per primo
si aprì
l’Atlantico
colato
dai barattoli
il suo blu
Brunito
dall’eterno
infinito
scorrere
nel violaceo
tramonto
sotto le colonne
di Ercole
passando
e ripassando
con una matita
leggera
leggera
trascrissi
gli avverbi
delle nuvole
su quei fogli
freddi
di acqua impennata
fino ad Atlantide
riscoperta
patria
del vento
della memoria
del mondo
le grandi gobbe
di questo dromedario
marino
che fa camminare
le utopie
nei giardini
della sapienza
tra le tuniche
delle etere
nelle danze
notturne
ai porti
di isole
anacoluti
campati
in cielo
e diari
di un filo
rosso
che si dirige
al Nuovo Mondo
di là
dall’altra parte
come briciole
di ricordi
per il cammino
arcipelaghi
e la terra
infine
che coltivò
la nostra
seconda vita
a seguire
fu il Pacifico
dove trovai
il paradosso
incarnato
nel nome
maestoso
di portento
di ventosa violenza
pioggia di storia
e l’uomo distrutto
dall’uomo
estinto
dalla materia
in polvere
ma fu là
nel pacifico
che scoprimmo
l’antichità
dei nostri cuori
delle Galapagos
come uova
sulla sabbia
calda
bianca
lucente
pronti a schiudersi
l’uno all’altro
i nostri umori
della preistoria
nel fazzoletto
di Pasqua
scrutammo
il mistero
della morte
e della memoria
la traccia
indelebile
e il nulla
potenza
fragilità
tutta ricamata
sulla barriera
corallina
superstite
il sorriso
degli arcobaleni
appoggiammo
le menti
sulla vita
per terzo
fu l’Indiano
col suo struggente
muoversi
nel crogiolo
del colore
intriso
della fiaba
tropicale
di pesci
lussureggianti
ignoti
misteriosi
fondali
una specie
di parole
coniate
sempre uguali
sempre diverse
e tutti
gli estremi
del vento
e della calma
che imbiancava
di rosso
la soffitta
dei nostri
sguardi
lì l’antico
è già nato
civile
la sapienza
era all’inizio
un fiore
completo
un blocco
granitico
di pensiero
le percosse
dell’abbondanza
sulla vita
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Roberto Dall’Olio
Commenti (2)
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maestosamente toccante.
Concordo, è maestosa e profonda. Il poeta sembra aver navigato sulla groppa di una balena, potendo vedere il Vicino e il Lontano nello spazio e nel tempo