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“Mi feci tante domande che andai a vivere sulla riva del mare e gettai in acqua le risposte per non litigare con nessuno.”
(Pablo Neruda)

Nadir

Il blando grido dei gemelli
è l’onda sulla rivista bianca
che increspa l’esistenza,
dimora lieta dei segni
che ricompone un quadro
da ciò che scompare

La mossa atta a offendere
è un placido bacio di fate
distratte, il silenzio di neve
e l’acufene, gioia
che lasciava le stanze
la cuspide inerme. Attende,
che l’agguato sia propizio

Pedestri sguardi dove il cielo
è luce sull’acqua e la stessa danza
degli astri decide la significanza
dei passi. Con loro la mia voce
si è spostata a ritroso
nella confusione presente,
come un granchio

Faccio fronte con la fuga
agli alvei di una domanda

– dove sei?

 

Cerchio

In girum imus nocte
et consumimur igni

Sei il Palinsesto palindromo
a cui biascicando m’abbarbico
cercando uno stralcio di segno,
imporre nomi nei loops eterni
dell’automazione: la vergogna
dei presagi: i calli. Mani
protese che palpano e sanno
cosa non stringono

Il rilievo di un sonno senza sogni
sottrarsi alla legge degli intoppi,
muovere nuovi passi
liberi – nel vano vanto
del metallo – ogni smacco
si mescola alla stele
di un linguaggio:

uno zero zero uno

discente dell’ignoto
rimetto alla conta
il capo perduto
della matassa:

uno zero zero due

 

Ansia

Una piccola pila di segreti
e poco più; il turbinio
di pensieri si dirada a stento
mi segue, chiassoso,
fin sul confine
della darsena

Avessi un commiato
o la riconoscenza tra le dita,
un foglio di via da stringere forte
forse prenderei il largo,
come chi va verso sera
in balia dell’ignoto

Falsa rotta che muovi
a vuoto la nave,
io non ti ho scelto.
Eppure l’orizzonte avanza,
ma non vedo altro approdo
che la cova di segreti
chiusi a stento nella stanza,

il mare immenso
è la risacca

 

Guado

Ogni trama tetra
svincola dalle dita
la ferrea presa di sogni inermi:
ciottoli di un fiume
dove ti faccio d’acqua costretta
sempre alla schiva e ostinata presa

Saperti assente
all’agguanto furibondo,
tra le spensierate genti
stese assenti per i prati,
non mi fa certo ressa
tra pensieri d’intemperie,
di burrasca

Il tuo corso placido
non ha che un seguito:
in sonno come in veglia
farti ospite gradito
L’innato asilo che ti devo
è l’unico divino avvento
che mi scampi dalla pioggia

 

Memento

Tra seguiti e seguaci
sperperi volti, come cavie
alla solenne prova di vita
cui sei sempre assente

Vedi come qui non devi
che fare quello che ti pare?
Fuggire adulare la gente,
o reggere lo scettro

Mai, mi fossi arrischiato
a un inchino, o posato
congiunto speranza alle labbra:
fine arte dell’inganno

L’assenza ti precede – notifica
la spola confusa di segni nel buio –
e la vita – in cui t’insinui
e che invadi – avanza
tumefatta dal ricordo,
tra le macerie dei tasti
in cui attenti un raccordo

 

Matteo Finoglietti è un poeta torinese di 29 anni. Inizia a “giocare” con le parole all’età di 6 anni, prendendo consapevolezza durante l’adolescenza della propria passione per la poesia. Studia al liceo scientifico Piero Gobetti di Torino per poi diplomarsi all’istituto magistrale Domenico Berti con un diploma a indirizzo musicale. Al liceo Gobetti conosce l’insegnante di Letteratura e Latino Paola Valpreda che, insieme allo scrittore torinese Salvatore Tripodi, seguirà il suo percorso di crescita letteraria, fornendo consigli e letture.
Dopo il diploma, Finoglietti lavora come insegnante di scacchi, steward e cameriere; trovando tuttavia il tempo di dedicarsi con impegno all’arte, in particolare alla poesia e alla musica.
Si dedica anche allo studio delle lingue, in particolare l’inglese, il giapponese e il francese. Attualmente cerca una casa editrice che apprezzi la sua silloge per una pubblicazione. Le poesie qui pubblicate sono tutte inedite. La proprietà dei testi è dell’autore.

La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Ferraraitalia/Periscopio. Per leggere i numeri precedenti clicca [Qui]

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Pierluigi Guerrini

Pier Luigi Guerrini è nato in una terra di confine e nel suo DNA ha molte affinità romagnole. Sperimenta percorsi poetici dalla metà degli anni ’70. Ha lavorato nelle professioni d’aiuto. La politica e l’impegno sono amori non ancora sopiti. E’ presidente della Associazione Culturale Ultimo Rosso. Dal 2020 cura su Periscopio la rubrica di poesia “Parole a capo”.

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