A volte scrivono bei romanzi … Vittorio Sandri, un autore nato a Ferrara
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A volte scrivono bei romanzi … Vittorio Sandri, un autore nato a Ferrara
Vive e lavora in Irlanda, come recita la quarta di copertina dell’ultimo libro, ma è nato a Ferrara e a Ferrara torna per ritrovare famiglia e amici. Dal 2022 anche per presentare i suoi libri.
Infatti L’educazione di Giulia è uscito tre anni fa, mentre La profezia dell’Azero è recentissimo essendo uscito nel dicembre 2024.
So pochissimo di lui quando vado a sentire la presentazione di quest’ultimo a fine dicembre, alla Biblioteca Luppi. Poi vengo coinvolta insieme al Prof. Alberto Andreoli nella presentazione di inizio febbraio alla Biblioteca Ariostea e dunque leggo entrambi i suoi romanzi andando in ordine inverso alla loro pubblicazione.
Cerco le recensioni già uscite, trovo quella pubblicata alla fine di maggio del 2022 su questo giornale e ne traggo un utile spunto di riflessione sul significato di quel di Giulia che è nel titolo. Sull’Azero non trovo commenti in rete, se non nella forma di frasi lapidarie accompagnate da un certo numero di stelline.
Mi piace come Vittorio Sandri scrive. Credo di riconoscere nella sua scrittura alcuni tratti della narrativa italiana contemporanea di buon livello. A partire dall’utilizzo della prima persona, che vuol dire scandaglio interiore, vuol dire narrare esponendosi al lettore in un rapporto io – tu che intriga.
Nell’Educazione Marco è un affermato professionista che vive nella capitale con la bella famiglia. È notte e nella quiete della sua casa lo riafferra un tempo diverso dentro il quale ha vissuto: agli anni ’90 risale la storia d’amore giovanile con Giulia, un amore che è rimasto incistato nel profondo dell’uomo che Marco è ora.
Nella Profezia siamo nei primi anni 2000: è il trentenne Carl a ricordare gli anni che ha vissuto a Berlino, mentre il suo presente è a Parigi: se ne è dovuto andare da Kreuzberg per non incorrere nella vendetta di una banda di malviventi e ora nella capitale francese vive un presente anonimo, che è rimasto come lo ha abbozzato all’arrivo qualche anno prima e non ha avuto sviluppo. Se non per quell’atto dello scrivere una storia che a Berlino gli è stata raccontata dall’Azero, dentro al suo fumoso locale.
I due protagonisti ripercorrono il proprio vissuto spostandosi su piani temporali sfalsati: non si tratta solo di inserire dei flash back nel corso della narrazione, direi che l’alternanza tra prima e ora è un vero e proprio tratto costitutivo dei due libri e richiede scelte stilistiche diverse e perfino caratteri grafici distinti.
Ai capitoli centrati sul presente si alternano i capitoli incardinati sul passato, scritti in corsivo: l’io del protagonista vi si specchia e unisce il riverbero della persona che è stato all’uomo che è ora. Due fasi dell’io che sono come scatole cinesi: la scatola più grande contiene il presente, in quella immediatamente più piccola c’è un passato che con l’esercizio tenace del ricordo sembra espandersi e premere contro l’involucro esterno.
Quando la fusione avviene, si completa per i protagonisti il loro romanzo di formazione.
L’educazione di Giulia comincia così: in seguito a una telefonata che ha ricevuto nel corso della notte, Marco è in grado di cercare e ritrovare Giulia dopo molti anni. Mentre la notte passa e con la luce del nuovo giorno ha avvio il viaggio per andare da lei, Marco ripercorre gli anni della sua giovinezza e risale fino all’oggi. La storia si conclude con il loro incontro a Milano, ma noi lettori non sappiamo cosa sia accaduto esattamente, non quali parole si siano scambiati.
Marco ne esce pacificato e finalmente capace di mettere a fuoco la propria vita senza specchi che gliela deformino col rimpianto dell’altra possibile vita accanto a Giulia. Quanti anni tuttavia, come accadeva nei riti di iniziazione alla vita adulta, è rimasto nella foresta, in solitudine, a mettersi alla prova? Una formazione atipica, dal momento che ha impiegato qualcosa come trent’anni a spegnere il desiderio verso Giulia e a smettere di sottostimare ciò che è venuto dopo di lei.
D’altro canto Carl trova il suo momento di crescita consapevole attraverso il lento processo della scrittura, raccontando la storia che gli ha rivelato l’Azero e vive la possibile pubblicazione del libro come il riscatto dagli errori del passato e dalla piattezza della vita che conduce a Parigi.
Ha un modesto lavoro in un ristorante, trascina le sue giornate come un inetto ai margini della bella società parigina. Anche la sua formazione ha un aspetto originale, in quanto si completa per una imposizione che viene dal contesto esterno più che da una spinta interiore.
Che il libro venga o no pubblicato, che la sua storia d’amore con Erin, troncata ma mai sopita per lui, possa avere uno sbocco sono determinati da una sorta di coalizione tra alcune figure del passato e del presente.
Tuttavia è ancora giovane e la avvenuta formazione pare attrezzarlo come uomo per il futuro che gli resta. Mentre Marco, chiudendo il cerchio rimasto aperto per troppi anni sulla figura così attrattiva, così enigmatica di Giulia, rientra dentro un presente già formato, che gli ha dato sicurezze e abitudini e che ora riesce a vedere in una luce diversa e giusta per lui.
Due romanzi che sanno coinvolgere, il lettore è attratto dall’invito a guardare e a guardarsi dentro, si rende docile ai salti temporali del racconto, si ritrova a cucire tra loro le parti per ottenere l’intero che è il protagonista, mentre lui per primo tira le somme su di sé.
Ecco tornato il gioco di specchi a cui mi fa pensare quella educazione di Giulia col suo senso ancipite: se significa da Giulia verso Marco esprime la lunga convivenza col ricordo di lei a cui lo ha costretto andando a vivere a Milano. Realizza la incapacità di lui, nelle successive scelte di vita, a prescindere dal sapore di quell’amore intenso e finito bruscamente.
Se invece intende l‘educazione che riguarda Giulia, il senso si sposta sulle tante variabili che l’hanno fatta crescere, e tra queste ci può stare la storia con Marco. Giulia ha tratto dalla vita a Milano gli ingredienti della sua maturità, si è fatta adulta lontana da lui e ora, dopo trent’anni, che donna sarà? Vittorio Sandri non dà la risposta, scegliendo un efficace non-detto: sappiamo soltanto che pronuncia il suo nome non appena se lo trova davanti.
Nota bibliografica:
- Vittorio Sandri, L’educazione di Giulia, Faust Edizioni, 2022
- Vittorio Sandri, La profezia dell’Azero, Edizioni Efesto, 2024
La cover ritrae Vittorio Sandri accanto ad Anna Lodi Sansonetti, sua docente di materie letterarie al Liceo Ariosto, e con Roberta Barbieri
Per leggere gli altri articoli di Vite di carta la rubrica quindicinale di Roberta Barbieri clicca sul nome della rubrica o il nome dell’autrice

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Roberta Barbieri
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
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