UN REDDITO DI BASE UNIVERSALE:
le vittime del cambiamento climatico vanno risarcite
Tempo di lettura: 8 minuti
di Juana Pérez Montero (pressenza)
Condividiamo la presentazione fatta al II Forum mondiale per l’acqua, la terra, il clima e la diversità, promosso dalla senatrice argentina Andrea Blandini e che ha avuto luogo il 1° novembre. Parla di chi sono i responsabili ultimi del cambiamento climatico, della povertà e delle carestie che lo accompagnano e di come la riparazione di questa ingiustizia, di questo debito storico, possa iniziare dalla concessione di un reddito di base universale, incondizionato, individuale e sufficiente a ogni essere umano, cioè a tutta l’umanità.
Andrea Blandini
Il cambiamento climatico è indiscutibile, lo sperimentiamo ogni giorno… ma le grandi potenze e i loro governi servili continuano a muoversi ignorando la gravità della situazione. Non importa quali dichiarazioni facciano o come giustifichino le loro azioni, ciò che conta sono i fatti e questi parlano da soli.
Vedremo come finirà la COP27, che si sta svolgendo in Egitto in questi giorni.
Non ci aspettiamo molto se osserviamo i suoi sponsor, tra i quali ci sono i maggiori rappresentanti di coloro che continuano a “giocare” alla morte sotto forma di guerre e varie forme di violenza, i rappresentanti di coloro che hanno scelto ancora una volta di tornare a fonti energetiche inquinanti, alla difesa di alimenti dannosi per la salute umana e ambientale, le aziende le cui politiche di delocalizzazione stanno causando sempre più miseria. Le stesse imprese che difendono l’energia nucleare sotto forma di armi o centrali nucleari, con tutti i pericoli che questo comporta e l’inquinamento che si genera durante tutto il processo: dal momento in cui i minerali da utilizzare vengono estratti dalla terra fino al trattamento delle scorie nucleari.
Tra l’altro, sono le zone delle popolazioni indigene a essere più colpite dagli esperimenti nucleari ed è soprattutto l’Africa a essere usata come “cimitero” per le scorie radioattive, senza che le popolazioni ne siano consapevoli.
Non smetteremo di attirare l’attenzione sulle conseguenze di un incidente nucleare o dell’uso di armi nucleari sul cambiamento climatico. Oggi sappiamo che mai, dalla Seconda Guerra Mondiale, abbiamo corso un rischio così grave che accada una cosa del genere. Dobbiamo esserne consapevoli e prendere posizione.
Ma chi sono già le maggiori vittime del cambiamento climatico, anche in assenza di incidenti o di attacchi nucleari?
Le grandi maggioranze, coloro che stanno in basso, la base sociale di qualsiasi paese, e soprattutto il sud globale… Mentre gran parte delle popolazioni del nord hanno finora beneficiato degli abusi ai danni del sud, questi benefici stanno cessando, con una minoranza sempre più ricca che spinge e beneficia di questo disastro.
E che caratteristiche ha un tale disastro?
Ha molte facce, senza dubbio: carestia, povertà, migrazioni forzate… dolore, sofferenza e morte.
Ci concentreremo qui sulla povertà, sulla fame e sulla distribuzione della ricchezza. E lo faremo sulla base di rapporti di organizzazioni difficilmente sospettabili di essere “rivoluzionarie”. Tutte lanciano l’allarme sulla situazione che si è creata dopo la pandemia COVID, che si è notevolmente aggravata con la guerra in Ucraina.
Alcuni rapporti
Diamo un’occhiata ad alcuni report che forniscono dati più che rilevanti:
La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura) afferma nel suo rapporto 2022:
“828 milioni di persone hanno sofferto la fame nel 2021: 46 milioni in più rispetto all’anno precedente e 150 milioni in più rispetto al 2019″.
Sottolinea che sono le donne e i bambini i più colpiti e lancia l’allarme per i prossimi anni e per gli obiettivi prefissati: “In prospettiva, si prevede che quasi 670 milioni di persone (l’8% della popolazione mondiale) continueranno a soffrire la fame nel 2030, anche tenendo conto di una ripresa economica globale. Questo dato è simile a quello del 2015, quando l’obiettivo di porre fine alla fame, all’insicurezza alimentare e alla malnutrizione entro la fine del decennio era stato fissato come parte dell‘Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.
Segnaliamo il rapporto della Banca Mondiale del settembre di quest’anno:
Per quasi 25 anni, il numero di persone che vivono in condizioni di estrema povertà è diminuito costantemente. Tuttavia, la tendenza si è interrotta nel 2020, quando la povertà è aumentata a causa delle perturbazioni provocate dalla crisi COVID-19 e dagli effetti dei conflitti e dei cambiamenti climatici.
I più colpiti sono stati: le donne, i giovani e i lavoratori a basso salario e irregolari. Le disuguaglianze sono aumentate sia all’interno dei Paesi che tra di essi.
E avverte… I governi possono spesso mitigare l’impatto dell’aumento dell’inflazione sulle famiglie povere attraverso politiche di protezione sociale. Tuttavia, a differenza dei precedenti periodi di elevata inflazione dei prezzi dei prodotti alimentari, le finanze pubbliche sono state messe a dura prova dalle varie misure fiscali adottate durante la crisi COVID-19.
Di certo la Banca Mondiale non spiega come la ricchezza che è “sparita” sia finita in poche mani né come opera nei Paesi le cui finanze pubbliche non sono in grado di dare risposte.
Passiamo ora ad alcuni dati del rapporto annuale 2022 di OXFAM, intitolato “Trarre profitto dalla sofferenza“.
Questa organizzazione ha calcolato che, nel 2022, 263 milioni di persone in più rispetto a quelle che già c’erano, passeranno a uno stato di povertà o, in altre parole, un milione di persone in più ogni 33 ore. Parallelamente, nei due anni della pandemia, sono apparsi 573 nuovi miliardari in tutto il mondo.
Lo studio rivela che, a livello globale, le aziende dei settori energetico, alimentare e farmaceutico stanno realizzando profitti record.
E precisa: l’anno scorso cinque delle principali compagnie energetiche del mondo (BP, Shell, Total Energies, Exxon e Chevron) hanno realizzato insieme 2.600 dollari di profitti al secondo.
Un altro dato rilevato da Oxfam e già sottolineato in modo più blando dalla Banca Mondiale: quasi il 60% dei Paesi a basso reddito è sull’orlo della bancarotta, non essendo in grado di far fronte al proprio debito pubblico.
Per concludere con i dati, ci sembra interessante richiamare l’analisi fatta dall’ONG Manos Unidas nel 2015, un’analisi che possiamo sottoscrivere oggi e i cui dati al momento attuale sono molto più allarmanti:
Più di 670 milioni di persone soffrono la fame nel mondo. È una cifra agghiacciante, destinata ad aumentare secondo tutti i rapporti. È agghiacciante soprattutto se si considera che abbiamo la capacità produttiva di sfamare 12 miliardi di persone (all’epoca eravamo circa 7,3 miliardi).
Il rapporto prosegue dicendo che: “La fame nel mondo è quindi un problema risolvibile. Ma i leader internazionali non riescono a trovare un accordo. Hanno in mano la chiave per sradicare la fame nel mondo, ma non la usano. Hanno la reale volontà di porre fine al problema della fame nel mondo?” È una domanda che ci poniamo anche noi.
E di seguito, leggiamo e condividiamo quanto dichiarato:
“Le cause della fame nel mondo sono molteplici, tra cui: il soffocante debito estero dei Paesi poveri; le relazioni commerciali inique tra Nord e Sud; il ruolo immorale delle grandi imprese, degli speculatori e delle banche e, naturalmente, la corruzione di alcuni leader africani, asiatici e latinoamericani.
Questo rapporto conferma ciò che pensiamo. È una minoranza del Nord globale la responsabile ultima del disastro economico e ambientale che stiamo vivendo e delle carestie che si stanno diffondendo soprattutto nel Sud globale, anche se la fame e la precarietà stanno colpendo le popolazioni di tutto il pianeta, mentre le misure di protezione sociale che alcuni governi hanno messo in atto sono messe in discussione, se non cambiano le proprie politiche.
È una minoranza del Nord globale la responsabile ultima di questo disastro. In altre parole, questa minoranza ha un debito storico – come abbiamo sottolineato – che è ora di sanare.
Riparazione storica
Ma come si può conseguire questa riparazione? Ricordiamo alcuni punti:
C’è ricchezza più che sufficiente a sfamare l’intera umanità. Una ricchezza che sta crescendo, tra l’altro… e che appartiene a tutti noi, poiché è stata generata dall’accumulo storico di tutte le generazioni che ci hanno preceduto e dal contributo di tutta l’umanità di oggi.
I grandi beneficiari di questa ricchezza, tra cui le grandi compagnie energetiche, le imprese di comunicazione, le industrie degli armamenti, le banche, il capitale finanziario internazionale… operano sulla base di un modello globale. I confini non esistono per loro, ma solo per i poveri… Se è possibile per loro, perché accettare che siano un impedimento per le maggioranze?
Un altro punto: in generale, tutte queste aziende non pagano tasse perché hanno la loro sede in paradisi fiscali o grazie a scappatoie legali… e, quando le pagano, lo fanno con aliquote molto basse, basate su sistemi fiscali che tassano i più poveri a vantaggio dei più ricchi.
Siamo immersi in una situazione che non ha via d’uscita se non optiamo per misure e politiche diverse da quelle che già conosciamo e che aggravano il disastro ogni giorno. Misure che saranno bollate come ingenue ma che noi consideriamo coraggiose, morali, urgenti e possibili, tra cui la rivendicazione del NO alle armi nucleari e del NO alle guerre. Misure che dobbiamo esigere dalla base sociale, poiché sembra che i governi da soli non le porteranno avanti.
Garantire la sussistenza attraverso un Reddito di Base
Una delle prime misure deve essere quella di assicurare che ogni essere umano, per il semplice e sacrosanto fatto di esserlo, abbia una sussistenza garantita.
E per garantire questa sussistenza, proponiamo l’implementazione di un Reddito di Base o Rendita di Base, secondo la denominazione di ciascun Paese.
Ricordiamoci di cosa si tratta, quando parliamo di Reddito di Base: stiamo parlando di un reddito che ogni persona riceverebbe dalla nascita, cioè sarebbe universale. Inoltre, sarebbe incondizionato, verrebbe dato a tutta la popolazione (anche se non tutti ne avranno un vantaggio economico). Anche i più ricchi lo riceverebbero, ma pagherebbero più tasse per poterlo attuare). Sarebbe individuale (a differenza degli assegni familiari) e sufficiente (cioè al di sopra della cosiddetta soglia di povertà).
Naturalmente, per il momento, l’importo sarebbe diverso a seconda del Paese ma, in futuro, noi della Rete Umanista per il Reddito di Base sosteniamo che dovrà livellarsi nella misura in cui avanzeremo verso l’eliminazione delle frontiere per le persone e in direzione della costruzione di una Nazione Umana Universale, come noi umanisti universalisti sosteniamo.
E come si può realizzare?
A livello statale, ci sono Paesi che possono attuarla, ma per un buon numero di Stati che oggi non ne hanno la capacità proponiamo che siano le Nazioni Unite ad assumersi il compito di attuare questa misura, ricevendo fondi dagli Stati e dalle grandi aziende e facendoli arrivare negli angoli più remoti del pianeta (ci sono esperienze di questo). Quale momento migliore per le Nazioni Unite per assumere un ruolo trascendentale a favore della vita!
Indicheremo solo alcune misure per rendere disponibili i fondi necessari per il Reddito di Base
A livello statale, cambiando il sistema fiscale, sostenendo un sistema progressivo con tasse specifiche sulle grandi fortune. I governi stanno resistendo alle pressioni delle stesse imprese che beneficiano della crisi attuale.
Il pagamento di prezzi equi e delle tasse da parte delle grandi aziende, che oggi saccheggiano le risorse naturali dell’intero pianeta, nei Paesi di origine dei materiali che saccheggiano, affinché le loro popolazioni possano avanzare.
Cancellazione del debito estero dei Paesi, che è fondamentalmente privato e quindi illegittimo.
Legislazione nazionale e internazionale per la tassazione delle operazioni di borsa.
L’introduzione di tasse sulle macchine, che ogni giorno sostituiscono sempre più lavoratori… Un elemento, tra l’altro, che può liberare gli esseri umani dalla “schiavitù” del lavoro.
Potremmo continuare… ma se queste misure venissero attuate e se a un’organizzazione come le Nazioni Unite venissero dati i poteri e i mezzi per attuarle, porremmo fine alla fame nel mondo in un baleno; le persone potrebbero anche iniziare a realizzare progetti economici e agricoli per contribuire a cambiare il corso degli eventi a livello climatico.
Amici, stiamo vivendo la fine di una civiltà che ci sta portando alla morte. Ribelliamoci, cerchiamo soluzioni globali che ci liberino.
Mettiamo intenzione, spingiamo, osiamo pretendere misure che siano alla base di una nuova civilizzazione, all’altezza dell’essere umano e che mettano al centro la Vita con la maiuscola.
(Traduzione dallo spagnolo di Matilde Mirabella. Revisione di Thomas Schmid)
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