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Si chiude alla Casa del Cinema il Roma Film Corto, i vincitori
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Il 9 dicembre, si è conclusa a Roma, alla Casa del Cinema, la maratona di cinque giorni dedicata ai cortometraggi. Ecco i vincitori del Roma Film Corto, quest’anno gemellato con il Festival de Cine di Alicante
Molti i cortometraggi in gara, grande qualità e presenza di molti registi, in questo XV International Fest Roma Film Corto, diretto da Roberto Petrocchi e tenutosi presso la Biblioteca Flaminia, la Biblioteca Europea, il Cinema Caravaggio e la Casa del Cinema, sala Cinecittà. Vi presentiamo i prestigiosi vincitori.
“Colorcarne”, di Alberto Marchiori vince il ‘Colosseo d’Oro per il Miglior Cortometraggio’ e il ‘Colosseo d’Argento per la Miglior Interpretazione’ a Coco Rebecca Edogamhe.
Orlanda vuole regalare alla sua nipotina un paio di scarpette per il saggio di danza. Ma trovarle del colore giusto non è davvero un’impresa facile. Nulla è “fuori dall’ordinario”, in questa storia. Sono momenti di normale vita quotidiana, a partire dalla prima inquadratura dove la protagonista Elodie si trova nella cameretta della nipote, Orlanda, accanto a lei una valigia aperta e ricolma. Da qui inizia il gioco di riflessi che il regista usa per raccontare di Orlanda: infatti, quando nella stanza entra la piccola Elodie, l’inquadratura non permette di scorgere il suo riflesso allo specchio, ma solo l’ampio sorriso che Orlanda le rivolge. Orlanda ed Elodie sono, sostanzialmente, una il riflesso dell’altra, anche fisicamente sono simili: voluminosi capelli afro, corporatura esile e slanciata. A legarle anche il suono: quando si abbracciano, sentiamo il battito di un unico cuore.
Poiché la protagonista vede nella nipote il suo riflesso, la missione di trovare le scarpette del colorcarne si avvale di una motivazione ancor più potente: prima di non voler deludere Elodie, Orlanda non vuole scendere a compromessi con sé stessa. Sulla porta del negozio di danza da cui è appena uscita, sconfitta, vede su un poster il viso di una modella bianca e poi la sua immagine sul vetro della porta. Quanta importanza al colorcarne, la loro carne, delle scarpette! Nella lotta contro un sistema in cui Orlanda non si sente riconosciuta, sta combattendo davvero per la nipotina o per sé stessa?
‘Premio Ettore Scola, per la sezione Award Winning’ a “Omayma”, di Fabio Schifilliti
La storia di Omayma Benghaloum, la mediatrice culturale tunisina, mamma di quattro figlie, brutalmente uccisa dal marito Faouzi Dridi nel settembre 2015 a Messina, una pellicola girata nella Città dello Stretto, tra il lago di Ganzirri e la zona del porto, e nella suggestiva medina di Mazara del Vallo. Il corto riaccende i riflettori su un femminicidio che sconvolse Messina e racconta la vita della trentaquattrenne Omayma che vive con l’autoritario marito un’esistenza diversa da quella sognata dopo il trasferimento in Sicilia. Grazie al ricordo del suo passato felice in Tunisia, cerca insieme alla figlia la forza per andare avanti e il coraggio di non perdere la sua libertà.
Il regista presenta così il suo ultimo lavoro: “Sono sempre stato attratto da storie che riguardano il turbinio dell’animo umano e quella di Omayma merita assolutamente di essere raccontata per la forza di una grande donna che ha fatto enormi sacrifici per migliorare la vita sua e delle sue figlie, nonostante le continue vessazioni psicologiche e fisiche da parte del marito che l’hanno poi portata alla morte. La sua vicenda non è solo un fatto gravissimo, ma la descrizione di un problema endemico della nostra società”.
‘Colosseo d’Argento per la Miglior Sceneggiatura’ a “Ughetto Forno”, di Fabio Vasco
Un gruppo di bambini del quartiere Africano si ritrova per festeggiare la promozione a fine anno scolastico. Il richiamo è il nuovo pallone della Champions League, regalo fatto a Lorenzo, il più carismatico tra i ragazzini. Ed è fra un tiro e l’altro che il pallone finisce oltre una cancellata, vicino a un murales. Per recuperarlo, Lorenzo e i suoi amici chiedono l’aiuto di Marcello, vecchietto che conoscono tutti nel quartiere. Sarà lui a far emergere la storia che c’è dietro quel murales.
Il bambino raffigurato è Ugo (Ughetto) Forno, eroe partigiano, morto per la patria il 5 giugno 1944. Tentando di scavalcare la cancellata Lorenzo cade e sbatte la testa e si ritrova in quel 5 giugno di tanti anni prima, fra fumo e spari come se fosse proprio lui Ughetto. Un piccolo partigiano che fu, a soli 12 anni, l’ultima vittima della Resistenza romana (insieme al compagno Francesco Guidi) – l’eroe che è riuscito a proteggere il ponte dell’Aniene dall’attacco dei tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale, sacrificando la sua stessa vita per la libertà del nostro Paese – e per questo fu decorato con la medaglia d’oro postuma al merito civile.
Ora tocca a Lorenzo essere coraggioso e spronare i compagni, anche loro catapultati in quella realtà, a salvare il ponte e mettere in fuga i tedeschi. La partita di pallone si è trasformata in una partita molto più importante. Un filo che lega questa storia del passato con quella dei suoi coetanei di oggi, come un passaggio di consegne da una generazione a un’altra. Menzione speciale nella sezione Corti d’Argento, ai Nastri d’Argento 2023, “per il valore della memoria”.
‘Premio Cinema Solidale’ a “Nel cognome che ho scelto”, di Lorenzo Sepalone
È la storia del venticinquenne foggiano Alfredo Traiano, figlio di Giovanna Traiano, vittima di femminicidio nel 2003, e nipote di Francesco, morto nel 2020, dopo 23 giorni di agonia, per le gravi ferite riportate durante una rapina avvenuta all’interno del suo bar.
In 15 minuti la pellicola mostra una storia di dolore e di riscatto evidenziando la straordinaria forza di un ragazzo che non ha mai smesso di lottare e che giorno dopo giorno continua la sua battaglia contro ogni forma di violenza.
Alfredo aveva quattro anni quando, il 21 febbraio 2003, la mamma, appena venticinquenne, fu uccisa dal marito, dal quale voleva separarsi, con un colpo di pistola sparato alle spalle nella Chiesa della Beata Vergine di Foggia. Cresciuto con i nonni materni (“i miei supereroi” li ha sempre chiamati), ha deciso di cambiare il cognome con quello materno. Oggi studia Giurisprudenza. “
Non dovevi farlo, ora ti ammazzo come ti vedo”. Non scherzo, ti scarico il caricatore in bocca”. Questi i messaggi scritti con la penna rossa ritrovati tra i fogli dell’agendina che Giovanna portava con sé gli ultimi giorni della sua vita. L’assassino fu condannato a 18 anni di carcere. Alfredo trovò nello zio Francesco, fratello della madre, un amico con cui crescere. Il minorenne accusato di aver ferito il barista durante la rapina avvenuta all’interno del bar-tabaccheria ‘Gocce di Caffé’ di via Guido Dorso, è stato poi condannato a 16 anni di carcere.
Il documentario è stato prodotto da Sguardi Liberi per il progetto ‘Motore Ciak Azione’, organizzato dalla scuola media Giovanni Bovio di Foggia, in rete con la sede di Manfredonia dell’istituto Michele Lecce, vincitore del bando ‘Cinema e Immagini per la Scuola’ promosso dal Ministero della Cultura e da quello dell’Istruzione e del Merito. Il progetto coordinato artisticamente da Sepalone, promuove l’alfabetizzazione al linguaggio cinematografico consentendo agli studenti di acquisire competenze nel cinema attraverso lezioni teoriche ed esperienze pratiche.
‘Premio del pubblico’ a “La verità”, di Miranda Angeli
Rachele è una donna indipendente e femminista che si trova ad affrontare un lutto tremendo: suo figlio Filippo è stato ucciso da Giulia, una compagna di università. In tribunale però la ragazza sta avendo la meglio. Quando il giorno prima di tornare in aula Rachele incontra Giulia fuori da un supermercato, la donna coglie la palla al balzo e convince la ragazza a parlare con lei, nel tentativo di strapparle una confessione che ribalti la sentenza. Rachele scoprirà che la verità è molto più complessa di quello che credeva.
In alcune note di regia, Miranda Angeli, classe 1997, ricorda come, per lei, la parte peggiore del lutto non sia il dolore ma la stasi. “Quando perdiamo qualcuno finiamo dentro una sorta di bolla d’aria che rallenta il tempo e lo spazio fino a che tutto si muove così lentamente da sembrare fermo”, racconta. “Ma il mondo degli altri continua a muoversi alla stessa velocità e questa differenza ci divide e ci isola. Ne “La verità” ho cercato di rendere visibile la bolla che rinchiude Rachele: lo spazio intorno a lei la schiaccia sempre di lato, o nel centro, come se il mondo in cui ha sempre vissuto comodamente – un mondo simmetrico, borghese, armonico – le si stesse chiudendo addosso. Lo stesso ho cercato di fare con il suono, creando un ambiente silenzioso, quasi ovattato, che si apre al rumore soltanto nei momenti in cui Giulia entra nella storia. Sia Giulia che Rachele, infatti, vivono un doppio lutto: per Rachele la morte del figlio, per Giulia la morte che lo stupro subito le ha lasciato sulla pelle e per entrambe il tradimento di una persona che amavano e che non era come loro credevano. Questa doppia bolla è più spessa, più immobile; ma quando le loro due bolle si scontrano, riescono a creare una crepa l’una nella corazza nell’altra, riportando il tempo e lo spazio alla loro reale intensità”.
Immagine in evidenza Alessandro De Luca Rapone
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Simonetta Sandri
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