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Ferrara film corto festival

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‘Vision d’été’, una realtà perturbante, la nostra.

Proiettato a SiciliAmbiente, il corto-documentario ‘Vision d’été’, di Anna Crotti, Anais Landriscina e Lucrezia Giorgi, ci porta in un mondo che crolla, quello di oggi.

Le registe si sono aggiudicate la Menzione speciale per il film Vision d’été nella sezione cortometraggi della XVI edizione del SiciliAmbiente Film Festival.

Vincitore del Premio Segni, sezione Cinema in Trasgressione, ‘Vision d’été’ non fa sconti e tratta, con grande attenzione, originalità e sensibilità, la deriva del mondo moderno.

Coinvolgenti la voce narrante di Sophie Zayan e le musiche di Domenico Clapasson.

Cambiamento climatico, questa mostruosa creatura umana

Nel mezzo di un’estate torrida, come quella che stiamo attraversando in questo giorni infuocati, la protagonista, una giovane francese, chiama sua madre confidandole in maniera concitata di sentirsi stritolata dall’atmosfera cittadina e dalla crescente gentrificazione del territorio su cui sorge la sua città natale, Marsiglia.

Qui, una volta di più, il cambiamento climatico appare in tutta la sua inarrestabile potenza: è l’inizio di un viaggio quasi drammatico, di una fuga disperata che non troverà risposte ma solo altre domande. Domande senza risposte.

Marsiglia va a fuoco

Le prime immagini introducono immediatamente al tema: foschia, una terra arida e brulla, industrie in lontananza, una fiaccola. E poi i grattacieli, i manifesti elettorali con mille proclami, una foto strappata di Martin Luther King, anno 1963. La parola resistenza pare campeggiare sui muri che restano muti e inermi di fronte allo scempio umano.

Marsiglia è multiforme, cangiante, mediterranea, nelle sue vie si parlano il provenzale, il Patuet (il dialetto della lingua catalana parlata nel Maghreb, soprattutto in Algeria, durante l’amministrazione francese), il dialetto (l’argot). Ci sono africani, armeni, mediorientali, una città multicolore e multiforme. Salsedine che si scioglie sotto la lingua, gocce di sudore sotto un hijab nero pece, cemento consunto dei marciapiedi. Caldo, tutto va a fuoco.

Case alveari

Le case sono quasi impilate, una sopra l’altra. Il grande condominio che pare un alveare dà l’idea di chi soffoca, di chi si perde nella moltitudine. La camera che si concentra su quella costruzione mostruosamente tentacolare fa perdere l’individualità. Uno fra tanti, un giovane maghrebino strizzato in una tuta di plastica incandescente quasi si vergogna. Si teme di venir contaminati, la gente del centro in quel quartiere non va, ha paura. Lì si vive quasi incastonati e incastrati fra le rocce. Isolamento soffocante. Qui si nasce e si muore senza sapere nulla degli altri. Non che altrove vada meglio. L’unico segno distintivo è un tendone a righe colorate, qualche pianta. Il resto è piatto, tutto uguale, il resto è noia.

Le foto in bianco e nero e il (bel) tempo che fu

Sfilano immagini in bianco e nero, fra passaggi di Seneca e dell’Apocalisse di Pietro, vecchie fotografie riportano alla memoria momenti passati e spensieratezza e leggerezza. Ricordi di un bel tempo che fu, di attimi fuggenti fatti di felicità e serenità. Ma il circo incombe, i tori combattono contro i drappi rossi che un uomo triste ed egoista gli pone davanti per il suo unico divertimento e compiacimento.

Animali che si inginocchiano, lagune che, al tramonto, cercano uno spazio.

 

“E’ per questo che sono partita. Ma ora, nella quiete profonda, comprendo infine che quando tutto sarà stato consumato, non resterà altro che il silenzio. E in mezzo a questa immensità assordante, solo un gemito flebile si farà strada, dalle viscere risalendo su fino al cielo, la terra martoriata piangerà il suo destino, ma nessuno potrà sentirla”.

E, su note melodiose, mentre le vallate e le cime dei monti dormono, insieme ai rettili, alle fiere e alle api, le immagini si soffermano sugli uccelli dalle lunghe ali e gambe. I fenicotteri dominano con il loro colore rosa, quel colore che più è intenso e più conquista la componente femminile di quella specie meravigliosa. Il corteggiamento ha il colore rosa. Sulle lunghe ed agili zampe, sul piumaggio del corpo. Rosa forever. Qualche speranza.

La natura non ha forma

Un vecchio senza nome e cittadinanza ricorda che quando c’è un angolo o un’ombra, c’è un’aggressività insopportabile. La natura, invece, è straordinaria. Tutto si muove, le forme ortogonali non esistono da nessuna parte. L’uomo ha invece otto volanti, capannoni, sfere e monete, il tempo delle camere ad ore, degli amori fugaci, del mordi e fuggi. Tutto gira, tutto ha un valore edonistico ed economico, nulla resta.

Le terre fertili, i boschi pieni di frutti, la pesca primordiale, i ruscelli carichi d’acqua, la bellezza, il sole che bacia i campi di grano, a noi interessano altri valori. C’è un’altra realtà lontana dai casermoni in cemento. Questa ci piace. Perché noi siamo Terra.

ANNA CROTTI, nata a Bergamo, nel 1998, si è laureata in Scienze Sociali presso l’Università degli Studi di Milano con una tesi sul documentario come mezzo di ricerca antropologica. Attualmente frequenta il Master in Media e Sistemi Editoriali presso l’Università degli Studi di Bergamo.

LUCREZIA GIORGI, classe 1994, si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali presso l’Università di Bologna con indirizzo Studi Africani in Svezia, ha poi conseguito un Master in Storytelling: Letteratura, Cinema, TV presso la IULM di Milano. Lavora nell’editoria.

ANAÏS LANDRISCINA, nata a Milano nel 1999, è diplomata in Scenografia, Drammaturgia e Spettacolo presso la Libera Accademia di Belle Arti di Brescia.

Articolo pubblicato su Taxidrivers

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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