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CODIGORO. LA «FONDAMENTA» DEL DIAVOLO

Arrivando dal mare si può entrare a Codigoro percorrendo la strada del Diavolo, che costeggia l’argine sinistro del tratto terminale del Po di Volano.
Fin da ragazzino questo nome mi ha allo stesso tempo affascinato e impaurito. Chissà quali storie e vicende terrificanti hanno portato a identificare questo percorso con il diavolo, mi chiedevo. A volte percorrendola, di notte, mi tornava alla mente il racconto di uno dei miei autori giovanili preferiti, Robert L. Stevenson, nel quale narra di una palude del diavolo dove di notte si aggirava lo spettro di una donna.
Anche qui un tempo c’erano le paludi, ed io c’ero addirittura nato, ma le acque erano già state prosciugate. il Po di Volano fu nell’antichità uno dei corsi principali del nostro grande fiume, identificato da molti autori con il mitologico Eridano che conduceva direttamente agli inferi, attraverso una oscura geografia di selve e paludi, come forse avrebbe scritto Jorge L. Borges. La strada segue certamente un antico argine che conteneva il fiume, prima della sua deviazione verso nord, avvenuta a Ficarolo nel dodicesimo secolo.

Stiamo parlando di terre storicamente aduse alle bizzarie delle acque e profondamente trasformate dalle bonifiche meccaniche che hanno imposto nuove geometrie al suolo cancellando le precedenti o trasformandole in relitti e tracce. Un territorio il cui carattere più permanente è la mutevolezza.
Nel 1876, il geografo francese Elisée Reclus descrive nella sua nuova geografia universale, l’Italia settentrionale come un réseau admirable di canali artificiali e cita i polesini di Ferrara e Rovigo che formano un système d’artères et artérioles che diffondono la vita a tutti i campi irrigati. Descrizione confermata, con altre parole, da Carlo Emilio Gadda che, inviato a Codigoro dalla Consociazione Turistica Italiana (in seguito Touring Club Italiano), descrive nel 1939 sulle pagine della rivista Le vie d’Italia il dispositivo “esemplare” della Grande Bonificazione Ferrarese fondato su di nuovo reticolo di canali artificiali.

Arrivando dal «Diavolo” Codigoro si annuncia con un sobborgo. Si chiama «al Capitel», in origine era staccato dal centro e ha una forma relativamente compatta e allungata sulla strada. Le case povere e di piccole dimensioni evidenziano diverse storie e fasi: il piccolo borgo antico composto di poche case addensate, le corti rurali, le villette individuali costruite dagli anni del boom economico. Entrando in paese la strada del Diavolo a un certo punto si trasforma in una riviera fluviale e l’edilizia minore si raggruppa attorno ai palazzi costruiti, in affaccio sul fiume, dalla borghesia locale.

Codigoro e la Riviera Cavallotti (ph Romeo Cavallotti)

Codigoro è forse il centro più veneto del Ferrarese, nel senso che ha mantenuto la riviera su cui si affacciano le sue architetture domestiche più rappresentative. Aprendo al mattino le finestre della mia camera da letto, il fiume con le sue sponde alberate (ora non più) e le sue ripe verdi (artificializzate, in seguito) mi accoglieva con i suoi barconi alla fonda (pochi) mentre una sottile linea di case, sull’altro lato, incorniciava lo sguardo verso una campagna che si smaterializzava verso l’infinito, divenendo bruma, nebbia o linea a seconda delle condizioni atmosferiche, come in un paesaggio di Turner.

Sto parlando della Riviera Cavallotti che potremmo pensarla come la Strada Nuova di Genova o il secondo tratto del Corso Ercole I° d’Este a Ferrara, anzi, vista la presenza dell’acqua del Po di Volano, potrebbe rammentarci una «fondamenta» veneziana dove le famiglie importanti si rappresentavano alternando il loro palazzi all’edilizia minore.
La geografia sociale del paese si identificava con alcuni nomi associati alle sue diverse parti o rioni: «insù», «inzò», «la Galanara», «la Korea», «l’Aquilon», «D’là da Po», «la Palpogna», «la Pastrinara»: questi sono i nomi che ricordo, ma ce ne sono altri. Sono luoghi non progettati dove come ricorda Gianni Celati «il tempo è diventato forma dello spazio» e appaiono “come le rughe della nostra pelle».

Codigoro: il rione “D’là da Po” (ph. Romeo Farinella)

La strada del Diavolo costituiva l’entrata di servizio al paese. Era la porta secondaria, perché uscendo dal paese si entrava nelle terre dell’est, infernali e un tempo composte di lagune, boschi e demoni.
La via principale arrivava da Ferrara e l’ingresso in paese presenta ancora oggi dei caratteri architettonici a suo modo monumentali. È la strada che a ovest argina il Po di Volano, che arriva dalle terre alte e che percorreva il borghese Edgardo Limentani partito da Ferrara poco dopo l’alba. Codigoro era una sosta e Volano la destinazione, dove l’aspettava, in valle, la sua botte di caccia mentre un airone si aggirava ignaro della sorte che gli sarebbe toccata.

Cover: Codigoro, il Volano e la riviera (foto Romeo Farinella)

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Romeo Farinella

Romeo Farinella, architetto-urbanista e professore ordinario di Progettazione urbanistica presso l’Università di Ferrara. Si occupa di problematiche urbane e paesaggistiche da almeno trent’anni. Prima di approdare a Ferrara ha vissuto in diverse città, tra cui Roma e Parigi e quest’ultima è diventata uno dei suoi temi principali di ricerca. Oltre a Ferrara ha tenuto corsi anche in Francia (Lille, Parigi), Cina (Chengdu), L’Avana e São Paulo e Saint Louis du Senegal. È stato direttore per alcuni anni del Centro di Ateneo per la Cooperazione allo Sviluppo Internazionale di UNIFE.

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