Parole a Capo
Maria Mancino: Una memoria che resiste all’incedere del tempo
Tempo di lettura: 3 minuti
Da qualche mese è uscita la nuova prova poetica di Maria Mancino, in arte “Maggie”. Un titolo “La memoria della betulla” (Il Babi Editore, gennaio 2024) che unisce ricordi/memoria con l’immagine della betulla, una pianta flessibile, molto resistente e capace di resistere anche in luoghi molto poveri di risorse. C’è un costante confronto, incontro, allontanamento tra l’illusione e la realtà. Un paio d’esempi:
Gioco d’azzardo
Punto sul nero degli occhi
e non vinco
Punto sul rosso del sangue
e perdo
Gira e gira la ruota
si ferma su numeri senza valore
riempie le tasche di falsi denari
e sfida la sorte
che ha negli occhi la morte
Gioco d’azzardo con la mia vita
punto tutto su quella che sono
e gioco a difendere
ogni illusione
Mentre tornava la luce
Avverto il destino di un filo
che penzola tra due tralicci
senza energia
Non vi è amore nello spazio
tra il metallo e il taglio
solo i battiti d’ali
di un falco che non sa
Ho scritto parole feroci
per condannare lo squarcio
L’illusione ha cancellato il significato
mentre tornava la luce
Tra le parole chiave, emerge “prepotente” il tema della notte. La notte è spesso fonte di ricordo, di sogni che si combinano in maniera strana. Appaiono persone, situazioni paradossali. Non so se succede anche a “Maggie” ma a me succede di alzarmi nel cuore della notte e prendere una matita e un foglio per impressionarvi parole che mi chiedono di non essere dimenticate dall’arrivo del mattino. A volte emerge il dolore e fare i conti con questo stato d’animo è difficile, troppo spesso impari, ma il cuore mi/ci dice che non ci si deve arrendere mai, per cercare di rinascere.
Che era notte
Ho sentito il dolore
squarciarmi dentro
come un aratro che
affonda il terreno
Ho annusato il sangue
l’ho assaporato
come fosse cibo
Ai piedi della morte
ho seppellito la paura
e dal suo ventre
sono rinata
Che era notte
Aspetto l’alba
Si riversa nel cuore la pioggia
come fosse di pianto e di sangue
Dalle pozzanghere farà sparire
il ristagno
e ai fiumi ruberà gli argini
Aspetto l’alba bagnata
e il sorriso umido
di chi della notte
ne ha fatto il suo giorno
Il duro richiamo della realtà, della brutalità di un mondo bugiardo e insensibile emerge, in particolare, in due poesie:
Come avvoltoi
Come avvoltoi le nuvole
possiedono il cielo
in un volo di morte
La solitudine si prostituisce
all’aria nuda del mattino
Un uomo vestito di silenzio
rovista nelle tasche
in cerca di parole
Sui sedili di un treno
Occhi saldati sulle pieghe
sporche di vestiti rotti
dal lungo viaggio
e tra lunghi capelli
unti di indifferenza
Nessuna possibilità s’intravede
tra le catene che cingono colli e polsi
e negli sguardi fissi che osservano
Come fosse l’adolescenza
una vetrina del particolare
Eppure sono così belli
sotto l’ingenuo addobbo
di una violenta apparenza
Testimone del pregiudizio
buco l’aria con il respiro
mentre il treno annuncia
la mia fermata
In quest’ultima poesia s’intreccia anche il tema degli adolescenti questi sconosciuti.
“La memoria della betulla”, nella sua apparente semplicità, ci riporta immagini e situazioni d’infanzia. L’infanzia di Maggie quando “crescevano poesie”. A conclusione di questo breve excursus, voglio ripartire dal filo naturale che dà corpo a questa intensa silloge.
La memoria della betulla
Ti scioglierò le trecce vita mia
ai piedi di una betulla nera
ti slegherò dai lacci di falasco
aggrovigliati intorno al capo
Terrò legati i tuoi tormenti
al tronco dell’albero maturo
e su corteccia bianca
scriverò come fosse carta
Ti aspetterò nutrendomi
di linfa zuccherina
e quando una notte tornerai
ti leggerò nuove poesie
e del passato soltanto la betulla
se ne ricorderà
La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio. Per leggere i numeri precedenti clicca sul nome della rubrica.
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Pierluigi Guerrini
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