Skip to main content

Requiem per il glorioso modello Emiliano-romagnolo

Inizio come nelle fiabe: «C’era una volta il modello emiliano-romagnolo…» per evidenziare come le caratteristiche di fondo di quell’inedito intreccio sociale e politico lì realizzato sia venuto meno, ormai da lungo tempo.

Quel modello – economico, sociale, politico, amministrativo -, da quando mosse i suoi primi passi negli anni ‘60 del secolo scorso, era basato su 3 grandi punti di fondo:
A ) una struttura produttiva efficiente, basata su un tessuto largo di piccole e medie aziende, prodotte da un’imprenditorialità diffusa, da un’alta qualità del lavoro, da rapporti sindacali che, anche quando avevano carattere conflittuale, si fondavano sul reciproco riconoscimento tra le parti sociali;
B ) un welfare ben strutturato, a partire dagli asili nido “inventati” in questa terra e da un sistema sanitario di impronta universalistica;
C ) un sistema di relazioni sociali costruito su rapporti stretti tra le organizzazioni di rappresentanza sociale e da meccanismi di partecipazione importanti.
A partire da qui, si era dato vita ad una società coesa e a legami sociali forti.

Oggi, questo quadro  è praticamente scomparso. Persistono realtà significative di medie imprese, riunite in diversi distretti industriali ( vedi per tutti il packaging), ma sempre più forte diventa il ruolo delle multinazionali e dei Fondi di investimento di natura finanziaria, con il conseguente aspetto predatorio che si portano dietro. Il sistema di welfare si è progressivamente indebolito, con situazioni decisamente preoccupanti nella sanità, interessata da una privatizzazione strisciante. Quanto al sistema partecipativo, di esso è rimasto semplicemente l’ombra, lasciando posto alla solitudine delle persone e al venir meno dei legami sociali.

Nel contempo, cresce la diseguaglianza sociale, aumenta la povertà, approda in modo forte il lavoro povero e precario, emergono gravi problematiche ambientali, come ben testimoniato dall’ultimo rapporto dell’Ires Cgil regionale del giugno 2023. Intendiamoci bene: non si tratta di disconoscere risultati maggiormente positivi realizzati in Emilia-Romagna rispetto ad altre regioni in diversi ambiti, quanto di saper vedere che non esiste più una «diversità» di modello. Anche l’Emilia-Romagna si è ridotta a stare dentro il paradigma generale del neoliberismo, sia pure con tratti di maggiore inclusione e solidarietà sociale.

Ed è proprio questo il punto di fondo che molti non vogliono vedere e riconoscere. Non lo fa certamente il Pd (e la maggioranza che governa la Regione), che ripropone imperterrito politiche vecchie e superate, anche quando vengono presentate in termini di novità. È il caso, ad esempio, del Patto per il Lavoro e il Clima, approvato nel dicembre 2020 dalla Giunta regionale e sottoscritto praticamente da tutti gli attori sociali, tranne che da RECA (Rete Emergenza Climatica e Ambientale) che raggruppa più di 80 Associazioni e comitati ambientalisti, e da cui ha preso le distanze un anno fa anche Legambiente regionale.

Di fatto, si continua a pensare ad un’idea di “sviluppo” quantitativo e misurato unicamente sulla crescita del PIL, per cui le  grandi opere autostradali sono concepite come volano dello stesso, a partire dal Passante di Mezzo di Bologna, si prosegue nell’idea della privatizzazione dei beni comuni, a partire dall’acqua e dal ciclo dei rifiuti, si asseconda l’insediamento del rigassificatore a Ravenna, dentro una logica di continuità con l’economia del fossile. Si promuovono o si avvallano progetti di cementificazione che confermano l’Emilia-Romagna ai primi posti in Italia per consumo di suolo e inquinamento atmosferico.

Anche sul terreno delle pratiche democratiche e partecipative, dobbiamo prendere atto del fatto che vengono considerate marginali o, peggio, vissute come disturbo: più che esemplificativo è il fatto che le 4 proposte di legge di iniziativa popolare regionale sui temi ambientali, promosse da Reca e Legambiente regionale, sottoscritte da più di 7000 cittadini, sono ferme nei cassetti delle Commissioni competenti da più di un anno, senza che su di esse non si sia neanche avviata la discussione.

Insomma, non è più rinviabile una riflessione per  riconsiderare il cosiddetto modello emiliano e prospettare anche qui un modello produttivo, sociale e ambientale alternativo. È quanto ci ripromettiamo di compiere con l’importante convegno che RECA, assieme a Diritti alla Città e all’Osservatorio urbano di Bologna, organizza per il 17-18 febbraio a Bologna sulla crisi del neoliberisno e anche del modello emiliano. Un’occasione che pensiamo sarebbe utile per tutti utilizzare al meglio.

N.B.
Vedi in fondo alla Home page di Periscopio. tutte le informazioni sul convegno “LA CRISI DEL MODELLO NEOLIBERISTA TRA DISASTRI AMBIENTALI E CRITICITÀ ECONOMICO-SOCIALI: IL CASO DELL’EMILIA-ROMAGNA“.

In copertina: polveri sottili in Emilia-Romagna, foto satellitare.

Per leggere tutti gli articoli e gli interventi su Periscopio di Corrado Oddi clicca sul nome dell’autore.

sostieni periscopio

Sostieni periscopio!

tag:

Corrado Oddi

Attivista sociale. Si occupa in particolare di beni comuni, vocazione maturata anche in una lunga esperienza sindacale a tempo pieno, dal 1982 al 2014, ricoprendo diversi incarichi a Bologna e a livello nazionale nella CGIL. E’ stato tra i fondatori del Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua nel 2006 e tra i promotori dei referendum sull’acqua pubblica nel 2011, tema cui rimane particolarmente legato. Che, peraltro, non gli impedisce di interessarsi e scrivere sugli altri beni comuni, dall’ambiente all’energia, dal ciclo dei rifiuti alla conoscenza. E anche di economia politica, suo primo amore e oggetto di studio.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *



Chi volesse chiedere informazioni sul nuovo progetto editoriale, può scrivere a: direttore@periscopionline.it