“Mi preoccupo molto se qualcuno non capisce qualcosa di ciò che scrivo”. Così diceva di sé Wisława Szymborska (1923 – 2012) preoccupata, quasi assillata di mantenere un costante, diretto rapporto verticale con chi la leggeva. La ricerca di una costante empatia fatta di profondi stati d’animo “mescolati” a vissuti di vita quotidiana, è la cifra della sua poetica. Il 2 luglio del 1923 nasceva a Kòrnik. Oltre alla Polonia, sua nazione natale, il centenario della nascita della poetessa (premiata col Nobel per la Letteratura nel 1996) verrà ricordato in tutto il mondo con eventi, mostre, reading, pubblicazioni. Un esempio, che può essere socializzato con chi ci legge, è la mostra Wisława Szymborska. La gioia di scrivere, inaugurata il 16 giugno scorso a Genova, al Museo d’Arte Contemporanea di Villa Croce e che sarà visitabile fino al prossimo 3 settembre. L’esposizione raccoglie, tra l’altro, 85 collage eseguiti dalla poetessa, massime e versi estratti (e videoproiettati sulle pareti) dai suoi componimenti e tanto altro. Nel 2021, al primo Reading ferrarese, organizzato dall’allora Collettivo Poetico Ultimo Rosso, decidemmo all’unanimità e senz’alcuna esitazione d’iniziare le mini-performance poetiche sparse per la città con la lettura della poesia “Ad alcuni piace la poesia”.
Ho pensato di regalarmi/ci una “pausa” poetica riportando queste tre poesie tratte da “La gioia di scrivere”, Ed. Adelphi, 2009.
Scrivere il Curriculum
Cos’è necessario?
E’ necessario scrivere una domanda,
e alla domanda allegare il curriculum.
A prescindere da quanto si è vissuto
il curriculum dovrebbe essere breve.
E’ d’obbligo concisione e selezione dei fatti.
Cambiare paesaggi in indirizzi
e ricordi incerti in date fisse.
Di tutti gli amori basta quello coniugale,
e dei bambini solo quelli nati.
Conta di più chi ti conosce di chi conosci tu.
I viaggi solo se all’estero.
L’appartenenza a un che, ma senza perché.
Onorificenze senza motivazione.
Scrivi come se non parlassi mai con te stesso
e ti evitassi.
Sorvola su cani, gatti e uccelli,
cianfrusaglie del passato, amici e sogni.
Meglio il prezzo che il valore
e il titolo che il contenuto.
Meglio il numero di scarpa, che non dove va
colui per cui ti scambiano.
Aggiungi una foto con l’orecchio scoperto.
E’ la sua forma che conta, non ciò che sente.
Cosa si sente?
Il fragore delle macchine che tritano la carta.
La cipolla è un’altra cosa.
Interiora non ne ha.
Completamente cipolla
Fino alla cipollità.
Cipolluta di fuori,
cipollosa fino al cuore,
potrebbe guardarsi dentro
senza provare timore.
In noi ignoto e selve
di pelle appena coperti,
interni d’inferno,
violenta anatomia,
ma nella cipolla – cipolla,
non visceri ritorti.
Lei più e più volte nuda,
fin nel fondo e così via.
Coerente è la cipolla,
riuscita è la cipolla.
Nell’una ecco sta l’altra,
nella maggiore la minore,
nella seguente la successiva,
cioè la terza e la quarta.
Una centripeta fuga.
Un’eco in coro composta.
La cipolla, d’accordo:
il più bel ventre del mondo.
A propria lode di aureole
da sé si avvolge in tondo.
In noi – grasso, nervi, vene,
muchi e secrezione.
E a noi resta negata
l’idiozia della perfezione.
Pi greco
È degno di ammirazione il Pi greco
tre virgola uno quattro uno.
Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali, cinque nove due, poiché non finisce mai.
Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo,
otto nove, dal calcolo, sette nove dall’immaginazione,
e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo,
ossia dal paragone quattro sei con qualsiasi cosa due sei quattro tre al mondo.
Il serpente più lungo della terra dopo vari metri si interrompe.
Lo stesso, anche se un po’ dopo, fanno i serpenti delle fiabe.
Il corteo di cifre che compongono il Pi greco non si ferma sul bordo della pagina,
È capace di srotolarsi sul tavolo, nell’aria, attraverso il muro, la foglia, il nido, le nuvole,
diritto fino al cielo, per quanto è gonfio e senza fondo il cielo.
Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino!
Com’è tenue il raggio della stella, che si curva a ogni spazio!
E invece qui due tre quindici trecentodiciannove il mio numero di telefono
il tuo numero di collo l’anno millenovecentosettantatré sesto piano
il numero degli inquilini sessantacinque centesimi la misura dei fianchi due dita
sciarada e cifra in cui vola e canta usignolo mio oppure si prega di mantenere la calma,
e anche la terra e il cielo passeranno,
ma non il Pi greco,
oh no, niente da fare,
esso sta lì con il suo cinque ancora passabile,
un otto niente male, un sette non ultimo,
incitando, ah, incitando
l’indolente eternità a durare.
LO SCAFFALE POETICO
Dalla scorsa settimana inseriamo nella rubrica alcune segnalazioni editoriali interne al mondo della poesia. Buona ricerca poetica.
- Rita Bonetti, D’amore e di altre storie, Bertoni Editore, 2021
- Moka, Vuoti d’aria, Le Mezzelane Casa Editrice, 2021
- Sergio Gnudi, E infine la fine, Eridanea Project Edizioni, 2023
Cover: Wislawa Szymborska su licenza Wikimedia Commons
La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio.
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Pierluigi Guerrini
Commenti (1)
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Sta nella semplicità la forza poetica di Wisława Szymborska, da un titolo comune, addirittura insignificante escono parole che ritraggono una realtà sfaccettata e caleidoscopica.
Grazie Gigi per averla pubblicata