Vite di carta /
In treno con Giorgio Bassani
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Vite di carta. In treno con Giorgio Bassani
È martedì 4 marzo 2025 e mentre le reti televisive ricordano che oggi Lucio Dalla compirebbe ottantadue anni mandando immagini di repertorio sulle note di 4 Marzo 1943, avvio l’auto in direzione Ferrara per andare a ricordare al mio Liceo il giorno della nascita di Giorgio Bassani, avvenuta in questo stesso giorno nel 1916.
Accade ogni anno al Liceo Ariosto che nelle Giornate Bassani si raccolgano nell’atrio che porta il suo nome docenti, studiosi dell’opera bassaniana e classi di studenti che hanno lavorato nell’ambito scelto di volta in volta come campo di approfondimento sulla complessa opera dell’autore.
Ho ricevuto l’invito a partecipare a questa XXIII edizione che ha per titolo: “La cifra che risolva in un canto il mio grido” (Preludio, in rima e senza). Giorgio Bassani poeta (1945- 1982). Non so contare da quanti anni la prof.ssa Monica Giori si occupi dell’iniziativa con impegno e competenza. Mentre sono in auto penso a Bassani che dal 1926 al 1934 è stato studente dell’Ariosto e dunque i ragazzi di oggi possono essere motivati a studiare uno di loro, che si è seduto sugli stessi banchi un po’ di anni fa. A me è successo di cominciare il ginnasio in questo Liceo più o meno quarant’anni dopo.
I saluti, al mio arrivo, sono di quelli che mi fanno sentire di essere tornata a casa. Non conosco questi nuovi ragazzi che espongono i loro lavori, proiettando immagini montate con sapienza tecnica. Leggono le poesie con una dizione a tratti imprecisa, ma con una disponibilità che emenda ogni loro fragilità nell’esprimersi.
Dalla prima fila in cui sono seduta scatto foto alle slide che vengono proiettate e uno di seguito all’altro ai tre relatori. Il loro è stato un nome scritto sul pieghevole, fino a poco fa, un nome che mi ha fatto decidere di venire ad ascoltarli oggi. Bravi, bravissimi, sia le due ex colleghe che i due ex studenti tornati qui in veste di esperti. Ognuno con un punto di osservazione precipuo, lo sguardo della loro disciplina che è entrato in profondità nei testi di Bassani e anche nella vita.
Prendo appunti e mi assegno nuovi e vecchi testi da rivedere, percorsi di lettura che prendono forma da ciò che vedo e ascolto. Sono venuta qui per imparare ed eccomi accontentata.
Poi, al rientro a casa, ecco che si accende il filo luminoso del ricordo personale sugli anni della giovinezza che ho passato tra l’Ariosto a Ferrara e la facoltà di Lettere a Bologna. Apro “Un mirabile sogno”. L’apprendistato letterario di Giorgio Bassani, il bel saggio che la studiosa Rosy Cupo oggi mi ha donato e leggo la parte iniziale, la collego alla esposizione che ne ha fatto ai ragazzi e vado cercando…un treno.
Di tutto un mondo letterario e biografico, così bene esplorato nel volume, mi attrae salire con Bassani sul convoglio che lo portava ogni giorno da Ferrara a Bologna. Lui studente di Lettere dal 1935, io dal 1975 presso la stessa amata facoltà.
Dopo quarant’anni sono toccati in sorte anche a me i sedili di legno scomodi ma più igienici di quelli in cui capitava di sedere a volte, in un velluto rosso polveroso e pieno di macchie. I vagoni inclinati verso l’esterno alle fermate, per cui si saliva sentendo la spinta all’indietro e dopo lo sforzo di andare su si ammarava tra le gambe dei passeggeri seduti.
Al ritorno da Bologna la temperatura interna era gradevole nei mesi freddi ma rovente d’estate, le carrozze si riempivano velocemente di pendolari di ritorno da fabbriche e scuole e io guardavo fuori dal finestrino, chiusa nel mio posto con i libri sulle ginocchia e la borsa tenuta stretta.
Scendevo a Poggio Renatico, laddove Bassani ricorda che avveniva ogni mattina la prima fermata del suo treno diretto a Bologna. Ne parla ne Gli occhiali d’oro e ancora oggi non trovo lusinghiero il suo accenno ai “villani” che salivano alla stazione del mio paese.
Oggi l’amica Rosy Cupo ha segnalato che il primo racconto edito nel 1935 da Bassani, III classe, ricorda proprio gli spostamenti in treno di Bassani giovane matricola. Ritrovo tra le mie carte ora ingiallite quello che ho scritto nel giugno del 1979: “Ero in treno. Guardavo da sempre il colore del grano, oppure alberi. E ripensavo a quando, camminando con mio padre, portavo il naso in su annusando l’aria per aspirare il profumo dell’erba. E il contadino che l’aveva appena falciata arrotava la falce, senza guardare chi passava”.
Mi piace trovare le parole di Bassani così vicine alle mie, con colori e odori della natura che seguono la curvatura del giorno. In una delle poesie che hanno presentato gli studenti, Verso Ferrara, scrive: ” È a quest’ora che vanno per calde erbe infinite / verso Ferrara gli ultimi treni, con fischi lenti” e poi sente i profumi:” Dai finestrini aperti l’alcool delle marcite / entra un po’ a velare il lustro delle povere panche”.
Ma torniamo a III classe: parlano anche per me le considerazioni del giovane Bassani sui discorsi che sente fare ai vicini di posto, e anche lo sguardo ironico verso alcune macchiette dall’abbigliamento sgargiante o dalla voce querula. Scenette di vita quotidiana pronte a entrare nella penna, vera materia di vita da trasfigurare in parole esatte come stigmi.
Quando Cupo espone agli studenti un altro racconto giovanile, Caduta dell’amicizia, del 1937, emerge un altro tratto del mondo bassaniano che ritrovo in ciò che ho appuntato negli anni dell’università.
Nel parlare ai ragazzi lo definisce “vizio della memoria” e riprende un passo da Il Giardino dei Finzi Contini in cui Giorgio e Micol riconoscono di avere una sensibilità affine, in quel girare la testa all’indietro in cerca del passato.
Paola Bassani, che nella postfazione a “Un mirabile sogno” allarga lo sguardo alla poetica complessiva del padre, riconosce che nella fase giovanile: “Si vede insomma come Bassani…impronti nuove strade, si batta per una nuova letteratura, intimamente connessa alla realtà dell’oggi, aperta alla bruciante attualità, tutta vibrante di carica morale e di imperioso dovere della memoria”.
Correvo a casa a finire in famiglia il tempo rimasto. I nuovi gesti della sera mi facevano ricordare la giornata appena trascorsa e i suoi piccoli accadimenti. E proprio ripensandoli come passati me ne appropriavo veramente.
Null’altro che questo, il ritrovare nelle opere letterarie la sintonia con ciò che ero e sono mi conforta. Finché ho insegnato ho condiviso con i ragazzi il valore della memoria dentro la Storia, oggi ho ripercorso per un tratto la mia. Se tornare a scuola significa rileggere e rileggersi ho fatto bene ad avviare l’auto in direzione Ferrara.
Nota bibliografica:
- Rosy Cupo, “Un mirabile sogno”. L’apprendistato letterario di Giorgio Bassani, Giorgio Pozzi Editore, 2021
- Giorgio Bassani, Gli occhiali d’oro, Einaudi, 1958
- Giorgio Bassani, Il Giardino dei Finzi Contini , Oscar Mondadori, 1980
- Giorgio Bassani, III classe, in Racconti, diari, cronache (1935-1956) a cura di Piero Pieri, Feltrinelli, 2014
- Giorgio Bassani, Caduta dell’amicizia, in Racconti, diari, cronache (1935-1956) a cura di Piero Pieri, Feltrinelli, 2014
La cover è dell’autrice e ritrae da sinistra le prof.sse Rosy Cupo e Silvana Onofri nell’Atrio Bassani del Liceo Ariosto (XXIII Giornata Bassani, 4 marzo 2025)
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Roberta Barbieri
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
PAESE REALE
di Piermaria Romani
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