La Corte d’Assise di Novara ha condannato Stephan Schmidheiny per i 392 morti di amianto di Casale Monferrato. L’accusa aveva chiesto l’ergastolo. Per la Cgil Piemonte “è un inizio di giustizia”.
Tratto da Collettiva del 7.giugno 2023
L’imprenditore svizzero Stephan Schmidheiny è stato condannato a 12 anni di reclusione per omicidio colposo aggravato in violazione delle norme per la prevenzione sul lavoro nel processo Eternit bis. Lo ha deciso la Corte d’Assise di Novara al termine di oltre 7 ore di camera di consiglio. Per lui l’accusa aveva chiesto l’ergastolo e l’isolamento diurno, le difese l’assoluzione perché il fatto non sussiste o, in subordine, non costituisce reato. Schmidheiny era accusato di omicidio volontario con dolo eventuale per la morte di 392 persone decedute per amianto a Casale Monferrato e dintorni. L’imprenditore aveva gestito lo stabilimento Eternit di Casale dal 1976 al 1986.
Il verdetto chiude un percorso di 41 udienze (la quarantaduesima è quella di oggi), che si sono svolte per due anni esatti, a partire dal 9 giugno 2021, un percorso iniziato a seguito dell’annullamento della sentenza di condanna di Schmidheiny da parte della Cassazione nel 2014, perché il reato fu estinto per prescrizione maturata anteriormente alla sentenza di primo grado. In quel caso non ci fu nessuna presa di coscienza penale sul fatto che il danno fosse – e lo è tuttora – permanente: allora nel territorio casalese morivano 50 persone all’anno, oggi sono circa 35, mentre i casi nel casalese e di Cavagnolo erano 2.272.
“Siamo di fronte a una sentenza importante in questo livello di giudizio, perché viene riconosciuta la colpa con una pena importante di 12 anni. Restano vive nel processo molte delle parti lese che sono cadute per le scelte del proprietario della Eternit. Non si arriva all’omicidio volontario perché bisogna sottolineare che c’è una carenza, un baco nel sistema legislativo italiano che non riconosce questo tipo di giudizio, come successo per la Thyssen”. Queste le parole di Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil del Piemonte, subito dopo la sentenza.
“La sentenza riconosce le parti sociali, i danni fatti al territorio, un indennizzo, ovviamente serve un esame più attento e bisognerà che la sentenza regga nei prossimi gradi di giudizio, ma intanto è un inizio di giustizia su una vicenda che da decenni la chiede”.
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