“Madre Terra”, un film di Mattia Bricalli
Un cortometraggio che deve diventare grande, fino a trasformarsi in lungometraggio. Una prova per mettersi in gioco, un po’ come accaduto per Whiplash di Damien Chazelle. Tappe pazienti che portano a una storia. Piano piano, poco alla volta. È questa l’idea di Mattia Bricalli, giovane regista lombardo – ma ferrarese di adozione – al quale abbiamo fatto alcune domande sul film che sta girando in questi giorni nella zona di Formignana: “Madre Terra”, in uscita a giugno.
Sceneggiatura di Achille Marciano, conosciuto al Ferrara Film Corto Festival cui aveva partecipato nel 2020 con una sua opera, il film racconta la storia di una famiglia: il padre Galileo (Achille Marciano), la madre Sara (Francesca Lozito) e la loro bambina Allegra (Martina Baglioni). Questa famiglia come tante vive in una grande metropoli caotica e moderna, circondata da ogni tipo di confort che la vita di città può e sa offrire.
“Inizialmente avevo pensato a una connotazione precisa di una città”, ci dice, “una megalopoli americana dove l’alienazione e l’estraniazione sono ai livelli massimi, ma poi ho deciso di togliere ogni riferimento a un luogo specifico”. Fuga dalla città.
“La città è malata ovunque”, continua, “il consumismo che la divora e che crea conflitto è sempre lo stesso. Più spendi più spenderesti, sempre alla ricerca di un nuovo oggetto dei desideri. Nulla basta mai, nulla basta più”. Molti di noi se ne stanno rendendo conto.
I genitori sono esterrefatti: come è possibile che la loro figlia sia malata a causa dell’inquinamento quando vivono fra depuratori e condizionatori che producono un’aria perfetta, in un ambiente elegante, curato e quasi asettico?
L’insorgere di una malattia autoimmune nella piccola Allegra, e il peggioramento rapido, portano allora la famiglia a compiere una scelta drastica: abbandonare la tanto amata vita di città per spostarsi in aperta campagna, in un vecchio casolare appartenuto al nonno di Galileo. Riflessione numero due. Molti di noi stanno pensando ad andarsene dal caos, altri lo stanno semplicemente facendo.
Eccoci allora approdare al vecchio casolare vicino a Formignana, “un luogo pazzesco”, ci dice Mattia, “un luogo di storie mai raccontate, pieno di ricordi. Mi sono subito innamorato del posto, una casa piena di oggetti trovati dal proprietario, non comprati, nessun oggetto è stato acquistato. Sono storie arrivate qui e non cercate. Il proprietario del casolare isolato nella campagna nebbiosa vuole far conoscere realtà mai viste da molti. E io ho adorato ascoltarlo”. Una dimensione quasi felliniana. “D’altronde, a Fellini mi ispiro, pur amando molto Tarantino”. La nebbia delle riprese di oggi conduce per mano.
“Chi in passato viveva solo su quella terra”, conclude, “ci lavorava e ci viveva con quanto aveva, non sapeva dell’esistenza di altro, non c’erano mezzi di comunicazione che mettessero in contatto con il resto del mondo, quello che si aveva bastava. Oggi, invece, si è sempre alla ricerca di qualcosa”. Riflessione numero tre, verissimo, ahimè.
Ma torniamo alla piccola Allegra. Il contatto con la terra e i suoi frutti e la lontananza dallo smog e dall’inquinamento cittadino potrebbero essere di enorme aiuto per il miglioramento del suo delicato quadro clinico. Superati i primi ostacoli e il trauma per un cambio così radicale di vita le cose iniziano a incanalarsi sui giusti binari, Galileo e Sara trovano il proprio equilibrio e la bambina migliora a vista d’occhio.
Il tempo passa e tutto sembra procedere per il verso giusto quando delle losche figure (Dario Masciello e Bianca Berto), appartenenti a un’importante multinazionale ‘pirata’, compaiono nelle loro vite, minacciandoli.
Quella terra è fertile, persone senza scrupolo commercializzano fertilizzanti e vogliono creare dipendenze, rendere gli agricoltori schiavi moderni. ‘OGM invasion’.
Galileo e Sara faranno di tutto per mantenere l’equilibrio ritrovato …
È un (bel) appello a (ri)tornare alla terra, alla Madre Terra, alle sue radici e alle proprie, alla semplicità, alla bellezza di un tramonto, a quelle radici che stiamo perdendo.
Tornare a quella terra, satura di ricordi, viva, palpitante, fertile, che c’è sempre, c’è sempre stata, connessa nel tempo. È necessario fare un reset e ripartire.
La felicità è a portata di mano, sta nelle cose semplici, spesso vicino a noi, basta accorgersene. Semplice ma vero (riflessione numero quattro).
Futuro e passato si risolvono nel presente e per questo c’è, nel film, anche un arrivo/ritorno dal futuro. Ma il presente è e resta la soluzione. Perché il futuro è il presente, che attinge dal passato.
Il tempo, in fondo, non è che finzione.
Foto di Valerio Pazzi, riprese del 23 e 24 febbraio 2023
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Simonetta Sandri
Commenti (5)
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Ottimo documento e foto a dir poco Strepitose! Complimenti a tutti
Grazie infinite
Grande Valerio , se puoi pubblicane ancora soprattutto ,quelle con le case dell’ente delta
Bella l’idea del film e dei paesaggi ferraresi. Ma fuor di retorica la realta’ che conosco data dalla mia esperienza, la scelta ormai di oltre 3 0 anni di vivere in un piccolo borgo, é un po’ diversa. I bei casolari possono comprarli solo coloro che possiedono tanti, tanti soldi, se non altro perché devono essere ristrutturati. I borghi di campagna sono senza i servizi più basilari. Ho visto molte famiglie giovani ed entusiaste andare via per permettere ai figli di accedere a scuola , palestre luoghi di divertimento e culturali. A meno che , di nuovo tu non ti possa permettete di avere mezzi o persone o tempo per supplire. Una vita faticosa, a proposito di salute e trasporti, anche per gli anziani a meno che tu non abbia chi ti mette a disposizione una poderosa rombante auto rossa o tu possa non andare a lavorare .
Il mio desiderio é di dare dignita’ e vita alla nostra campagna ma , senza confonderla con delle edificanti storie che riportano, per fortuna a una possibile realtâ alternativa. Molti abitanti delle campagne ferraresi anelano alle villette a schiera in prossimitá de grandi paesi I ricchi usano i casolari come seconda casa, come gli ,Estense ci hanno insegnato. Un’ultima cosa: se sento il rumore roboante di quella fuori serie rossa della foto che spaventa i tanti animali che sono tornati in campagna, fiduciosi di poter avere un luogo in cui vivere, e compromette il silenzio che é la mia dimensione rivificante sappiate che sono disposta a bucargli le ruote. Detto questo spero che il corto abbia successo peché é una bella storia
Direi, vediamo il corto. Anche perché l’auto rossa avrà ben altro significato.
Grazie intanto per la lettura