Vite di carta. Commissari Tecnici dall’al di là
Sempre più spesso penso che l’al di là ci riguardi, o almeno che ci guardi. L’idea che mi regge credo sia infantile ed è questa: c’è persistenza fuori dalla vita che respira, un prima e un dopo ai quali diamo il nostro contributo nel tempo in cui siamo vivi. Quando non lo siamo più, tuttavia, altri ripetono lo stesso paradigma dell’esistenza e in questo ci rinnovano.
Se poi lasciamo una traccia di quello che abbiamo respirato, pensato e comunicato, ci rinnovano ancora di più, dialogando con noi attraverso una distanza temporale che non è più una barriera. Già in vita, dalla rivoluzione telematica in poi, non ci sbarra il passo nemmeno la distanza nello spazio, qualunque essa sia.
Detto questo, faccio intanto accomodare Saba e Pasolini e chiedo loro un commento sulla finale dei Campionati Europei di calcio che domenica sera, 14 luglio 2024, ha incoronato come vincitrice la squadra spagnola.
Di Umberto Saba sappiamo che il suo amore per il calcio arrivò in età matura, forse sulla scia della passione per la squadra della Triestina che aveva Carletto, il suo storico socio alla libreria antiquaria di Via San Nicolò, che al secolo faceva Carlo Cerne.
Nelle Cinque poesie per il gioco del calcio con sensibilità autentica di poeta Saba osserva i giocatori, specie i portieri delle due squadre avversarie, distingue quelli “superbi” dai giovani “acerbi” che hanno voce stridula da “galletto”.
Nella finale vista iersera il chiccirichi di Lamine Yamal si è sentito meno che in altre gare: la festa del diciassettesimo compleanno appena passata, l’emozione straordinaria per la partita decisiva possono avergli tolto un po’ di voce.
Certo, non gli sono mancati quel vigore fisico, quella energia da vita intensa che tanto piacque a Giacomo Leopardi quando la riconobbe in Carlo Didimi e gli dedicò nel 1821 la canzone A un vincitore nel pallone.
Yamal non viene da un paese vicino a Recanati, Treia, bensì dalla provincia di Barcellona, ma abbiamo detto che oggi lo spazio non è più una barriera, o almeno non dovrebbe esserlo, e dunque la lode di Leopardi, in qualità di terzo Commissario Tecnico, si attaglia perfettamente sulla performance di Lamine.
I due portieri: ben visibili nella loro divisa spuria, gialla per l’inglese e nera per lo spagnolo, hanno occupato i bordi dello schermo, facendosi vedere spesso in movimento, stando fermi solo per brevi tratti a controllare il gioco.
Poi, come ha commentato Fabio Capello – un altro C.T. che essendo ancora in vita a fine gara ha potuto dire la sua in uno studio televisivo – il portiere inglese si è trovato a parare cinque magnifiche azioni da gol degli attaccanti spagnoli e ne ha fermate tre. Bravo: le altre due, tuttavia, hanno dato la vittoria agli avversari.
Tre in tutto, le reti: segna la Spagna con gol di Williams al 47′, pareggia l’inglese Palmer al 73′ e poi a pochi minuti dalla fine Oyarzabal manda sul podio dei campioni la sua Spagna. Lo stadio esplode di entusiasmo, vengono inquadrati variopinti tifosi di ogni età e di uguale sentire: tra loro non stonerebbe la figurina incollata di Saba, preso nel vortice del comune entusiasmo con la sua sensibilità spendibile ma anche defilata, “dagli altri diversamente – ugualmente commosso” direbbe lui.
Dal canto suo Pasolini parlerebbe bene del fraseggio espresso dalle due squadre. Avrebbe parole di ammirazione per la sintassi complessiva del gioco, concentrata a centro campo per quasi tutto il primo tempo e più spesso in area nel secondo. Che frasi poetiche quelle cinque che hanno espresso gli spagnoli facendosi i passaggi giusti sotto la rete inglese. Che efficacia il tiro di Palmer, appena entrato in campo e subito in gol in una specie di assolo espressivo.
Sì, perché Pier Paolo Pasolini nel corso di una intervista apparsa su Il Giorno il 3 gennaio 1971 assegnò al calcio lo statuto di vero e proprio linguaggio, i cui segni chiamò podemi. Nelle azioni di gioco di volta in volta diverse i podemi si combinano liberamente, dando vita a momenti di gioco ora prosaici, ora invece carichi di estro.
Direbbe perciò che alla prosa del primo tempo, giocato con sfoggio di tecnica calcistica, un tempo di studiata strategia corale, è subentrato il secondo tempo con la sua rappresentazione scenica allargata alle aree da gol e con le azioni vincenti piene di inventiva poetica.
Per quello che so dei codici linguistici e della poesia, credo che a Pasolini potesse piacere l’intreccio tra il gioco di squadra e gli assoli, vere parole-chiave in una armonia di vocaboli, un intreccio efficace e di grande bellezza tra sintassi e lessico del calcio.
Note bibliografiche:
- Umberto Saba, Cinque poesie per il gioco del calcio, in Canzoniere, volume terzo, sezione Parole (1933-19349, Mondadori, 1994
- Giacomo Leopardi, Canti, Loescher, 1974
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Roberta Barbieri
Commenti (1)
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Che originale prospettiva dalla quale leggere di una partita, staccandosi dalla cronaca spesso così banale e noiosa. Bello.