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Don Peppe Diana: «A me non importa sapere chi è Dio. Mi importa sapere da che parte sta»
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Presto di mattina. Don Peppe Diana: «A me non importa sapere chi è Dio. Mi importa sapere da che parte sta»
«A me non importa sapere chi è Dio. Mi importa sapere da che parte sta»
(don Peppe Diana).
Era il suo onomastico quel 19 marzo di trent’anni fa quando la camorra pretese di far tacere don Giuseppe Diana, il parroco di Casal di Principe, che insieme agli altri parroci della periferia aversana aveva scritto una lettera in risposta agli omicidi e alle stragi dei clan che stavano insanguinando il territorio.
Così, non un passo indietro, come il suo Cristo, ma un passo avanti, passò dalla parte di Dio, tra gli umiliati della vita fino alla fine, incarnando le parole del profeta Isaia: “Per amore del mio popolo non tacerò”.
Aveva 36 anni; erano le 7,30 di un sabato mattina mentre stava andando a celebrare messa. Fu ucciso da un killer della camorra con quattro colpi di pistola in volto, come il vescovo di El Savador Oscar Arnulfo Romero e don Pino Puglisi, anche lui parroco di periferia al Brancaccio, assassinato dalla mafia sei mesi prima di don Diana.
Quanto alle stelle, ci sono sempre. Quando
ne spunta una, un’altra ne verrà
(Iosif Brodskij, Poesie, 53).
…la notte
è ingombrante, questo, è vero,
ma non così smisurata da pensare che ricopra
entrambi gli emisferi
(ivi, 93).
Con don Beppe gli uomini della camorra non si accontentarono di assassinarlo, ma provarono anche a calunniarlo cercando di depistare le indagini.
Don Maurizio Patriciello, attuale parroco nel degradato Parco Verde di Caivano, impegnato anche lui contro la camorra e nella lotta per tutelare il territorio della Terra dei Fuochi inquinata dalle discariche industriali radioattive, ha scritto su Avvenire del 18 marzo 2024: «Immediatamente iniziano i depistaggi. “Calunniate, calunniate, qualcosa resterà” disse qualcuno. Non aveva tutti i torti. La macchina del fango entra in azione alla velocità del lampo. Schizzi puzzolentissimi di sterco velenoso arrivano a sfiorare perfino coloro che della camorra hanno da sempre avuto orrore. I credenti si aggrappano al Vangelo: “Beati voi quando vi insulteranno… e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi, per causa mia…”. La verità, lentamente, inizia a farsi strada».
Strade: a ciascuno la sua
Il tentativo fallì perché Giuseppe Quadrano, autore materiale dell’omicidio, consegnatosi alla polizia, iniziò a collaborare con la giustizia. E il mandante Nunzio De Falco, ’o Lupo, morto nel 2022 appartenente al clan dei Casalesi, fu condannato all’ergastolo nel 2003.
«Certo, don Peppino non appartiene a quella schiera di santi comunemente intesi − continua don Patriciello − i suoi modi sono spicci, il linguaggio tagliente. Niente di affettato, in lui. Spigoloso, autentico. … Sa di vivere in terra di camorra. Tanti criminali li conosce di persona, abitano a quattro passi da casa sua. Sono suoi amici d’infanzia, di studi, di giovinezza. Strade. Ognuno deve percorrere la sua. Itinerari. Non si capisce tutto e subito. Il Signore ti porta per vie sconosciute. Gradualmente ti fa avanzare, facendoti innamorare del bene, in tutte le sue forme. La prepotenza sui deboli ti diventa insopportabile. Capisci che il tuo posto è stare accanto a loro, agli umiliati dalla vita…».
Preti e basta
«Non era facile, nei passati decenni, nel nostro amato Meridione, districarsi tra i meandri di una società agricola, povera, arretrata, trascurata dagli anni dell’Unità d’Italia, in balia dei ricchi proprietari terrieri. I mafiosi, i camorristi, gli ‘ndranghetisti, sono camaleonti. Si mimetizzano. Sono ipocriti e vigliacchi. Non attaccano gli uomini di Chiesa frontalmente, li circuiscono, li confondono, li ingannano. Scaltri come serpenti, vivono tra la gente cui succhiano il sangue. Prendono parte alle feste patronali, fanno benedire i loro morti e battezzare i figli.
S’inchinano davanti al vecchio parroco poco prima di correre a strangolare un uomo e scioglierlo nell’acido. La stessa società civile negli anni passati brancolava nel buio. … Prete antimafia, don Puglisi? Prete anticamorra, don Peppino? Macché. Preti. Preti e basta. Preti senza aggettivi. Martiri perché liberi. Si chiamano ambedue Giuseppe, i miei confratelli, come il silenzioso custode del piccolo Gesù. Ed essi, come il santo di cui portano il nome, si sono fatti sentinelle attente del popolo loro affidato».
«Per amore del mio popolo non tacerò»
Il testo della lettera del Natale 1991 è diventato il testamento spirituale di don Beppe, e pure il manifesto del suo impegno per la legalità. Invito a prendere coscienza, ad aprire gli occhi sulla realtà in cui si vive; un appello a ribellarsi alle ambiguità e ai compromessi, a ricercare la verità, la giustizia sociale attraverso un processo di liberazione facendo leva sull’amore per la propria terra. Un richiamo ad essere profeti e a denunciare con coraggio le situazioni di illegalità.
«Siamo preoccupati
Assistiamo impotenti al dolore di tante famiglie che vedono i loro figli finire miseramente vittime o mandanti delle organizzazioni della camorra. Come battezzati in Cristo, come pastori della Forania di Casal di Principe ci sentiamo investiti in pieno della nostra responsabilità di essere “segno di contraddizione”. Coscienti che come chiesa “dobbiamo educare con la parola e la testimonianza di vita alla prima beatitudine del Vangelo che è la povertà, come distacco dalla ricerca del superfluo, da ogni ambiguo compromesso o ingiusto privilegio, come servizio sino al dono di sé, come esperienza generosamente vissuta di solidarietà».
«La Camorra
La Camorra oggi è una forma di terrorismo che incute paura, impone le sue leggi e tenta di diventare componente endemica nella società campana. I camorristi impongono con la violenza, armi in pugno, regole inaccettabili: estorsioni che hanno visto le nostre zone diventare sempre più aree sussidiate, assistite senza alcuna autonoma capacità di sviluppo; tangenti al venti per cento e oltre sui lavori edili, che scoraggerebbero l’imprenditore più temerario; traffici illeciti per l’acquisto e lo spaccio delle sostanze stupefacenti il cui uso produce a schiere giovani emarginati, e manovalanza a disposizione delle organizzazioni criminali; scontri tra diverse fazioni che si abbattono come veri flagelli devastatori sulle famiglie delle nostre zone; esempi negativi per tutta la fascia adolescenziale della popolazione, veri e propri laboratori di violenza e del crimine organizzato».
«Precise responsabilità politiche
È oramai chiaro che il disfacimento delle istituzioni civili ha consentito l’infiltrazione del potere camorristico a tutti i livelli. La Camorra riempie un vuoto di potere dello Stato che nelle amministrazioni periferiche è caratterizzato da corruzione, lungaggini e favoritismi. La Camorra rappresenta uno Stato deviante parallelo rispetto a quello ufficiale, privo però di burocrazia e d’intermediari che sono la piaga dello Stato legale.
L’inefficienza delle politiche occupazionali, della sanità, ecc; non possono che creare sfiducia negli abitanti dei nostri paesi; un preoccupato senso di rischio che si va facendo più forte ogni giorno che passa, l’inadeguata tutela dei legittimi interessi e diritti dei liberi cittadini; le carenze anche della nostra azione pastorale ci devono convincere che l’Azione di tutta la Chiesa deve farsi più tagliente e meno neutrale per permettere alle parrocchie di riscoprire quegli spazi per una “ministerialità” di liberazione, di promozione umana e di servizio. Forse le nostre comunità avranno bisogno di nuovi modelli di comportamento: certamente di realtà, di testimonianze, di esempi, per essere credibili».
«Impegno dei cristiani
Il nostro impegno profetico di denuncia non deve e non può venire meno. Dio ci chiama ad essere profeti.
Il Profeta fa da sentinella: vede l’ingiustizia, la denuncia e richiama il progetto originario di Dio (Ezechiele 3,16-18);
Il Profeta ricorda il passato e se ne serve per cogliere nel presente il nuovo (Isaia 43);
Il Profeta invita a vivere e lui stesso vive, la Solidarietà nella sofferenza (Genesi 8,18-23);
Il Profeta indica come prioritaria la via della giustizia (Geremia 22,3 -Isaia 5)
Coscienti che “il nostro aiuto è nel nome del Signore” come credenti in Gesù Cristo il quale “al finir della notte si ritirava sul monte a pregare” riaffermiamo il valore anticipatorio della Preghiera che è la fonte della nostra Speranza.
«Non una conclusione: ma un annunzio
Appello
Le nostre Chiese hanno, oggi, urgente bisogno di indicazioni articolate per impostare coraggiosi piani pastorali, aderenti alla nuova realtà; in particolare dovranno farsi promotrici di serie analisi sul piano culturale, politico ed economico coinvolgendo in ciò gli intellettuali finora troppo assenti da queste piaghe.
Ai preti nostri pastori e confratelli chiediamo di parlare chiaro nelle omelie ed in tutte quelle occasioni in cui si richiede una testimonianza coraggiosa. Alla Chiesa che non rinunci al suo ruolo “profetico” affinché gli strumenti della denuncia e dell’annuncio si concretizzino nella capacità di produrre nuova coscienza nel segno della giustizia, della solidarietà, dei valori etici e civili (Lam. 3,17-26).
Tra qualche anno, non vorremmo batterci il petto colpevoli e dire con Geremia “Siamo rimasti lontani dalla pace… abbiamo dimenticato il benessere… La continua esperienza del nostro incerto vagare, in alto ed in basso,… dal nostro penoso disorientamento circa quello che bisogna decidere e fare… sono come assenzio e veleno”».
(Forania di Casal di Principe [Parrocchie: San Nicola di Bari, S.S. Salvatore, Spirito Santo – Casal di Principe; Santa Croce e M.S.S. Annunziata – San Cipriano d’Aversa; Santa Croce – Casapesenna; M. S.S. Assunta – Villa Literno; M.S.S. Assunta – Villa di Briano; Santuario di Maria S.ma di Briano])
Indifeso sotto la notte, solo una voce
Tutto quello che ho è una voce
che smuova la menzogna nascosta,
la menzogna romantica annidata nel cervello
del sensuale uomo della strada
e la menzogna dell’Autorità
i cui palazzi palpano il cielo:
non c’è una cosa chiamata Stato
e nessuno esiste mai da solo;
la fame non consente scelta
al cittadino o alla polizia;
dobbiamo amarci l’un l’altro o morire.
Indifeso sotto la notte
il nostro mondo giace inebetito;
eppure, sparsi dappertutto,
ironici punti di luce
lampeggiano là dove i Giusti
si scambiano i loro messaggi:
oh, che io possa, composto come loro
d’Eros e di polvere,
assediato dalla medesima
negazione e disperazione,
mostrare una fiamma che afferma.
(W. H. Auden, Un altro tempo, Adelphi, 2013, 191).
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Andrea Zerbini
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