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Ucraina e Kosovo, ma anche molte altre aree, hanno alla base del conflitto la compresenza di etnie diverse e religioni diverse: musulmani e cristiani, ucraini e russi, etc. Ci sono anche logiche di potere che derivano da antichi imperi o da ‘nazioni’ inventate, i cui confini (spesso artificiali) sono stati disegnati col righello 100 anni fa come in Medio Oriente dagli inglesi e francesi, come scrive Dilar Dirick, ricercatrice dell’università di Oxford, (si veda il suo intervento ad Amburgo alla Conferenza Challenging Capitalist Modernity II) e proprio per questo hanno creato conflitti.

Eppure ci sono speranze di trovare forme nuove e stabili di convivenza. Un esempio è proprio in Italia in Süd Tirol dove il conflitto tra tedeschi e italiani è stato risolto (con molti soldi) e che rimane un modello per molte aree.

Un altro è quello del Rojava (nord Siria) che dimostra come sia possibile una Confederazione che unisca diverse etnie (curdi, arabi, turkmeni, siriaci, circassi, ezidi, armeni) in un unico popolo, al di là della logica statuale e nazionalista, che trova purtroppo sostegno tra i ‘grandi’ (Stati Uniti e Russia… l’Europa non esiste) e che usa proprio il nazionalismo (della Turchia in questo caso, appoggiato dalle milizie islamiste) per distruggere queste nuove forme di convivialità senza potere centrale e piene di futuro.

Il Rojava è a 40 km. dal confine turco nel nord-est della Siria; ha vinto l’Isis nel 2014-16 tramite le Forze della Siria democratica (Sdf) e portato alla liberazione le singole identità nascoste sotto le lunghe vesti nere e i copricapi delle donne che hanno riscoperto l’importanza di non subire una logica di patriarcato (sotto etnie diverse ma che sempre le opprimono).

L’identità di ciascun popolo è infatti preziosa (come il Natale e il Presepe per noi italiani di cultura cristiana e al di là del fatto se si è credenti o meno) e va difesa non solo per difendere i nostri usi e costumi, ma anche le altrui identità. Rinunciare infatti alla propria identità, in nome di un falso rispetto delle altrui, significa, come la globalizzazione vorrebbe e in modo fintamente democratico, negare le identità anche altrui e omologare tutto in un’ottica consumistica e affaristica che è quello che vuole la globalizzazione.

In Rojava oggi il Sdf conta su 100mila combattenti (metà donne) con una predominanza di curde/i (60%) che convivono armonicamente con le altre etnie. Per il Medio Oriente è solo in parte una rivoluzione perché da secoli etnie diverse convivono. Questo modello sociale si basa sulla convivenza tra popoli.

L’idea è una federazione di autonomie, un confederalismo democratico, che prevede a tutti i livelli istituzionali la presenza del 50% delle donne.

Il modello, nato a Kobane e in Kurdistan, si è esteso a città arabe come Raqqa e Deir Ezzor e siriache e all’ezida Shengal in Iraq. Vorrebbero una Siria decentralizzata in cui ognuna goda di pari diritti.

Il teorico fu Abdullah Ocalan e il Pkk (Partito dei Lavoratori del Kurdistan) che volevano far convivere le diverse etnie e religiosità superando il concetto di Stato-Nazione (tipico occidentale, oggi fatto proprio da Erdogan e Assad) per cui esiste una sola identità (la loro), ma che non appartiene alla cultura locale e che è una gabbia per il multiculturalismo medio-orientale.

Il processo di partecipazione avanza ma è continuamente minacciato dagli Stati (Turchia in particolare, membro Nato) e supportato dalle grandi potenze.
Questa sarebbe un’occasione vera per l’Europa (se l’Europa ci fosse…) per difendere i diritti di tutti i popoli (e delle donne in particolare) in un’ottica piena di futuro (e non di passato). Un mondo diverso è però possibile, solo se il potere dell’amore prevalesse sull’amore per il potere.

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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