Viaggio in Italia: Notte padana
Per scrivere bisogna aver vissuto molto, internamente o esternamente.
Questo pensavo stasera in auto, mentre le parole tornavano dopo settimane di assenza. Come sottofondo, in loop, una canzone di Aimee Mann che ripeteva: Because It’s not Going to Stop, It’s not Going to Stop ‘Til you Wise Up (“Perché non finirà, non finirà finché non diventi più saggio”), e le strade attorno a Ferrara diventavano un circuito chiuso, un cortocircuito emozionale, intriso d’amore per le persone che avevo appena lasciato, leggermente ubriache e felici ad una festa di compleanno, per chi faceva benzina ad un distributore automatico, o passava silenzioso in bicicletta o monopattino.
Ferito a morte dal lampeggiare d’una freccia nel buio, sentivo di essere legato ad ogni creatura di questo pianeta, ne avvertivo la fatica, ma il senso continuava e continua a sfuggirmi. Solo poche anime elette arrivano a saper decifrare il disegno divino, intessuto di milioni e milioni d’arabeschi, percorsi a cui il nostro sangue ribollente ci spinge, nell’urgenza, non sempre avvertita, di lasciare traccia di sé.
La Pianura Padana è sfondo ideale per i guidatori insonni. Una sigaretta accesa più per farsi compagnia da soli, che ti obbliga a tenere abbassato, almeno un po’, il finestrino, così che tu possa sentire l’aria della notte entrare sfacciata nell’abitacolo caldo dell’auto, a ricordarti che è tardi, mentre guidi ascoltando i giri del motore in sottofondo, per poter cambiare con esattezza le marce, nonostante lo stereo ad alto volume.
Capita allora di tirare a perdersi, giocando con le strade, gli incroci, i semafori lampeggianti d’arancione, e l’asfalto nero che scorre, sotto il rumore appena avvertito dei pneumatici, si fa metafora della vita. Diviene percorso senza meta alcuna, quasi a non voler trovare alcun senso, come se vivere fosse l’unica cosa certa, importante e bastevole a sé stessa, al di là di ogni ragione o impedimento, gioia o tedio.
Le automobili attorno a te si fanno più rade, un’occhiata alla lancetta del carburante, ancora mezzo serbatoio, potrei imboccare l’autostrada, arrivare a Venezia, dormire sul Canal Grande, ma c’è la sosta obbligata a Piazzale Roma o al Tronchetto, carissimi entrambi, senza contare l’hotel, così, al buio, senza prenotazione.
Potrei arrivare al mare, dormire in macchina e aspettare l’alba sulla riva, poi colazione con un paio di Krapfen ed un latte macchiato, rigorosamente freddo, e ritorno. Ma è lontano, temo il colpo di sonno, non ho più vent’anni e di Autogrill per un caffè, sulla Ferrara – Mare, neanche l’ombra.
Così, quasi per caso, ti ritrovi a far cerchi sempre più stretti, finché ti accorgi che stai girando attorno a casa. Allora decidi. Lasci l’incertezza delle strade semibuie attorno alla città e prendi la circonvallazione interna, Decathlon, caserma dei Vigili del fuoco, Interspar, Stadio Paolo Mazza.
Entri nella tua via, parcheggi l’auto e scendi provando tutto il dolore del distacco. Il letto non ti attira, per niente. Apri il PC ed inizi a scrivere: Per scrivere bisogna aver vissuto molto, internamente o esternamente…
Questo testo è apparso recentemente su: Il giornale di Rodafà
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Stefano Agnelli
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