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Vite di carta. Gli occhi su Malta

Gli occhi su Malta li ho messi e ho cercato di vedere e di capire. Sono arrivata in una luminosa mattina di dieci giorni fa, con il viatico di poche letture e molti racconti di amici che la frequentano da anni per turismo. Ho poi avuto cinque giorni per esplorarne baie, coste fatte di roccia e città.

Mi è arrivato ora il link con tutte le foto che ha scattato durante la nostra vacanza di gruppo il prezioso amico Daniele. Le guardo confermandomi sui suoi superpoteri: ogni momento del viaggio sembra colto con la curiosità di chi è innamorato della vita e la vuole riprodotta in immagini e voci puntualmente registrate.

Gli sono grata di questo repertorio che mi restituisce Malta, anche se ho da fare i conti con quello che di lei mi sfugge.

Sento che ho molto visto, ma ancora di più avverto lo scarto tra quello che ho letto nel libro straordinario di Nello Scavo, Le mani sulla guardia costiera, e le immagini vive di paesaggi bellissimi, città cariche di storia e località cresciute col turismo e con l’aggressività edilizia che ne consegue.

Non avessi letto l’inchiesta giornalistica con cui Scavo è stato finalista all’ultimo Premio Estense, Malta sarebbe ora solo questo ai miei occhi: un arcipelago di grande bellezza nel centro del Mar Mediterraneo, tra la Sicilia e il Nordafrica. Un’isola attraversata dalle conquiste di molti popoli che hanno lasciato il loro stigma nelle costruzioni religiose e in quelle civili, nella lingua e nella cucina.

Potevo andare a conoscere i templi megalitici di Gozo, che risalgono al quarto millennio a.C., ma non ce l’ho fatta. Ho virato sulla domus romana di Rabat, sui mosaici del peristilio che esprimono il livello artistico raggiunto dagli artisti dell’epoca classica e sugli oggetti di uso domestico che mi hanno ricordato il nostro prezioso Museo del Belriguardo a Voghiera, specie le lucerne e i deliziosi balsamari in vetro.

Spiagge e strutture turistiche della costa maltese

Abbiamo visitato La Valletta accettandone la bellezza mista al caos dei turisti in movimento: dopo la veduta sulle Tre città che in basso si intrecciano con bracci di mare blu, eccoci alla ricerca della Concattedrale di San Giovanni Battista oltre il mare di teste lungo Republic Street.

Attendo di entrare insieme agli amici e la coda è lunga. Dentro ci aspetta il quadro che Caravaggio ha dipinto qui nel 1608, quando trovò asilo presso i Cavalieri della Croce di Malta ed entrò per breve tempo a far parte dell’ordine stesso.

La Decapitazione di San Giovanni Battista nella sua enormità di cinque metri per tre ci aspetta nell’Oratorio, a destra rispetto all’ingresso. È collocato in fondo: un’immagine magnetica che ci guida lo sguardo tra penombra e luce e lo fissa in basso sulla figura del santo agonizzante ai piedi del boia e di due figure di donna.

La scena trasuda realismo e orizzontalità con lo spettatore, manca il segno confortante del divino e le figure umane si sono ritratte negli angoli senza più occupare il punto centrale della composizione.

In questa pala, davanti alla quale fu letta la bolla con cui l’artista veniva poi radiato dall’ordine,  si leggono i segni inconfondibili della nuova mentalità barocca col suo sguardo ambiguo sulle cose, con l’inquietudine e il senso di precarietà che faranno esplodere l’arte in immagini di sfarzo e insieme di morte.

Barocco è lo stile predominante di Malta: dall’autobus su cui corriamo da una parte all’altra dell’isola per cinque giorni vediamo passare chiese e case dal giallo tufaceo impreziosito di balconi e stemmi elegantissimi. Una rassegna di bellezza interrotta dalla mole sgraziata di alberghi e altre strutture turistiche, senza soluzione di continuità.

E poi ci sono i traffici opachi documentati da Nello Scavo, che sono la parte di Malta che non si vede, che non vedo. Mi sono apparse davanti piccole barche dai colori vivaci, i luzzi, yacht spropositati e grandi navi ancorate al al largo.

Non ho visto, o non ho saputo vedere, le motovedette o i pescherecci che nella inchiesta di Scavo emergono come attori fondamentali nel processo che da anni è in atto nel Mediterraneo, nel respingimento cioè dei migranti e nella loro deportazione di massa verso i paesi di origine, ma soprattutto in Libia, dove i centri di raccolta riservano a chi deve ancora partire come a che è dovuto tornare privazioni e torture, nella totale negazione dei diritti umani.

Sulla situazione libica conoscevo quanto rivelato da Francesca Mannocchi in Io Khaled vendo uomini e sono innocente, il libro vincitore del Premio Estense 2019. Khaled ammette di essere un trafficante di esseri umani, usa parole semplici per mettere in chiaro ciò che fa: compra gommoni e ci mette sopra “cento negri…Carico cento negri e ci metto pure i salvagenti. E sono uno dei pochi”.

Guadagna molti soldi, dice che nel mestiere suo e di altri come lui “i negri sono la nostra garanzia di liquidità”, e con quei soldi paga gli uomini che lavorano per lui e che hanno famiglia. Sostiene in questo modo chi va a chiedergli aiuto per mantenere i propri bambini.

Nel caos del dopo Gheddafi, Khaled the smuggler sa come muoversi in un universo in cui della rivoluzione, dice, è rimasto ben poco. Paga funzionari e guardiacoste, conosce uomini nei ministeri giusti.

I barconi che Khaled ha messo in mare sono quelli che nella inchiesta di Scavo vengono respinti una volta arrivati in prossimità delle coste maltesi e italiane, come sappiamo. Qui siamo a Malta e io scatto una foto all’imponente palazzo in stile neoclassico che ospita la Corte di Giustizia a La Valletta.

Esattamente tre anni fa Nello Scavo è stato qui, in un paio di udienze, a testimoniare contro Neville Gafà, un personaggio di spicco nelle gravi vicende di corruzione che hanno investito l’isola in questi anni. Accusato dalla polizia maltese di avere minacciato per le sue inchieste il nostro inviato di Avvenire, che da 2019 vive sotto tutela delle forze dell’ordine, Gafà è poi stato assolto.

E sì che la sua è stata una parte di rilievo anche nella campagna denigratoria ai danni della giornalista maltese Daphne Caruana Galizia, che indagava su corruzione, discriminazioni e abusi di potere ed è stata uccisa con un’autobomba nell’ottobre del 2017, proprio vicino a casa sua a Bidnija, un paese che non ho visitato, anche se non è lontano dalla Baia di San Paolo in cui era il nostro hotel.

Il suolo di Malta, tipico del Mediterraneo

L’inchiesta di Nello Scavo apre un orizzonte grande sull’intero Mediterraneo, sul “palcoscenico della più vasta operazione di distrazione di massa mai conosciuta negli ultimi decenni”, dove è in atto il tentativo di egemonizzazione ad opera delle principali potenze politiche, militari ed economiche: “Turchia, Russia, Egitto, Arabia Saudita, Qatar, l’intera Nato con l’ambiguità degli Usa, l’incertezza dell’Italia, il cinismo della Francia e le ripercussioni della guerra in Ucraina”.

E col concorso della piccola Malta, che ha fatto e fa la sua parte nella gigantesca rete di traffici di persone, petrolio, armi e droga che occupa le acque del Mare Nostrum.

Il titolo del libro di Scavo è una perfetta sineddoche, indica cioè attraverso il caso italiano una parte del quadro, questo sì più grande della pala che ha dipinto Caravaggio e altrettanto carico di ambiguità barocca: il quadro che dipinge la politica nel suo atto di minaccia ai danni della grande Istituzione Nazionale della Guardia Costiera, che da oltre 150 anni presta aiuto a chiunque rischi la vita in mare e si occupa nel senso più ampio della salvaguardia dell’ambiente marino e della sicurezza nella navigazione. In una parola, degli usi civili del mare.

Nota bibliografica:

  • Nello Scavo, Le mani sulla guardia costiera, chiarelettere, 2023
  • Francesca Mannocchi, Io Khaled vendo uomini e sono innocente, Einaudi, 2019

Cover: Palazzo della Corte di Giustizia a La Valletta – Malta.

Foto di copertina e nel testo di Daniele Gonelli

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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