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Vite di carta. Se Come d’aria vince il Premio Strega 2023

Se “Come d’aria” di Ada D’Adamo vince il Premio Strega 2023 e se come mi hanno detto alcuni lettori esperti è un libro di valore, in una notte torrida di queste apro il tablet e subito dopo il pdf che ne contiene il testo.

So che l’autrice non c’è più, che ha saputo di essere nella dozzina dei libri finalisti nel suo ultimo giorno di vita. Penso che una coincidenza come questa  deve aver rafforzato l’onda emotiva che il libro suscita di per sé con la storia che ha dentro.

vite di carta come d'aria ada d'adamo premio strega 2023Daria è la figlia che Ada ha avuto sulla soglia dei quarant’anni: è una bambina minuscola il cui destino è segnato da una grave patologia cerebrale e dalla diagnosi mancata nei mesi della sua gestazione.

Dopo poco più di dieci anni Ada scopre di essersi ammalata di tumore e questa scoperta terribile le dà l’occasione di raccontare alla figlia la loro storia insieme.

Le parla dei mesi dell’attesa, del parto e del tunnel di disperazione in cui è caduta durante i suoi primi mesi di vita, vedendola soffrire e apprendendo la diagnosi della malformazione da cui è affetta. Non le nasconde che il suo arrivo ha portato uno tsunami nella vita sua e del suo compagno.

Si muove avanti e indietro  nella vita di madre che ha condotto con immensa  difficoltà avendo a fianco il babbo col suo amore incondizionato per Daria, e intanto riproduce i gradi della consapevolezza guadagnata giorno dopo giorno di  avere trovato  in questa figlia speciale la bellezza che ha sempre inseguito. Cercandola nella danza, nella scrittura.

Descrive i gesti, i canali sensoriali con cui ha comunicato con la figlia, la loro simbiosi.

Nella fase avanzata della malattia si esprime così: “La riduzione della vista, della mobilità, la rachicentesi che mi impone svariati giorni di stare sdraiata… La tua badante diventa anche la mia. La domenica il babbo ci solleva entrambe dal letto. È così che, ancora e ancora, continuo a identificarmi con te. Il mio corpo sperimenta, seppur in misura ridotta, i limiti del tuo. Prima li conoscevo, li sentivo, li toccavo attraverso te; poi ho cominciato via via a incorporarli”.

Non si fa peccato a  svelare le ultime parole del libro. Sembrano così leggere, così legate al titolo da formarci un gioco di parole, uno scioglilingua, in cui ogni lettera è iniziale dei nomi dei protagonisti. Ada lo scrive per Daria e le dice “Senti se ti piace: d’adamo – d’ada – d’a(di)a – d’a(ri)a – d’aria”.

A è l’iniziale del nome Ada e Alfredo, il babbo, suo compagno e poi marito. Per loro AdA è l’acronimo che significa “Ada di Alfredo” e inversamente “Alfredo di Ada”; quando è nata la loro bambina la “di” che indicava il reciproco possesso è divenuta D. Al centro esatto del loro amore, “un amore d’aria“, ecco il nome della loro piccola, l’omofono senza apostrofo che suona Daria.

La veglia indomabile di questa notte mi rende gradevole la luce lunare che esce dallo schermo del tablet. Mi domando cosa sia meglio fare di un libro come questo, che ho letto fino all’ultima parola senza potermene staccare. L’onda emotiva ha raggiunto sicuramente anche me. Trovo tuttavia inconfutabile che si tratti di una altissima testimonianza di ciò che può la sensibilità umana.

Investita dal cono di luce verdognola, cerco di dargli un destino diverso da quello che ha già conseguito vincendo un premio letterario: lo metto idealmente in una piccola capsula, che possa salire tra gli spazi siderali, una moderna bottiglia che non lancio nell’oceano, ma più su.

Lo troveranno gli altri di altri mondi?  È un divertissement fatto tante volte con gli studenti: “guardati allo specchio e descriviti con gli occhi di un extraterrestre piccolo piccolo che ti vede per la prima volta.”

Un cartiglio fatto di poche frasi spiegherebbe agli altri di altri mondi che questo libro rivela di cosa sia capace l’interiorità di una donna, vissuta nella parte occidentale del mondo agli inizi del terzo millennio.

Di come la sua cultura e la educazione alle arti le abbiano affinato la capacità di guardare lucidamente la società malata, quella sì, in cui vive. Di tollerare i più poveri di spirito, di accogliere la diversità e di trovare la bellezza, anche dove il caso maligno è andato a nasconderla di più.

Nota bibliografica:

  • Ada D’Adamo, Come d’aria, Elliot,2023

Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Roberta Barbieri

Dopo la laurea in Lettere e la specializzazione in Filologia Moderna all’Università di Bologna ha insegnato nel suo liceo, l’Ariosto di Ferrara, per oltre trent’anni. Con passione e per la passione verso la letteratura e la lettura. Le ha concepite come strumento per condividere l’Immaginario con gli studenti e con i colleghi, come modo di fare scuola. E ora? Ora prova anche a scrivere

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