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Il 16 aprile, per la quarta volta, l’Unità tornerà in edicola, diretta da Piero Sansonetti, già direttore del Riformista, e che a suo tempo è stato capocronista, caporedattore vicedirettore e condirettore del giornale fondato da Antonio Gramsci nel 1924. Il Riformista verrà diretto da Matteo Renzi, a cui evidentemente non basta fare il senatore, il summit della Leopolda, eccetera. Entrambe le testate hanno come editore Alfredo Romeo, avvocato, imprenditore napoletano nel ramo immobiliare, assolto dopo un iter giudiziario durato cinque anni dalla accusa di corruzione, una questione di appalti: “il fatto non sussiste” sentenziarono i giudici.

“Faremo un gran casino” – ha detto Sansonetti presentando in una conferenza stampa a Cosenza il ritorno del giornale – e saremo garantisti” in un paese dove “l’informazione è ridotta ai minimi“. Il ritorno del quotidiano permetterà “di combattere per una civiltà più giusta, e anche più libera“.

C’è chi afferma che l’Unità tornerà in edicola il 18 aprile (non comunque il 25 aprile e nemmeno il 1 maggio). ma noi non vogliamo correre dietro alle date. La nuova edizione parte però con una zoppia: non vi lavoreranno i 4 poligrafici, e i 17 giornalisti che hanno fatto l’Unità sia cartacea che online, sino al 2017, con grandi sacrifici e rinunce, e che sono stati licenziati dal curatore fallimentare. Perché un giornale – lo ha sancito anche la giurisprudenza – è indissolubilmente legato a chi lo costruisce ogni giorno.

Il panorama dell’informazione oggi è profondamente cambiato. I giornali si leggono sempre meno: tuttavia, una voce nuova e attrattiva – chiamiamola così – sarebbe benvenuta, ridarebbe forza a battaglie sacrosante se fosse espressione di quella sinistra che non ha un’identità precisa e fatica ad essere un punto d’approdo per ampi strati di società che sono esclusi da un’informazione onesta. Perché, citiamo Gramsci, “tutto ciò che stampa (il giornale borghese, ndr) è costantemente influenzato da un’idea: servire la classe dominante”.

La “nuova” Unità porterà con sé i valori che ne facevano uno strumento per lotte spesso durissime, fin dalla Resistenza, una specie di simbolo da portare nelle case con le diffusioni domenicali e straordinarie, un giornale da sostenere a costo di grandi sacrifici, sia dei redattori che delle migliaia di donne e uomini impegnati nelle feste rinunciando alle ferie e al riposo?
Lo scopriremo leggendola. Intanto, permetteteci di coltivare una sana diffidenza.

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Franco Stefani

Franco Stefani, giornalista professionista, è nato e vive a Cento. Ha lavorato all’Unità per circa dieci anni, poi ha diretto il mensile “Agricoltura” della Regione Emilia-Romagna per altri 21 anni. Ha scritto e scrive anche poesie, racconti ed è coautore di un paio di saggi storici.

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