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Poliamore? Istruzioni per l’uso

L’odierno diritto di famiglia, nella società nordamericana e occidentale, sta confrontandosi con una pluralità di modelli e conformazioni familiari che rivendicano un riconoscimento, sia di status sociale, sia di normazione legislativa.

Restando fermo che il modello tuttora imperante, e ampiamente propagandato, è quello della famiglia eterosessuale monogamica fondata sul matrimonio, la realtà dei fatti ha dimostrato che si tratta non di una “essenza” naturale nella sua eternità, bensì, di una conformazione storica, soggetta al cambiamento.

Le coppie di fatto e same sex sono state recentemente assimilate in diversi Paesi occidentali al modello matrimoniale, mentre rimangono difficilmente codificabili due fenomeni attualmente in aumento: le famiglie unipersonali, dette anche famiglie “improprie” (i single) e le famiglie poliamorose. Tralasciando i single, che nella loro im-proprietà non aspirano a connotati matrimoniali e sono quindi scarsamente rivendicativi,  il concetto e le esperienze di poliamore avanzano, specialmente negli Stati Uniti,

Come di consueto, i prodotti culturali di importazione americana sono ovviamente imitati, anche se riveduti e corretti nella loro versione italiana, e quindi anche in Italia, si comincia parlare di poliamore: cos’è?  come si fa?

Mi sono imbattuta in questo concetto prima di tutto a livello teorico, nella sede universitaria di Feminist Studies di Coimbra, dove hanno tradotto il poliamore con un grafico con tante freccette: ogni freccia rappresentava una relazione che collegava  due individui, oltre che fra di loro, ad altre persone attraverso: durevoli legami amicali, parentali, sentimentali, sessuali (questi ultimi rigorosamente dichiarati).

La definizione accademica che mi è stata data  del complicato grafico era di “non monogamia etica”, dove sono superati di un balzo le torture delle bugie, del sospetto, del tradimento, della gelosia.  Tutto nel poliamore è dichiarato, razionalizzato e, specialmente, consensuale. La “non monogamia etica” nasce infatti in contrapposizione alla non monogamia “non etica”, detta volgarmente “tradimento”, e probabile causa del crescente numero di separazioni e divorzi a livello mondiale.
La scelta del partner è di accettare di entrare o meno nel poliamore, dove non ci sono sorprese perché tutto è preventivamente dichiarato. La premessa teorica del rapporto poliamoroso non è di possedere un valore aggiunto rispetto alla monogamia (anche seriale), ma di razionalizzare la rete di relazioni che ognuno di noi  intrattiene, senza nasconderle al partner.

Confesso che la mia principale preoccupazione, di fronte a questa rivelazione, è stata di non riuscire a disegnare il grafico, complesso nella sua conformazione come un granello di neve al microscopio. Anche chi non è in un rapporto di coppia ha infatti la sua più o meno ricca rete di relazioni, unica, irripetibile, proprio come un cristallo.

Uno dei limiti che ho subito riscontrato nel poliamore è la pianificazione delle relazioni, in contrapposizione alla fluidità e imprevedibilità che le dovrebbe contraddistinguere. Poi mi sono rassicurata pensando ai tempi di importazione dell’idea nella nostra Italia: laica a parole, ma profondamente cattolica nei fatti.
Invece ho dovuto presto ricredermi: una mia alunna di quindici anni, alla domanda su con chi vivesse, mi ha risposto:
–  “Con i miei genitori, che sono separati, ma vivono insieme, con i loro rispettivi fidanzati.” 
– “E vanno tutti d’accordo?”
– “Certo, sono amici ed escono spesso tutti insieme” .
Ho cercato di non spegnere con ulteriori domande e commenti il sorriso e lo sguardo fiducioso con cui parlava, ed ho annuito.

Recentemente la sorella di un mio amico mi ha raccontato che al primo appuntamento organizzato tramite  Tinder, il suo ipotetico nuovo partner ha dichiarato di essere in un poliamore composto da lui, la sua ex (che non era riuscito a lasciare), e da un’altra ragazza. In questo caso il poliamore le è stato presentato con i connotati di un harem, in cui il soggetto maschile intratteneva rapporti sessuali con due donne, possibilmente tre, se lei accettava. Saggiamente non ha accettato. Mentre le altre due componenti del poliamore hanno accettato di “condividere” il partner. Bisogna ammettere che come inizio di una nuova relazione, la presentazione del poliamore con queste modalità non è molto coinvolgente. Probabilmente la maggioranza delle ragazze avrebbe rifiutato.

C’è il rischio che dalla versione poliamorosa che si sta diffondendo fra i giovani scaturisca l’ennesima trappola maschilista, che giustifica la vigliaccheria di non riuscire a chiudere una relazione, aggiungendo una o più donne al rapporto insoddisfacente.

La critica a questo modello poliamoroso “in aggiunta” nasce soprattutto dalla constatazione che molte donne hanno pagato con la vita la loro decisione di interrompere una relazione che non funzionava più.
La sbandierata trasparenza del poliamore non deve essere un nascondiglio in cui, dopo aver eliminato le bugie dette agli altri, si accumulano quelle dette a se stessi, perpetuando un modello di comportamento opportunistico che aspira al massimo senza la fatica della scelta, del conflitto, della rinuncia. In questo caso in questa “non monogamia” non ci trovo niente di etico.  

Un poliamore appagante deve avere possibilmente il carattere della simmetria, come nel caso della ragazzina con i genitori separati che hanno entrambi un nuovo partner, diversamente può diventare un modello di vita subìto e fonte di sofferenza del componente che ha meno rapporti (specie sessuali)

Un’altra criticità che riscontro nel poliamore è che spesso non viene dichiarato come tale, ma con l’espressione “frequento altre persone oltre a te” . In questo caso, conseguenza specialmente dei contatti via social, diventa fondamentale la più totale reciprocità: non dare l’esclusiva sentimentale ad una persona che a sua volta non la dà.
Anche nel poliamore le donne non possono smettere di difendersi da pratiche di dominio che, anche se sembrano buttate fuori dalla porta, rientrano facilmente dalla finestra con un colpo di vento.

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Eleonora Graziani

Laureata in pedagogia e filosofia, PHD in feminist studies presso l’Università di Coimbra. Ha insegnato in Italia e all’estero, in carcere e agli adulti stranieri lingua e cultura italiana. Filosofa femminista ha al suo attivo diverse pubblicazioni sulla mistica femminile.

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