Parole a capo /
Monica “Moka” Zanon: “Vuoti d’aria” tra cielo e poesia
Tempo di lettura: 3 minuti
Moka (all’anagrafe Monica Zanon) ha imparato a comunicare con la poesia durante gli studi tecnici che le sono serviti per apprendere l’arte della manutenzione degli elicotteri.
Il “vuoto d’aria”, anche se si riferisce a quando l’elicottero perde quota all’improvviso, è un’espressione errata, come scrive l’autrice nella breve nota introduttiva, “perché non può esserci assenza d’aria altrimenti non potremmo volare o vivere. Eppure il ‘vuoto d’aria’ è la metafora perfetta che rappresenta ciò che accade nel volo della mia vita.“
Una poesia in cui si rincorrono, si sfidano legami profondi con la propria terra e desiderio di assaporare briciole d’infinito mentre s’incrocia l’aria vista di profilo.
Ho volato volato volato
Ho volato volato volato
sui tempi d’oro
della gioventù dirò,
ho camminato
su storie incredibili.
I tumulti sono orme
infilate in passaggi stretti,
misurati con le mie ossa,
tuffi in grandi attese.
Salvati!
Ho urlato nelle mie orecchie,
perché cadere
è rendersi fragili:
si sfilano le tracce di noi
e a nulla serve lasciare
nuvole di memoria.
Non ci sono più misure
in cui riconoscersi.
L’orecchio discute, sente i messaggi del vento. Una dialettica del dialogo tra significato e suono.
Il profondo legame con la natura, in cui Moka è immersa mentre dall’alto della sua casa guarda lontano oltre il Lago Maggiore, con quello che qualcuno chiama Creato, lo senti, lo fissi in “Reggi l’anima coi denti”.
Reggi l’anima coi denti
Ci laviamo con le lacrime
il viso nel risveglio,
hai una voglia di ciliegie in bocca,
mentre fissi il soffitto di stelle.
Reggi l’anima coi denti
senti il suono della ranza
e il profumo dell’erba nel latte,
c’è un po’ di gelosia nel tuo respiro
per i colori dei fiori ancora da travasare.
Terra e cielo dialogano di continuo, si rimandano segnali colorati in carenza d’infinito. Guardare la terra dall’alto per abbracciarla e lasciarsi passare dai sentimenti. Nell’aria dei pensieri.
Tante sono le parole che sentiamo e tante sono quelle che non ci arriveranno mai. Anche vicino a noi.
La siccità del vuoto
Si svuota la casa
in poco tempo,
i vestiti i cappotti,
non resta nulla di sé,
restano i muri a secco
resta la siccità
del non detto.
Liriche spesso brevi, che punteggiano una quotidianità capace di unire una malinconia sotterranea e una poesia che irrompe impaziente.
L’impazienza della poesia
Avvolta in una tuta da meccanico,
con la malinconia liquida nel petto,
volevo fare il pilota d’elicottero
solo in autorotazione recupero i battiti,
ma l’impazienza della poesia
mi ha insegnato a volare.
Ogni tanto traspaiono, emergono cenni “biografici”, desideri di una vita personale attenta all’essenzialità, alla positività nei rapporti personali. Iosif Brodskij scriveva che “in poesia, come in qualsiasi altra forma di discorso, il destinatario non è meno importante del parlante”.
Atlante di vite insoddisfatte
Infinitamente insoddisfatti
distratti distruggiamo gli altri,
in vece portiamo acri disappunti
di un sogno irraggiungibile chiamato vita.
Se fossimo davvero attenti
non perderemmo tempo con inutili parole
compiacendo il nostro ego infelice,
ago che cuce indefinite amarezze.
Monica Zanon, in arte Moka (1982) è nata e vive a Solcio di Lesa (NO). Nel 2014 ha fondato l’Associazione Licenza Poetica, insieme ad alcuni amici. Alcune sue pubblicazioni: “L’orso logorroico”, Youcanprint, 2016; “La casa dell’indigeno“, Youcanprint, 2017; “Nella mia selva sgomenta la tigre“, Le Mezzelane Casa Editrice, 2018; “Un tempo assente“, Le Mezzelane Casa Editrice, 2019; “Difettosa“, Youcanprint, 2020; “Buchi temporali“, Youcanprint, 2020; “Vuoti d’aria”, Le Mezzelane Casa Editrice, 2021. Crea e collabora all’organizzazione di eventi letterari. Cura il suo sito personale (www.mokaend.com) e la collana digitale “I Girini” di poesia de Il Babi Editore.
Nella rubrica Parole a Capo abbiamo pubblicato altre sue poesie il 26/11/2020.
La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio.
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Pierluigi Guerrini
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