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Ferrara film corto festival

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Un folle non è per sempre, ma ci vuole una città

Si può guarire dalla schizofrenia, la malattia mentale considerata più grave: lo dichiara, lo argomenta e lo dimostra il libro di Marco Rovelli, Soffro dunque siamo. Il disagio psichico nella società degli individui, edito da minimum fax, pubblicato nel 2023.

Marco Rovelli conduce una ricerca sul campo, a partire dalle basi, lontano da pregiudizi e luoghi comuni: riporta dati e spiegazioni, testimonianze di persone di varie professioni e ceti sociali che hanno sperimentato il disagio, interviste a specialisti e specialiste.

Non è una lettura per addetti ai lavori, anche se sarebbe fondamentale anche per loro: la salute è il nostro bene più prezioso.

Nelle narrazioni ritroviamo il quotidiano delle nostre vite, in cui, travolti dai ritmi imposti, trascuriamo bisogni essenziali e l’esposizione lineare e diretta guida all’esplorazione di uno spazio che, pur appartenendoci, ci viene normalmente presentato come incomprensibile e quindi inaccessibile.

I professionisti, quei pochi che a Carpi o a Trieste hanno continuato il percorso di Basaglia, dimostrano che dalla follia si guarisce ma, sostengono, solo nel servizio pubblico, dove solo è possibile l’approccio psicosociale, con un lavoro integrato di una squadra di professionisti.

Si inizia dalla psicoterapia, dall’ascolto di ciò che la malattia dice del bisogno di quel soggetto, e si continua con l’accompagnamento della persona all’interno della vita nella città. Occorre un centro di medicina territoriale con varie figure professionali che vanno a casa delle persone, le accolgono, senza ricovero, nei momenti di crisi, le seguono per anticipare le ricadute e operano per creare relazioni con il vicinato, che è la rete che sostiene e cura davvero.

Il disagio psichico ha un senso e una funzione, non ha origine in difetti genetici o del cervello. I farmaci hanno solamente un effetto sedativo, evitano il sintomo, ma annullano il soggetto e il suo bisogno, uniformandolo ad un comportamento esteriore ritenuto consono.

Il disagio psichico, spiega Marco Rovelli, riguarda la mente, che non è il cervello, non è un organo, la mente è fatta delle relazioni, “per fare una mente ce ne vogliono almeno due”. Quindi nella relazione ha origine la malattia e nella relazione si trova la cura.

Rovelli dimostra che la società del produttivismo, della competizione, della precarietà, dell’individuo responsabilizzato allo stremo, crea disturbi come ansia, depressione, attacchi di panico, anoressia, ritiro sociale, di personalità borderline, paranoia.

È la società del neoliberismo. quella del motto thatcheriano: «La società non esiste. Esistono solo gli individui». Dove la fragilità, il disagio non sono ammessi, perché di intralcio alla produttività, il farmaco è l’appiglio per un’apparente normalità, un analgesico del dolore, l’apparente riparazione del pezzo rotto, che consente di non fermarsi e di non restare escluso.

Paradossalmente la spesa per i farmaci è abnorme nel servizio sanitario pubblico e ciò si spiega con gli interessi delle case farmaceutiche, che intervengono direttamente nella formazione universitaria degli psichiatri, che quindi non possono apprendere quello che Rovelli rivela nel libro sulla genesi e sulla funzione reale degli psicofarmaci.

Così il cerchio si chiude e si spiega come mai la maggior parte di questi professionisti non sappia che dalla schizofrenia si può guarire, giungendo addirittura a negare l’evidenza.

Il libro di Rovelli ci fornisce quei dati e quelle informazioni che nessuno ci dà per ignoranza, per interesse, per gestire il controllo. È quindi un imperdibile strumento di presa di coscienza sia personale che collettiva che può e deve cambiare le politiche sociali e quelle sulla salute.

Cover da gstudioimagen su Freepik

Per leggere gli articoli di Daniela Cataldo su Periscopio clicca sul nome dell’autrice

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Daniela Cataldo

Scrivo regolarmente sul blog UnaScuolaFuoriclasse a partire dall’esperienza in prima persona, anche come insegnante. Ho riscontrato che non sempre la scuola sa orientarsi e orientare riguardo a certe problematiche, lasciando i genitori soli e incompresi. Quando insorgono difficoltà, più o meno temporanee, quali la dislessia, un disagio emotivo, un disagio psichico, il segnale principale è “andare male a scuola”. Per me, però, è la scuola che “va male” quando non si adatta alla extra-ordinarietà. Vorrei raccontare la mia esperienza sul tema, offrire ascolto a genitori e insegnanti e dare indicazioni su come e dove chiedere aiuto e informazioni. Mi piacerebbe che l’accoglienza e il supporto che i genitori, per necessità vitale, imparano a dare, giungessero ai ragazzi e alle ragazze direttamente, senza necessità di sollecitazioni, da insegnanti consapevoli e competenti che sanno osservare ed ascoltare

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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