Non amo molto gli ascensori, soffro di claustrofobia e poi sono un po’ il simbolo della vita, chi sale e chi scende. E a me scendere non piace molto…
Ma alcuni sono bellissimi, sanno di antico, come quelli Liberty intarsiati e ricamati di certi palazzi dell’elegante centro di Roma o di Vienna. Un gusto retro che porta indietro nel tempo e lascia immaginare raffinate e profumate signore degli anni Venti o Trenta, dall’odore di talco, in attesa di salire a un piano del palazzo per consumare un tè in compagnia di altrettante profumate amiche. Dolcetti e chiacchiere ad attendere.
Gli ascensori, in fondo, accolgono tutti e portano dove si vuole. Basta sapere dove. Basta chiamarli e arrivano, ti conducono proprio là. Fosse così per tante altre cose nella vita!
Il libro di oggi, Un giorno, un ascensore, di Cristina Petit e Chiara Ficarelli (Pulce edizioni) mi continua a far ronzare questa curiosa idea in testa.
Forse, non sono poi così male. Sono molto democratici. E disponibili, oltre che stakanovisti. E poi ci permettono di sbirciare un po’ nelle vite degli altri… Curiosando.
Accarezzo allora delicati disegni che portano idee altrettanto delicate, umanità che si sfiorano e s’incontrano, ogni giorno. Con attenzione, cura, rispetto, dedizione e pazienza.
Una giornata normale, in un condominio qualunque, di una città qualunque, e un ascensore che scende e sale, che sale e risale, e poi scende e riscende. Lavora molto, senza sosta, senza troppe pause o momenti di relax. Forse la notte c’è più calma.
Ognuno ha un motivo preciso per prenderlo, chi è allegro, chi più serio, chi va di fretta, chi meno, mentre la portinaia sorridente osserva, all’ombra della sua visiera bluette. Qualcuno si guarda allo specchio e si sistema il cappello, la sciarpa, gli occhiali o il trucco.
Primo viaggio. Inizia il postino, sono le 10.22, sale con 35 lettere dal mondo, 5 telegrammi dal mare e sette pacchi misteriosi. Chissà se porta sorprese, se reca belle o brutte notizie. Il telegramma magari annuncia una nascita o un matrimonio, i pacchetti potrebbero essere doni inaspettati, libri o giocattoli. Chissà, la curiosità è tanta. I viaggi continuano.
Scendono una simpatica zia che fa la maglia, fin dall’ottavo piano, una mamma tuttofare dalla comoda salopette e una mamma pilota. Tutte in quell’ascensore che sa un po’ di magico. Ci si scambia qualche parola. Alle 13.03 scendono i gemelli ribelli che si tirano i capelli, rumorosi, indisciplinati ma che prima o poi faranno pace.
Ci sono poi i due fratelli, noti artisti del quartiere, barba e occhiali rossi, a salire con pane, cioccolata e cibi vari, i sacchetti pieni di cose buone, chissà per chi.
Alle 16.33 compaiono altri bambini che si cercano, vocianti, i giocattoli in mano, amichetti di lunga data, nonostante la giovane età, si conoscono da sempre.
Ci sono poi allegre babysitter, vecchietti che portano a spasso il cane al vicino parco o giardino ingialliti dall’autunno, nonne con i capelli felici e tante caramelle blu che cercano i nipotini, signori con segreti nelle valigette, violinisti e cantanti, fattorini. Tutti salgono e scendono. Che viavai… quanta gente operosa e indaffarata. Quanta vita.
Ecco allora che alle 19.44 il simpatico vecchietto con il cane trova, sulla porta, un messaggio che dice: “ti aspettiamo di sopra, vieni, presto!”. Sorpresa da scoprire. In un giorno qualunque di un condominio qualunque. Perché la giornata finisca bene, tutto è bene ciò che finisce bene.
Un giorno, un ascensore, di Cristina Petit, Chiara Ficarelli, Pulce, 2020
Foto in copertina e foto ascensore rosso dalla pagina Facebook di Paola Marella
Libri per bambini, per crescere e per restare bambini, anche da adulti.
Rubrica a cura di Simonetta Sandri in collaborazione con la libreria Testaperaria di Ferrara.
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Simonetta Sandri
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