Presto di mattina /
Verso la Pasqua dei poveri
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Presto di mattina. Verso la Pasqua dei poveri
La Pasqua dei poveri
Forse per noi, che non abbiam che pane,
forse più bella è la tua Santa Pasqua,
o Gesù nostro, e la tua mite frasca
si spande, oliva, nelle stanze quadre.
Povero il cielo e povere le stanze,
Sabato Santo, il tuo chiaror ci abbaglia,
e il nostro cuore fa una lenta maglia
col cielo, che ne abbraccia le speranze.
Semplice vita, alle nostre dimande
tu ci rispondi: Su coraggio, andate!
Noi t’ubbidiamo; e questa povertà
non ha bisogno più d’altre vivande.
Noi siamo tanti quanti alla campagna
sono gli uccelli sulle mosse piante,
cui sembra ancor che le parole sante
giungan col vento e l’acqua che li bagna.
A noi, non visti, nelle grigie stanze,
miriadi in mezzo alla città che fuma,
Sabato Santo, la tua luce illumina
solo le mani, unica festa, stanche:
a noi la pace che verrà, operosa
già dentro il cuore e sulla mano sta,
che ti prepara, o Pasqua, e che non ha
che il solo pane per farti festosa.
(Carlo Betocchi, Tutte le poesie, Garzanti Milano 1996, 79-80).
Questo testo poetico bene introduce l’invito di papa Francesco ad andare verso la Pasqua «invocando speranza per i poveri», virtù che si pratica tenendo tutti e due i piedi per terra. Un’espressione, quest’ultima che mi ricorda il pastore protestante Dietrich Bonhoeffer − di cui il 9 aprile è stato l’80° anniversario del martirio, assassinato dalle SS nel carcere di Flossemburg – il quale intendeva la fede che spera, «non come quella virtù che fugge dal mondo, ma quella che resiste nel mondo e ama e resta fedele alla terra malgrado tutte le tribolazioni che essa ci procura… Temo che i cristiani che osano stare sulla terra con un piede solo, staranno con un piede solo anche in cielo» (Lettere alla fidanzata, Cella 92 [1943-1945], Queriniana, Brescia 2012, 48).
Rileggendo alcuni passaggi nel testo di Francesco per l’indizione del Giubileo credo di poter dire che questa virtù ci chieda di non dimenticare i poveri e ci inviti a condividerne il cammino verso la Pasqua.
Su questa via già il Concilio Vaticano II aveva incamminato la chiesa sessant’anni fa quando affermava nella Lumen gentium: «Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, i lutti e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore».
Invocando speranza
Oggi Francesco ritorna a indicare questa strada invocando speranza per i poveri: «Speranza invoco in modo accorato per i miliardi di poveri, che spesso mancano del necessario per vivere. Di fronte al susseguirsi di sempre nuove ondate di impoverimento, c’è il rischio di abituarsi e rassegnarsi. Ma non possiamo distogliere lo sguardo da situazioni tanto drammatiche, che si riscontrano ormai ovunque, non soltanto in determinate aree del mondo.
Incontriamo persone povere o impoverite ogni giorno e a volte possono essere nostre vicine di casa. Spesso non hanno un’abitazione, né il cibo adeguato per la giornata. Soffrono l’esclusione e l’indifferenza di tanti. È scandaloso che, in un mondo dotato di enormi risorse, destinate in larga parte agli armamenti, i poveri siano “la maggior parte”, miliardi di persone.
Oggi sono menzionati nei dibattiti politici ed economici internazionali, ma per lo più sembra che i loro problemi si pongano come un’appendice, come una questione che si aggiunga quasi per obbligo o in maniera periferica, se non li si considera un mero danno collaterale. Di fatto, al momento dell’attuazione concreta, rimangono frequentemente all’ultimo posto” (Laudato Si’, 49). Non dimentichiamo: i poveri, quasi sempre, sono vittime, non colpevoli».
Una questione di amore
«Per conoscere veramente i poveri, per parlarne con competenza, bisognerebbe conoscere il mistero di Dio, che li ha chiamati «beati» riservando loro il suo regno.
Chi ha poca carità vede pochi poveri: chi ha molta carità vede molti poveri.
Ci sorto troppi avvocati dei poveri, che non conoscono “il povero”.
La conoscenza faziosa del povero è preparata
da una conoscenza astratta.
Chi conosce il povero?
Chi ne ha sentito il cuore?
Chi lo segue nella sua quotidiana “via crucis”?
Senza una conoscenza umana del povero, non si arriva alla conoscenza fraterna.
(Primo Mazzolari, La parola ai poveri, La locusta, Vicenza 1959, 22-23; 45; 47)
“Conversione della fede alla speranza”
È stato questo il filo conduttore che ha guidato la Giornata giubilare dedicata a tutte le forme di povertà, che è stata promossa il 9 marzo scorso dall’Ufficio della Pastorale sociale, lavoro, giustizia, pace e custodia del creato e dalla Caritas Diocesana di Ferrara-Comacchio. Un’iniziativa rivolta alle comunità cristiane e parrocchie cittadine, finalizzata alla rilettura degli stili di vita personali e delle strutture di peccato che influenzano le scelte personali e comunitarie.
In quella occasione in S. Maria in Vado a me era stato chiesto di offrire una traccia per una verifica di coscienza circa i nostri atteggiamenti e pensieri che ripropongo qui.
Omissioni
Partiamo dalle “omissioni” circa il nostro rapporto con la povertà e con le situazioni di povertà e ci domandiamo: “Conosciamo i poveri? Francesco d’Assisi aveva fatto della sua vita una conversatio cum pauperibus. Un andare incontro, un convenire dialogante e operante, un’opzione preferenziale del cuore la sua perché, se non si conosce con il cuore, non si ama e senza amore si resta indifferenti, lontani.
Ha scritto il vescovo Gian Carlo Perego: “Per la Chiesa l’opzione per i poveri è una categoria teologica prima che culturale, sociologica, politica o filosofica. Dio concede loro ‘la sua prima misericordia’. Questa preferenza divina ha delle conseguenze nella vita di fede di tutti i cristiani, chiamati ad avere “gli stessi sentimenti di Gesù” (Fil 2,5). Ispirata da essa, la Chiesa ha fatto una opzione per i poveri intesa come una “forma speciale di primazia nell’esercizio della carità cristiana, della quale dà testimonianza tutta la tradizione della Chiesa”.
Da dove parte l’alleanza con i poveri?
Conosciamo la realtà che ci circonda? la realtà di povertà e di emarginazione che vive nelle nostre parrocchie, nelle nostre comunità, nella città? Domandiamoci poi come viviamo l’alleanza con la parola di Dio, con Vangelo.
Come ci lasciamo evangelizzare dai poveri? Riceviamo il vangelo dai poveri?
Non dimentichiamo che per le loro sofferenze essi conoscono il Cristo paziente e sofferente al vivo. Egli sta sconosciuto in mezzo a loro, intimo ad essi. Pertanto abbiamo coscienza che incontrare i poveri ci fa camminare verso la Sorgente stessa del Vangelo, ci fa pellegrini di speranza?
«Il Convegno della CEI Evangelizzazione e promozione umana (1976), preparato anche da una meticolosa inchiesta nelle Chiese locali, ha coniugato l’evangelizzazione con l’attenzione ai poveri, ai mali delle nostre città, che dipendono dal peccato dell’uomo: egoismo, potere più che servizio, sfruttamento» (G. C. Perego).
Alleanze solidali
Per fare fronte alla povertà servono alleanze solidali, credere nella ricchezza e nei valori presenti nelle diversità di persone, culture, popoli e nazioni. “Chi non è contro di voi è per voi” si legge nel Vangelo.
Collaboriamo non solo tra parrocchie, tra unità pastorali, ma pure tra istituzioni pubbliche con le realtà presenti nel territorio e nella città? Senza queste alleanze restiamo soli, isolati, ciechi, impotenti di fronte alle fragilità e inconsapevoli delle possibilità e risorse presenti negli altri e tra noi. Come affrontiamo e vinciamo la paura dello straniero? Da soli o in un confronto dialogico con gli altri per fare argine alle derive ideologiche?
Forte poi è la tentazione di delegare la povertà agli addetti ai lavori a coloro che si interessano dei poveri, alla Caritas.
Ci chiediamo allora che conoscenza e che legami abbiamo con la Caritas diocesana, e con le istituzioni sociali e con i servizi del terzo settore che si prendono cura delle persone della nostra città? «La Carta pastorale della Caritas, sottolinea che i poveri sono ‘luogo teologico’ per scoprire il volto di Dio e che partire dai poveri non è una scelta escludente perché di parte, né impegno di pochi, ma fedeltà al progetto di Dio. Il n. 3 è dedicato alla ‘scelta preferenziale dei poveri» (G. C. Perego).
Pietre d’inciampo
«Il povero — ogni povero — si presenta al cristiano con un diritto di precedenza: col volto e il diritto di Cristo: «Avevo fame, avevo sete, ero senza casa… ».
Chi non capisce il povero non capisce Cristo: chi lascia fuori il povero lascia fuori Cristo, che ancora una volta va a morire fuori delle mura. Noi abbiamo cattedrali magnifiche, insegne cristiane ad ogni passo, ma se Cristo è in agonia fuori delle mura, coloro che costruiranno la nuova città sono fuori delle mura dove Cristo è in agonia» (Mazzolari, La parola ai poveri, 55).
I poveri sono pietre d’inciampo per ricondurre il nostro cuore al cuore del Vangelo. I poveri sono una “memoria sovversiva”, ci ricordano la Pietra scartata dai costruttori divenuta Pietra angolare: «Avvicinandovi a lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti anche voi come edificio spirituale, per un ministero ospitale (1Pt 2, 4-5) e chiediamoci su quale fondamento noi edifichiamo la nostra fede, la speranza e la nostra carità, il senso dell’umano e il riconoscere la sua dignità negli altri per non trovarci a costruire invano?
Rilanciare un tavolo delle povertà per la città
Non solo per una maggiore collaborazione tra volontariato e istituzioni ed approfondire la conoscenza delle povertà sul territorio: le sue risorse e le fragilità, ma per andare alle radici etiche alle cause dei mali che affliggono le nostre relazioni interpersonali, di cittadinanza e il nostro vivere civile, sociale ed ecclesiale.
C’è al fondo un male di carattere globale che è la mancanza del senso della dignità umana e dei diritti fondamentali, del senso della legalità, del senso della cura e dello sviluppo del bene comune o del disprezzo della dignità umana a favore dell’acquisizione fraudolenta di potere e di risorse da parte di singoli o comunità, gruppi multinazionali e stati nazionali verso popolazioni sempre più impoverite e gente spinta ai margini e rinchiusa in confini reticolati.
«Dove passa la pietà passa la Pasqua»
«La vita è sopra l’uomo: egli l’ha ricevuta e non può garantirla, anche se giura per essa.
L’uomo è in grado di assicurare soltanto la morte perché la morte è cosa sua, lo stipendio del suo peccato. Può quindi custodire, sigillare un sepolcro fin quando è sepolcro di morte.
Quando albeggia la pasqua, l’uomo ridiventa la creatura che adora il mistero di quella Bontà, che costruisce sulle rovine del nostro egoismo.
Un sepolcro che si spalanca per lasciar passare la vita ci dà la certezza che l’ultima parola anche quaggiù è detta da Cristo.»
(Mazzolari, Via crucis del povero, Dehoniane, Bologna 1983, 125).
La Pasqua del Cristo è la garanzia della Pasqua del povero perché l’una e l’altra sono la Pasqua del povero.
Egli è venuto per insegnarcene la strada e anticipare i nostri destini.
Chi l’avrebbe potuto seguire nell’esempio (“vi ho dato un esempio affinché voi facciate come ho fatto io”), se non ci fosse anche la promessa “che dove è il Maestro ci sarà anche il discepolo?”.
La sua pasqua è la primizia della pasqua di tutti! La pasqua di tutti!
Perché nessuno è fuori del dolore.
Perché nessuno è fuori della povertà.
Tutti poveri, gli uomini, irrimediabilmente poveri! Perciò la rivolta dell’uomo contro l’uomo non ha senso»
(ivi, 133; 128-129).
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Andrea Zerbini
PAESE REALE
di Piermaria Romani
Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)
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