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Dopo mesi di Allarme Siccità, l’’alluvione dei primi di maggio in Emilia Romagna, a seguito delle ingenti piogge concentrate in poche ore, che hanno causato l’esondazione di fiumi come il Montone, il Lamone, il Santerno e il Senio, dovrebbe far riflettere tutti,  e in particolar modo le amministrazioni regionali dell’Emilia Romagna e della Toscana, sulla fragilità del territorio dell’Appennino tosco-emiliano-romagnolo.

Insieme all’alluvione si sono verificate tutta una serie di frane che hanno causato disagi enormi e anche terribili tragedie. Sono morte delle persone e in centinaia sono dovuti sfollare dalle proprie case inagibili. Tra il 2 e il 3 maggio è caduta la stessa quantità di pioggia che normalmente cade in 3 mesi: da 150 a- 200 mm a seconda delle zone.

Uno dei fattori principali che influenza negativamente la corsa della pioggia dalla montagna verso la pianura accelerandola, è la diminuzione della capacità d’infiltrazione dell’acqua nel terreno che a sua volta è favorita invece dalla presenza della copertura vegetale, che trattiene l’acqua delle precipitazioni con la sua parte aerea, e con le radici ne facilita la penetrazione nel terreno. In particolare, nelle aree appenniniche soggette a frane e smottamenti, la copertura vegetale rappresenta una difesa importantissima e imprescindibile per la salvaguardia del territorio.

L’aumento del consumo di suolo che lo rende impermeabile all’acqua e la riduzione delle superfici boscate per lasciare posto a siti turistico-commerciali e/o industriali, come gli impianti eolici, cementificati e impermeabilizzati, rappresenta un grande pericolo per la stabilità dei territori sia quelli montani che quelli delle pianure confinanti.

Come ci insegnano i geologi e gli idraulici l’onda di piena di un bacino idrografico antropizzato è grande tre volte quella di un bacino naturale, e quella di un bacino impermeabilizzato addirittura sette volte. Questi dati dovrebbero far riflettere sull’opportunità di realizzare grandi opere di cementificazione nelle aree di montagna e di collina, di effettuare abbattimenti indiscriminati di aree boscate senza pensare a quelle che sono le conseguenze negative per tutto il territorio circostante e anche più lontano, ma che così lontano non è.

Tra le osservazioni che sono state inviate nei primi giorni di gennaio del 2022 da Italia Nostra sul Provvedimento autorizzatorio della Regione Toscana in relazione all’iter di approvazione dell’impianto industriale eolico sul monte Giogo di Villore, voglio ricordare quelle che riportavano le valutazioni dal punto di vista idrogeologico dei rischi ambientali per il territorio che derivano dall’impermeabilizzazione di ettari di suolo sia nella fase di realizzazione (impatto dei cantieri) sia durante il normale funzionamento delle pale eoliche, che funzioneranno da ostacolo per il movimento delle nubi che transitano sul crinale aumentando la concentrazione della pioggia nelle cosidette ‘bombe d’acqua’. 

L’interessante studio riporta come il solo basamento di un torre eolica, può portare in 15 minuti può portare ad un aumento di  6 metri cubi di acqua raccolta e non infiltrata e che si riverserà a valle lungo il pendio. Ancora un estratto dallo stesso studio: A seguito della costruzione dell’impianto eolico è stimato un incremento di 456 metri cubi delle portate totali che si riverseranno nei fossi dai crinali di Giogo di Villore in solo 15 minuti che, tradotto in peso, equivale a 456 tonnellate di acqua che verranno scaricate in soli 15 minuti e che si muoveranno con una velocità crescente, da una altezza sul livello medio mare di oltre 1.000 metri e quindi carica di una considerevole energia distruttiva esponendo così a rischio alluvioni tutte le zone a valle.”

Lo studio scientifico commissionato da Italia Nostra enumera con precisione i rischi di dissesto idrogeologico che correrà il territorio a causa della realizzazione  dell’impianto eolico industriale di Giogo di Villore: ,  cosi come vengono elencati dallo studio commissionato da Italia Nostra: 

Alterazione del sistema di smaltimento delle acque;

Aumento dell’erosione;

Aumento dell’esposizione a rischio inondazioni, frane e smottamenti dei territori a valle;

Aumento di rischio di dissesto idrogeologico;

Aumento delle portate idriche da smaltire, per ogni singolo impluvio del crinale del Giogo di Villore.

Per non parlare dei possibili inquinamenti delle acque piovane ad opera degli idrocarburi e degli olii minerali e di tutti le sostanze inquinanti che vengono usate nei cantieri per gli scavi  e che si disperderanno facilmente e velocemente ad opera delle acque meteoriche fino a valle.

Per questi motivi è sorto nel Mugello un movimento di cittadini e montanari che si sta battendo da tempo contro questo pericoloso progetto e per la tutela del patrimonio naturale e ambientale del nostro appennino. Il  Comitato per la Tutela del Crinale Mugellano  sta organizzando nuovi eventi per dire NO all’eolico industriale sul giogo di Villore e Corella!.  

Per contatti:
Comitato per la Tutela del Crinale Mugellano:  libericrinali@gmail.com 

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Marina Carli

Nata x sbaglio a Ferrara, migrata in Toscana per studiare vi è rimasta per amore degli ulivi e delle viti, a cui ha dedicato gran parte della sua vita di studentessa e di agronoma, promuoverndone la cura attraverso tecniche agricole migliorative di agricoltura biologica, ed imparando ad apprezzarne i prodotti nei panel di assaggio. Hobbies: appassionata di cicloturismo. Politicamente: impegnata nel movimento femminista, nel movimento No Tav, nel Consumo critico e nel volontariato a favore delle persone migranti. Ma la vera aspirazione della sua vita è’ fare la contadina… e prima o poi ci riuscirà!

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