L’opera raffigura una donna, simbolo di Majidi, con un braccio alzato avvolto nel filo spinato, rappresentazione della sua lotta per la libertà e della sofferenza inflitta da un sistema che criminalizza chi si batte per i diritti umani.
Sullo sfondo, un mare rosso sangue, con figure che lottano per non affogare, richiama il dramma dei migranti che attraversano il Mediterraneo, mentre le montagne nere alludono alla costa calabrese, simbolo di un territorio che da secoli è frontiera tra salvezza e tragedia per migliaia di persone in fuga da guerre e oppressione.
Maysoon Majidi, attivista curdo-iraniana, è detenuta da oltre 9 mesi nelle carceri calabresi con l’accusa di scafismo.
Il suo caso, insieme a quello di Marjam Jamali, evidenzia come molte persone vengano ingiustamente arrestate e accusate di traffico di migranti secondo la Legge Bossi-Fini e il Decreto Cutro. Queste leggi, volte a contrastare l’immigrazione illegale, criminalizzano anche chi guida i barconi per necessità. L’appello invita alla mobilitazione e alla solidarietà per la liberazione di Maysoon e di tutte le persone accusate ingiustamente di scafismo.
Maysoon Majidi è stata fermata dalle autorità italiane e accusata di traffico di migranti mentre cercava di salvare vite umane. La sua storia, che sta suscitando indignazione a livello internazionale, rappresenta un caso emblematico delle problematiche che affliggono il sistema di accoglienza e le politiche sull’immigrazione in Italia. L’opera di Latella si inserisce in questo dibattito, proponendosi come un potente messaggio visivo contro l’ingiustizia e la criminalizzazione dei difensori dei diritti umani.
Bruno Salvatore Latella (LBS), che da anni esplora attraverso la sua arte i temi dell’oppressione, dell’umanità silente e delle disuguaglianze sociali, dichiara: “Con quest’opera voglio dare voce a chi non ha voce, a chi è stritolato da un sistema che non riconosce il valore della vita umana e dei diritti fondamentali. Maysoon Majidi è un simbolo di resistenza e di coraggio. Non possiamo restare indifferenti.”
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