Numeri / L’Italia delle armi:
cresce la spesa militare sia in Italia che in tutta Europa
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L’Italia delle armi: cresce la spesa militare sia in Italia che in tutta Europa
Le spese militari dei paesi Nato membri dell’Unione Europea sono aumentate negli ultimi 10 anni di quasi il 50% (da 145 miliardi del 2014 ai 215 miliardi di euro nel 2023 (230 mln di dollari) a prezzi costanti 2015 (fonte: Nato). Si tratta di un importo superiore al Pil annuale del Portogallo. Con la guerra in Ucraina, le spese militari per il 2023 dovrebbero aumentare di quasi il 10% in termini reali rispetto al 2022.
I paesi Nato dell’Ue spendono l’1,8% del loro Pil per le forze armate. In un decennio, l’Italia ha aumentato la spesa militare reale (a prezzi costanti) del 26%.
Le spese più in crescita sono per acquisto di armi ed equipaggiamenti e le importazioni di armi da paesi esterni sono triplicate tra il 2018 e il 2022, metà delle quali proviene dagli Stati Uniti (fonte: Sipri).
Non stupisce quindi che gli Usa spingano per arrivare al 2% del Pil della spesa militare in Europa in quanto ciò significa aumentare l’import di armi dagli Usa.
Nel decennio 2013-2023, la spesa militare è cresciuta in Italia, come si diceva, del 26%, mentre il Pil cresceva del 9%, l’occupazione del 4%, la spesa pubblica del 13%, la spesa per la salute dell’11% e quella per l’istruzione del 3%. La priorità per le risorse pubbliche è stata il sistema militare anziché la spesa sociale.
Per documentare queste politiche di riarmo e le loro conseguenze Sbilanciamoci! e Greenpeace hanno realizzato l’ebook “Economia a mano armata 2024. Spesa militare e industria delle armi in Europa e in Italia” che si può scaricare dal 2 maggio sul sito Sbilanciamoci.info.
L’ebook ha la prefazione di Carlo Rovelli (che anche il Corriere della Sera ha pubblicato il 1° maggio), il quale rammenta che siamo in una situazione molto rischiosa in quanto la valutazione periodica degli scienziati del Buletin of the Atomic Scientistis indicano un livello di rischio (di conflitto nucleare) mai raggiunto in passato. Si parla apertamente di conflitto atomico tra Russia e NATO. Si tratta di darsi tutti una calmata e come dice Rovelli “trovare leader ragionevoli che cercano soluzioni e non soffino sul fuoco. La maggiore responsabilità è sulle spalle dell’Occidente, perché detiene ancora, per ora, il potere dominante e può decidere se accettare la rinegoziazione dell’equilibrio resa inevitabile dalla diffusione della prosperità diffusa nel mondo o rimanere arroccato a qualunque costo alla sua attuale posizione di dominio. L’Europa al momento sembra spersa e purtroppo l’Italia è in prima linea (nel riarmo), mentre altri paesi come Irlanda, Spagna, Austria cercano posizioni di equilibrio e neutralità”. Peccato perché l’Italia ha avuto per 50 anni nel dopoguerra una posizione molto apprezzata dal resto del mondo e dai paesi “non allineati” (nonostante fossimo nella NATO): un patrimonio di fiducia e di ruolo diplomatico strategico nel mondo che stiamo gettando al vento.
Una parte rilevante dell’ebook è dedicata alla traduzione italiana del Rapporto di Greenpeace “L’Europa delle armi. La spesa militare e i suoi effetti economici in Germania, Italia e Spagna”, pubblicato in inglese nei mesi scorsi, da cui sono tratti i dati sopra riportati. Lo studio analizza la crescita della spesa militare in Europa nel quadro dell’andamento delle economie, mettendo a confronto gli effetti su crescita e occupazione della spesa per armi e della spesa sociale e ambientale. I risultati mostrano che spendere per le armi è un “cattivo affare” – anche solo in termini puramente economici – rispetto a investire in campi civili.
L’intreccio tra spese militari e industria delle armi è analizzato da Francesco Vignarca, responsabile della Rete italiana per la pace e il disarmo. Raul Caruso esamina la questione dell’integrazione europea nella spesa militare. Sofia Basso, che ha coordinato il lavoro per l’ebook, presenta un quadro delle missioni militari all’estero che hanno l’obiettivo di proteggere le fonti energetiche nei paesi in conflitto. Un contributo importante è quello di Gianni Alioti che presenta la struttura del settore, la classifica delle maggiori imprese delle armi – da Leonardo a Fincantieri -, la gerarchia esistente tra i produttori, la scala multinazionale delle attività, la dimensione finanziaria che diventa sempre più importante, i dati sull’occupazione. Un approfondimento sul caso del nuovo caccia Tempest, un’inconsueta co-produzione internazionale che coinvolge l’Italia, è offerto da Guglielmo Ragozzino, mentre Giorgio Beretta presenta il quadro delle esportazioni italiane di armamenti, mostrando le responsabilità del nostro paese nei conflitti in corso.
I contributi del volume documentano come la maggior spesa militare non porti a una maggior sicurezza ma al contrario conduca l’Italia e l’Europa lungo una traiettoria di minore prosperità economica, minore creazione di posti di lavoro e peggiore qualità dello sviluppo. Le alternative – maggiori spese per l’ambiente, l’istruzione e la sanità – avrebbero effetti economici più positivi sulla produzione e sull’occupazione, e contribuirebbero ad affrontare i problemi sociali e ambientali che abbiamo di fronte.
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Andrea Gandini
Commenti (1)
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Sembra che abbiamo deciso di fare la fine dei lemming…
Con la sola differenza che quella dei lemming era una bufala, mentre noi facciamo sul serio.