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Vite di carta. Nella stanza dell’imperatore di Sonia Aggio, un raffinato romanzo su tempi dimenticati

Ha meno di trent’anni questa scrittrice e bibliotecaria, nata non lontano da qui, a Rovigo, che ha tirato fuori dall’armadio della Storia stoffe e preziosi costumi bizantini ancora segnati dal profumo di un tempo lontano e di rado messo a fuoco nel nostro immaginario, il X secolo dell’Impero d’Oriente.

Nella stanza dell’imperatore, entrato nella cinquina dei finalisti dello Strega 2024, è immerso nel secolo in cui tra il 969 2 il 976 il protagonista del romanzo, Giovanni Zimisce, guida un impero vasto e forte. Giovanni ne respira gli odori in ogni pagina, sia quando è in guerra e la polvere e il sangue esalano i loro miasmi, sia nei palazzi del potere in cui vive nel corso della sua strepitosa carriera.

Anche la Città per antonomasia, Costantinopoli, esala i suoi profumi e la sua luce fino alla fine: quando l’imperatore è nella sua stanza, in punto di morte, ha visioni e ricordi allucinati e crede di sentire “i profumi intensi dei fiori e degli olivi”.

La suggestione dell’olfatto non è l’unica a trattenermi, al momento, dal definire storico un romanzo come questo: se lo ripenso come operazione narrativa, ritrovo certamente la attenta ricostruzione storica dell’Impero d’Oriente con i suoi complessi ingranaggi di potere, ma sento altrettanto forti gli effetti che producono sul lettore sia la tecnica narrativa che i rimandi letterari al Macbeth di Shakespeare.

Mi pare che Sonia Aggio abbia voluto re-interpretare la struttura compositiva del romanzo, appunto, storico in una chiave decisamente aggiornata, mettendo nella sua narrazione ingredienti della narrativa contemporanea, come la dimensione personalistica del racconto e la sua impostazione cinematografica.

Serve descrivere i contenuti di fondo per ragionare su come sono proposti nel romanzo.

Giovanni Zimisce viene educato e avviato alla carriera militare da Leone e Niceforo Foca, fratelli della madre. A dieci anni viene portato dall’Armenia in Cappadocia per crescere con gli zii e da quel momento la sua vita è fatta di spostamenti di città in città e di regione in regione per interpretare la sua prestigiosa carriera militare.

Si rivela un comandante tenace e ardimentoso, che nemmeno i grandi dolori dovuti alla perdita dei propri familiari riescono a trattenere dal dovere di combattere per la grandezza dell’Impero.

A guidarlo, e a turbarlo, è la profezia che riceve da tre streghe (come accade a Macbeth) in momenti chiave della sua parabola di generale al comando dell’esercito bizantino: è ancora all’inizio della sua carriera quando la prima delle tre gli rivela che diventerà Imperatore, in greco basileus ton Romaion.

Nella sua ascesa al potere Giovanni alterna atti di coraggio a imprese spietate, l’ultima e più tormentata è quella di uccidere lo zio Niceforo, l’imperatore in carica, per prenderne il posto (torna il fantasma narrativo di Macbeth).

Quando nel palazzo di Costantinopoli Giovanni morente rivede la propria vita in forma di immagini allucinate e ricordi insepolti, lo stile narrativo rasenta il fantasy. La percezione distorta della realtà dell’imperatore investe il livello discorsivo del testo.

Ecco la chiave espressiva contemporanea: tutto il romanzo è pervaso dal punto di vista del protagonista, pur mantenendo la terza persona della voce narrante.

Chi narra parla dalla prospettiva del protagonista, col suo sguardo lucido sull’impero e con le suggestioni magico-oniriche delle streghe vigili sul proprio destino. E c’è anche una creatura, una serpe attaccata agli organi interni, che erompe in lui sotto forma di una furia mai sazia contro gli avversari da combattere.

In più, la narrazione è completamente al presente e magnetizza il lettore tirandolo dentro alla pagina. Mettendolo all’altezza degli occhi dell’imperatore, dentro un racconto in progress.

Cinematograficamente, il libro è già pronto per essere trasformato in un film. Con una fotografia limpida su paesaggi dalla bellezza straordinaria e con i colori squillanti della Turchia oggi. Anche con molti effetti speciali, quando Giovanni ha le più intense percezioni della propria vita e della morte che lo accompagna, quando gli appaiono le streghe con le sembianze di donna e le spire del surreale si mescolano alla realtà dei cinque sensi.

Anche la serie delle sequenze è già pronta: il film potrà seguire le sezioni del romanzo, che si articolano a loro volta come nel teatro classico da un prologo (Mezzanotte) all’epilogo (Mezzogiorno), passando per cinque intervalli di tempo, dal 935 al 976 d.C. chiamati rispettivamente Alba, Giorno, Crepuscolo, Notte e Zenit

Ogni parte del giorno richiama un altro ordine di grandezza sulla linea del tempo, come a voler intrecciare al computo lineare di oltre quarant’anni il movimento circolare di una giornata.

Ho letto il libro consultando spesso l’apparato posto all’inizio: alberi genealogici delle famiglie più potenti dell’Impero Bizantino e carta dei themata bizantini nel X secolo. In fondo al libro ho consultato il Piccolo dizionario bizantino. Ci sono più informazioni qui che sui manuali di storia antica e medievale in uso nei licei, dove è dedicata mezza pagina all’Impero Romano d’Oriente, sopravvissuto per molti anni dopo il 476 alla caduta dell’Impero d’Occidente.

Eppure ho tergiversato fin qui e ancora mi trattengo dal definire Nella stanza dell’imperatore un romanzo storico, così come viene definito seccamente in tante recensioni che ho trovato in internet, mentre cercavo il confronto con altri lettori.

Passi il “compromesso tra verità storica e materia letteraria”, di cui ci avverte l’autrice nella nota finale, siamo e restiamo nella fisiologia del genere storico, ma qui sono entrate ben altre componenti narratologiche.

È tempo, ora, di prendere una posizione: e sia. Lo chiamo così a mia volta, ma lo colloco nel livello di energia più esterno della narrativa storica, a un passo dal fare il salto verso altro. Sono numerose le opere della narrativa di questi anni che contaminano volutamente i generi, per esempio proponendo una visione individuale, acuta e personalistica, di come va il mondo, tra autobiografia e critica sociale.

Chapeau per Sonia Aggio, a cui questa contaminazione è riuscita nel recupero di un passato lontano e così poco conosciuto.

Nota bibliografica:

  • Sonia Aggio, Nella stanza dell’imperatore, Fazi Editore, 2024

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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