“Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere.”
(Ennio Flaiano)
A TE
A te
ho donato
le mie virtù di sogno
le ansie palpitanti
la carità di suono.
Timorosa
questa luna errante
nascosta dietro coltri che non so.
Trepidante il mio cuore rosso marezzato.
A te
ho donato
le mie incertezze
le stagioni inquiete
e questo sangue imprigionato.
Benigna
questa Natura
assetata di visioni
e d’ebbrezze.
Impaziente
questa vita
che non conosco.
Sulla mia terra
c’è ancora
il tuo nome.
Il cielo
nell’azzurro
infinitamente
l’ama.
(tratta dalla raccolta “E l’alba?”, Manni Editori, 2015)
Di notte,
quando l’anima rinsecchisce,
urlo, sbraito,
incalzo il ricordo.
La mia anima
è un paese straziato,
croci di pianto
trasporto
ogni notte.
Solo le mie mani
e la mia bocca
sui tuoi seni
placherebbero il dolore.
Solo l’eco
di sussurri marini
mi ridà
il tempo e lo spazio.
Potessi uscire all’aperto.
Potessi
toccare ora
l’angelo
capelli color castagna
e piantargli nel cuore
un’ipotenusa di sole.
(Versi tratti dalla raccolta “E ancora vieni dal mare”, Manni Editori, 2012)
Toglimi di dosso
quest’ansia sorda
perché io possa rivedere
la loquacità del cielo.
Aprimi lo spazio
delle venature dell’anima,
perché le scorribande d’amore
possano essere di porpora
come i papaveri di fine maggio.
Troppo tempo
mi sono affannato
silente
nei porti
della rimembranza.
Ma ora è tempo
del ciliegio,
è tempo
del tuo corpo d’incanto.
Troppo tempo
tramortito dal vento
non ho colto
il fiore.
Tu dammi
il colore della passione
e l’intreccio delle tue mani
strette alle mie,
ch’io possa contenere
tutta la leggerezza
del mondo.
(Versi tratti dalla raccolta “Fra le pieghe del rosso”, I Quaderni del Bardo Edizioni, 2022)
Terra rossa di sangue,
terra scorticata
dai venti di tramontane.
Terra
dei soli d’estate.
Questa è la tua terra,
madre fanciulla,
la terra
che vivesti, che amasti
e m’insegnasti
nei tuoi racconti quotidiani.
Questa è la tua terra,
madre,
che alligna ancora oggi
nelle pieghe delle tue mani,
nei solchi delle tue rughe.
Sempre rimembri
la storia
di chi ti fece amare
la fatica il sudore il decoro.
E le ginocchia sbucciate
fra i filari di tabacco.
Rimembri,
madre,
il contegno
di chi ti indicò
un cammino praticabile.
Madre,
la tua lieve parola
è pane che nutre,
giorno che nasce di continuo,
la mia patria
d’eterna appartenenza.
(Versi tratti dalla raccolta “Il cielo degli azzurri destini”, I Quaderni del Bardo, 2021)
Le poesie sono pubblicate su espressa autorizzazione dell’autore.
Marcello Buttazzo è nato a Lecce e vive a Lequile, nel cuore della Valle della Cupa salentina. Ha studiato Biologia con indirizzo popolazionistico all’Università “La Sapienza” di Roma. Ha pubblicato decine di opere, la maggior parte di poesia. Scrive periodicamente in prosa su Spagine (del Fondo Verri), nella rubrica Contemporanea, occupandosi di attualità. Tra le pubblicazioni in versi ricordiamo: “E l’alba?” (Manni Editori), “Origami di parole” (Pensa Editore), “Verranno rondini fanciulle” (I Quaderni del Bardo Edizioni). La sua ultima raccolta pubblicata, nel 2022, è “Fra le pieghe del rosso” (I Quaderni del Bardo Edizioni).
La rubrica di poesia Parole a capo curata da Pier Luigi Guerrini esce regolarmente ogni giovedì mattina su Periscopio.
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