti, quasi un tentativo di armonia, ci salva. Irradiarlo sugli altri e nelle nostre giornate può essere anche un messaggio di pace.

Nota bibliografica:

  • Christian Galli, Menta, Edizioni Tunuè, 2022

Per leggere gli altri articoli e indizi letterari di Roberta Barbieri nella sua rubrica Vite di cartaclicca [Qui]

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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