Villa Melchiori: in un libro 120 anni di storia per la dimora Liberty di viale Cavour che incanta scenografi e illustratori
Chi passa da viale Cavour resta inevitabilmente colpito dalla grazia improvvisa e anacronistica della villa Liberty che si affaccia verso i passanti, al numero civico 184. In autunno c’è il tappeto giallo delle foglie di Ginkgo biloba che riflette una luce dorata sulla cancellata floreale composta da gambi sinuosi di girasoli; in primavera lo sguardo è calamitato da quella nuvola violacea della pianta di glicine, graziosamente inclinata sul lato destro della porta, come una frangetta asimmetrica. Ma il fascino di Villa Melchiori, in viale Cavour, sprigiona sempre: nel freddo spoglio dell’inverno, come nell’arsura dell’estate. È attraente persino dietro le grigie coperture dei teli per lavori in corso.
Villa Melchiori ‘d’epoca’ (foto GioM)
Villa Melchiori adesso (foto GioM, 2024)
A fare luce, e snocciolare storia, su questo edificio, che per primo ha portato a Ferrara lo stile nuovo dell’Art Nouveau, è Lucio Scardino, critico d’arte e studioso appassionato dell’arte ferrarese del secolo scorso.
Copertina del libro su “Villa Melchiori”
Edificata nel 1904 dall’architetto Ciro Contini, questa sua dimora-capolavoro ferrarese festeggia i 120 anni con l’orgoglio di una ristrutturazione avviata a concludersi per la ricorrenza dell’antico festeggiamento inaugurale, che si tenne nel luglio 1904. E in tutto questo tempo l’architettura fiorita e sinuosa ha ammaliato e attratto sguardi, obiettivi, pennini e pennelli, in interpretazioni d’arte che per l’occasione sono state raccolte e codificate in un piccolo atlante di citazioni visive della villa.
A controprova della popolare malia che l’edificio irradia e stimola, nel volume Villa Melchiori, il capolavoro del Liberty ferrarese (Modulgrafica, Forlì, 2024) Scardino raccoglie tutta una serie di opere che si abbeverano di questa piccola icona cittadina e la fanno loro in svariate reinterpretazioni. Si parte all’utilizzo dell’ambientazione come set di un film ambientato negli anni Trenta, “Giovinezza, giovinezza” del 1968 di Franco Rossi, che sfrutta l’oculo dell’ingresso per avvolgere la coppia dei protagonisti e che conferisce una valenza narrativa alla copertina del libro.
Scena di “Giovinezza, giovinezza”
Il film ambientato a Villa Melchiori
Regia di Franco Rossi
Poi ci sono le versioni illustrate storiche. Quella di Maria Paola Forlani, che forza le fattezze costruttive con il suo tratto a china su cartoncino, trasformando la casa in un novello castello estense. Lo scenografo Lorenzo Cutuli accoppia i particolari decorativi con opere degli artisti-artigiani orgogliosamente coinvolti da Contini nel cantiere.
Una reinterpretazione di villa Melchiori per Maria Paola Forlani
Particolare di villa Melchiori illustrata da Lorenzo Cutuli
Lorenzo Romani dipinge la villa su una tela ad olio in una visione d’ispirazione noir.
Olio su tela di Lorenzo Romani
Illustrazione di Claudio Gualandi
La dimora è stata anche protagonista in copertina nell’illustrazione stilizzata del progettista grafico Corradino Janigro, che la avvolge con il mantello della gatta che dà il titolo al romanzo di Mirella Bonora (Il passo della gatta, Argentodorato edizioni, Ferrara, 2023). L’illustratrice Irene Chiapatti la incornicia splendidamente in un campo lilla, complementare alla tonalità ocra con cui tinge per l’edificio di un’altra copertina: la numero 46 della rivista social-virtuale di The Ferrareser di luglio 2023.
Villa Melchiori illustrata da Corradino Janigro
Copertina di The Ferrareser di Irene Chiapatti
Il grafico e illustratore ferrarese Claudio Gualandi s’inventa una delle sue inconfondibili coreografie di personaggi che affollano l’edificio dentro e fuori, in memoria della storica festa inaugurale. Al contrario, l’ingegnere-artista della penna Bic, Marcello Carrà, isola letteralmente la dimora in vetta a un roccioso masso ispirato all’Isola dei Morti del pittore simbolista ottocentesco Arnold Bocklin.
“L’isola Melchiori” per Marcello Carrà
L’opera “Giardino (allagato)” di Gianni Cestari
L’artista contemporaneo Gianni Cestari, infine, ne fa un sogno emergente dal “Giardino (allagato) per il 120.o anniversario” dando vita e colore ai fiori delle decorazioni di cemento e ferro battuto.
Biblioteca Ariostea
Scardino tra Bosi e Carrà (fotoGioM)
Bella e partecipata la presentazione pubblica del libro, nella Biblioteca comunale Ariostea, dove Scardino ha rivelato di essere andato a scovare gli eredi di Contini fin negli Stati Uniti d’America. Contini, di origine ebraica, s’imbarcò infatti per gli States con l’ultimo piroscafo all’indomani delle leggi razziali, raggiungendo i figli. Alla porta dell’indirizzo che era riuscito ad avere, lo studioso di architetture novecentesche fu infatti accolto da uno dei due figli, che nel frattempo hanno seguito le tracce paterne e sono diventati affermati ingegneri americani.
In occasione dell’incontro pubblico Stefano Bottoni, fondatore del Ferrara Buskers Festival e figlio nonché nipote di fabbro, ha rivelato un ulteriore tassello: la cancellata, rifatta da suo nonno Stefano dopo la demolizione bellica, in origine era smaltata di bianco, mentre il grigio ferro è una modifica degli anni Settanta. Per inquadrare in modo storico quell’ingresso, precursore dei tempi dei selfie, dove le sbarre di ferro si incurvano docili come dita a forma di cuore.
Per leggere tutti gli articoli di Giorgia Mazzotti su Periscopio clicca sul nome dell’autrice.
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dal 23 al 26 ottobre 2024
Quattro giorni di eventi internazionali dedicati al cinema indipendente, alle opere prime, all’innovazione e ai corti a tematica ambientale.
Da sempre attenta al rapporto tra parola e immagine, è giornalista professionista. Laurea in Lettere e filosofia e Accademia di belle arti, è autrice di “Breviario della coppia” (Corraini, MN 1996), “Tazio Nuvolari. Luoghi e dimore” (Ogni Uomo è Tutti Gli Uomini, BO 2012) e del contributo su “La comunicazione, la stampa e l’editoria” in “Arte contemporanea a Ferrara” sull’attività espositiva di Palazzo dei Diamanti 1963-1993 (collana Studi Umanistici UniFe, Mimesis, MI 2017). Ha curato mostra e catalogo “Gian Pietro Testa, il giornalista che amava dipingere”.
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
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bellissimo pezzo, grazie!!!