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La speranza, l’ironia e l’ottimismo restano sempre le migliori alleate di ogni situazione difficile. Semplice a dirsi per chi si trova in situazioni di serenità e agio, ma la regola resta. La società moderna è spesso crudelmente impietosa, non scorge le violenze nascoste, le fragilità dell’essere umano, i suoi momenti up and down, l’incapacità di essere ascoltati e, spesso, semplicemente di essere visti. Molti sono gli invisibili. Oggi più che mai.

Dopo Discount (2015), con cui aveva affrontato la lotta di cassiere sottopagate contro l’introduzione della cassa automatica che minacciava il loro lavoro con una soluzione alquanto alternativa e Carole Matthieu (2016), che affrontava il tema dello sfruttamento sul luogo di lavoro, il regista francese Jean-Louis Petit affronta ancora importanti temi sociali, con la sensibilità e il tatto di sempre.

Non parliamo di Chef – La Brigade, appena uscito al cinema (che andremo a vedere) ma della toccante e coinvolgente pellicola Le invisibili (2018), storia di Lady D, Edith Piaf, Brigitte Macron, Beyoncé, Salma Hayek e di tante altre, che scalpitano davanti all’Envol (che, forse non a caso, significa “prendere il volo”), centro di accoglienza diurno di un uggioso nord della Francia che accoglie donne senza fissa dimora. Si nascondono dietro pseudonimi celebri per preservare l’anonimato e fra quelle mura protette e accoglienti trovano conforto, calore e riparo. Un percorso: perché non si nasce senza fissa dimora, ma ci si arriva, dopo aver vissuto, anche amando e lavorando.

 

Una brillante commedia sociale – la dramedy che per certe ambientazioni e tematiche ci ricorda Samba – con protagoniste quattro donne (le bravissime Audrey Lamy, Corinne Masiero, Déborah Lukumuena e Noémie Lvovsky) che, con una dozzina di attrici non professioniste, non si arrendono allo sfratto da quel luogo in cui, fra una doccia di venti minuti al massimo, una chiacchierata e un caffè, si trova ancora uno po’ di calore umano e di empatia. Ecco allora che, con un autentico atto di disobbedienza civile, si allestiscono clandestinamente un laboratorio terapeutico e un dormitorio dai quali ottenere una rivalsa e uno spazio nel mondo, anche del lavoro. In quel mondo dove lo scarto non ha spazio. Quella cultura dello scarto che tanto preoccupa Papa Francesco.

Ci sono tanti temi diretti ma anche sottintesi e insinuati: la violenza della strada ma anche dei compagni di vita, l’aggressione sessuale, l’emarginazione, la fragilità, la sofferenza, la paura, l’intolleranza, l’isolamento, la solitudine. E la ricerca di una bellezza perduta.

Ispirato dal libro di Claire Lajeunie, Sur la route des invisibles: Femmes dans la rue, Petit ha trascorso un anno nei centri di accoglienza per raccogliere testimonianze e realizzare un film che dà voce alle donne dimenticate dal mondo e, con loro, a quelle che le sostengono, accogliendole senza condizioni e alleviando la loro angoscia quotidiana.

Una cronaca di tragedia quotidiana trasformata in una commedia sensibile e toccante, che lascia spazio alla solidarietà, all’umanità e alla speranza, dove la vittoria finale sarà semplicemente quella dei valori, quella di individui nell’ombra, esclusi, umiliati, ignorati e dimenticati che ritrovano la propria dignità denunciando un sistema sociale iniquo e asettico che spesso non perdona. Con il sorriso. E per prendere davvero il volo.

Le invisibili, di Louis-Julien Petit, con Audrey Lamy, Corinne Masiero, Noémie Lvovsky, Déborah Lukumuena, Sarah Suco, Francia, 2018, 102 mn

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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