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Ricordi di scuola. Partendo dal volto e le parole di David Grossman
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Vite di carta. Ricordi di scuola. Partendo dal volto e le parole di David Grossman
La scuola è ricominciata da poche settimane e mi si ripresentano molti ricordi. Sarà che facendo l’insegnante ho vissuto un tempo ciclico, dal settembre di ogni anno al giugno successivo, per quasi tutta la vita.
Li scorro velocemente e li possiedo tutti quanti in un solo istante. Capisco che non è del loro contenuto che vorrei parlare, ma della loro funzione di sostegno, della rete di idee che mi fa da guida e che continua a srotolarsi sotto i miei passi.
Finirò per riparlare di libri o comunque di letture, come stazioni di posta nel cammino che ho già percorso; tuttavia il punto di partenza è una considerazione sulla situazione internazionale e sulla condizione umana.
Parto dalle notizie di queste ore che arrivano da Gaza e Israele: è la prima volta che ricevo aggiornamenti di guerra da quella parte del mondo avendo davanti i volti di miei compaesani che proprio in questi giorni si trovano in pellegrinaggio a Betlemme.
Anni fa al Festivaletteratura a Mantova era il volto di David Grossman a occuparmi la mente, le sue parole cariche di pace ma allarmate per la situazione in atto nella sua città, Gerusalemme. Era il 2003. Parlò poco dopo dei suoi libri, della scrittura che gli permetteva di lasciare la bruttezza del mondo per indagare a fondo i sentimenti umani, di staccarsi dalla contingenza della storia e “cedere alla tentazione di diventare un altro, di accogliere dentro di te il nemico”.
Ho trovato queste parole nei miei appunti di vent’anni fa, credo che siano quelle esatte. L’altra su cui si trattenne a lungo è la parola amore, ne diede tra le altre la definizione che riporto: “l’amore è permettere all’altro di essere molte persone“. Mi colpì e mi colpisce ancora oggi, come per tutte le affermazioni potenti che acquisiscono ogni volta un nuovo senso, senza averne uno definito per sempre.
Un libro che dovrei rileggere è il suo Qualcuno con cui correre, che era uscito in Italia due anni prima, nel 2001, che comprai e lessi subito dopo.
Intanto in questi mesi ho ritrovato qualcuno con cui scrivere di scuola. Due lavori di gruppo, svolti nell’estate in preparazione di due diverse pubblicazioni, mi hanno permesso di lavorare insieme ad alcune ex colleghe del Liceo, oltre che all’amica storica Maria, e anche con ex studenti usciti da molti anni che hanno collaborato con noi nella veste autorevole di professionisti di formazione universitaria scientifica.
Con l’occasione ci siamo chiariti che la ricostruzione degli ultimi cinquant’anni della nostra scuola, fatta attraverso i contributi di chi l’ha vissuta dai banchi e dalla cattedra, non riveste un significato (solo) nostalgico, né si è spesa entro i limiti delle nostre individualità.
Abbiamo inteso ripercorrere il cammino di una comunità che si è dedicata alla formazione dei giovani, dentro il sogno della scuola innovativa che abbiamo cercato di realizzare, attenta alla crescita personale e al dialogo tra le generazioni, al contempo rigorosa nei metodi di studio, sensibile agli statuti delle discipline e a ogni intreccio interdisciplinare.
Abbiamo ricordato per guardare avanti, per porgere l’immaginario che abbiamo condiviso all’attenzione della scuola che verrà.
Elia e Pietro, 17 anni o giù di lì, mi hanno scritto un messaggio carinissimo pochi giorni fa. Avrebbero avuto il piacere di un saluto, se fossi passata in Castello al Bookshop dove stavano lavorando come reporter a Internazionale a Ferrara 2023. Che piacere profondo. Realizzo che è per questo che frequento i ricordi, per attrezzarmi a stare al passo con i ragazzi e cercare con loro di guardare avanti.
C’è chi cede ai ricordi personali col piacere di indugiare nella propria esperienza, anche in certe pieghe riposte. L’ho constatato in questa recente avventura di scrittura e di editing, e mi ha fatto piacere misurarmi con i percorsi altrui. Ho anche ripensato al bel libro di Diego Marani, Il compagno di scuola, in cui mi sono avidamente rispecchiata anni fa durante la prima lettura. Anche questo libro dovrei rileggere.
Quando l’autore venne all’Ariosto a parlarci di una altro suo romanzo di pregio, Nuova grammatica finlandese, ebbe la curiosità di rivedere l’aula in cui aveva trascorso molte ore nei suoi cinque anni al Liceo.
Parlò a lungo di ricordi suoi, del disagio provato nell’inserirsi nel gruppo classe come pendolare, della sua adolescenza assolata vissuta tra Tresigallo e la sede del Liceo in Via Arianuova.
Ora, il libro è anche molto altro al di là della contrapposizione tra studenti di città e studenti di campagna. Tuttavia mi dà man forte nella considerazione che ne ricavo sulla qualità della mia memoria, ora che ho superato la linea del pensionamento e condivido da fuori preziosi momenti di scuola con colleghe e studenti.
È la memoria di una comunità quella che mi appartiene e mi restituisce un irrinunciabile pezzo di identità. Qualcosa di condiviso che non ha perduto la sua spinta proprio in quanto mi scavalca come singola insegnante e si fa memoria tesaurizzata del progetto formativo a cui abbiamo dedicato la nostra carriera.
Mi accade di comportarmi nello stesso modo anche nella sfera privata: non mi riesce di esternare né il mosaico di pensieri che ho dentro, né le singole parti. Un po’ di ognuna, ma virando appena possibile verso l’implicito. Sarà che più invecchio e più mi pare che la vita di ognuno somigli alla vita di tutti. Mi pare, così, che dovremmo capirci. Vedere nell’altro sempre meno il diverso.
Nota bibliografica:
- David Grossman, Qualcuno con cui correre, Mondadori, 2001
- Diego Marani, Il compagno di scuola, Bompiani, 2005
- Diego Marani, Nuova grammatica finlandese, Bompiani, 2002
Cover: Ferrara – Internazionale 2023 – Studenti del Liceo Ariosto di Ferrara e del Liceo Alfieri di Torino
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Roberta Barbieri
Commenti (1)
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Ammiro e adoro la grande capacità di Roberta di richiamare alla memoria e all’attenzione eventi, fatti, letture, rapporti e di metterli tra loro in relazione empatica mediante una scrittura elevata e fluida allo stesso tempo