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Ebbi ben presto abbastanza chiaro che il mio lavoro doveva camminare su due binari: l’ansia per una giustizia sociale che ancora non esiste, e l’illusione di poter partecipare in qualche modo a un cambiamento del mondo. La seconda si è sbriciolata ben presto, la prima rimane.
(Fabrizio De’ André)

Piango
con l’autunno,
le sue foglie,
i suoi figli.
Non c’è nulla
di più verosimile da fare
adesso.
Le parole sono pietre
che feriscono
chi non vuole ascoltarle
e nessuno vuole più
ascoltare
nulla.
Mi sento poesia
che sfida la guerra,
ma sono anche la
guerra,
che sfida l’impossibile.
Tutti siamo la guerra,
perché essa esiste.
Ma verrà il momento
che vorremo che non
esista più
e avremo tutti pena
di noi stessi.
Chiederemo scusa,
con l’anima sepolta
nella vergogna,
al vento,
all”acqua,
alla terra dove riposare
da vivi , non da morti.
Poi io me ne andrò,
a stringere il cielo,
come da bambina.

*

Come trascorre la notte,
di una terra
dissanguata?
Che odore ha il buio,
un tempo del sogno?
Come ci si prepara
al levarsi di un nuovo
sole?
Forse, rimane un gallo
che canta,
con migliaia di madri
che non serve svegliare,
nel loro pianto desolato,
sussurrate parole di
stelle
troppo lontane,
per i figli straziati,
per i figli appena
conosciuti.
Nulla anticipa più l’alba
del latte e del miele.
L’esistenza non è che
una poesia
scritta sulla sabbia,
imparata a memoria
e dimenticata.

*

Ci muore addosso,
un altro autunno.
Tornerà la neve
a smarrire il rosso
del fogliame,
del sangue
d’altri miserabili
senza terra amica.
E tutto sembra un
mondo
senza età,
che si compone e si
scompone
nel fiato caldo di Dio .

*

Si desta la luna,
sul mio impasto
d’ingredienti bianchi.
Ed è inghiottito
dal profumo dei limoni,
l’umido armistizio
della sera piovosa.
Un ritorno buono
di pacifiche serate,
quasi come
in un altro tempo.
Fragranze di uomini
raccontati.
come eroi stanchi,
alle guerre.
Sto preparando
i biscotti al limone
e penso che la pace
emani la stessa essenza.
Propagandosi
di confine in confine
come un vento di
zucchero,
ad asciugare il pianto
del mondo.

*

Non sento più
nessun vento che giochi.
Che porti via
elemosine di cielo
dagli occhi.
Che dirotti
quest’esistenza
ad un favore migliore.
Ad un sonno facile,
ad un giorno nuovo,
ad una comprensione
vera
di noi stessi.
Dov’è il tuo volto?
Non voglio perderlo.
Non sento più
nessun vento che tracci
il tuo volto, Dio.

Sonia Tri (Pordenone). Appassionata di scrittura, si dedica alla stesura di racconti in prosa, uno dei quali è scelto come racconto d’appendice nel libro ” Teologia della Follia” di Mattia Geretto (2013). Il suo esordio, invece, avviene qualche anno prima, collaborando ai racconti per l’infanzia del Corrierino del Friuli Venezia Giulia, con Guglielmo Donzella editore. Le sue poesie presenti in molte antologie, sono raccolte in buona parte in due sillogi: “Senti come respirano gli alberi” (2012);  “I colori del cielo a settembre” (2020). Di queste, l’autrice cura la pagina FB: Le parole di Sonia Tri. In “Parole a capo“, abbiamo pubblicato altre sue poesie l’1 luglio 2021 e il 17/02/2022.

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio. Per leggere i numeri precedenti clicca sul nome della rubrica.

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Pierluigi Guerrini

Pier Luigi Guerrini è nato in una terra di confine e nel suo DNA ha molte affinità romagnole. Sperimenta percorsi poetici dalla metà degli anni ’70. Ha lavorato nelle professioni d’aiuto. La politica e l’impegno sono amori non ancora sopiti. E’ presidente della Associazione Culturale Ultimo Rosso. Dal 2020 cura su Periscopio la rubrica di poesia “Parole a capo”.

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