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Come dovrebbero funzionare le Banche e come non funzionano
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Banche: come dovrebbero funzionare e come non funzionano
Secondo uno studio de Il Sole 24 ore le sei maggiori banche in Italia (Intesa San Paolo, UniCredit, Mediobanca, banco BPM, BPER, MPS) hanno ottenuto nel primo semestre 2023 profitti superiori del 60% allo stesso periodo 2022 (11,5 miliardi anziché 4), che pure era stato un semestre ottimo e dovrebbero essere circa 36 miliardi i profitti nel complesso.
Le banche hanno aumentato i tassi dei prestiti e mutui, che sono passati per le famiglie dal 2% al 4-5-6-7% e per le imprese (specie quelle piccole e artigiani) anche al 10-11% (ma ci sono anche casi superiori). La scusa è che la BCE (Banca Centrale Europea) ha alzato i tassi – da 0 che erano 14 mesi fa – al 4,25% per combattere l’inflazione. A parte il fatto che questa restrizione monetaria avrà effetti tra 12-18 mesi, quando cioè i prezzi saranno già scesi (in Italia sono al 5,9% oggi), è un buon motivo per le banche per chiedere più soldi a coloro cui li prestano.
Ma non dicono, le banche, che continuano a pagare i depositi ai loro clienti (2.600 miliardi) ad un costo medio che è di circa 0,73%, che scende per i depositi non vincolati a 0,32%, quando 14 mesi fa era 0,02% (fonte ABI).
Non è quindi esattamente rispondente al vero che prendono soldi dalla BCE al 4,25% e basta: usano (anche) i depositi dei loro clienti (che pagano con tassi ancora prossimi a zero) e fanno pagare invece molto cari i prestiti, specie alle imprese piccole.
E’ così che si fanno “le budella d’oro” (extra-profitti) mentre però contribuiscono a distruggere il lavoro reale delle imprese (specie se piccole) e degli artigiani che ovviamente riducono le assunzioni e investono sempre meno (-37% in un anno, visti anche gli alti tassi di interesse), quando non falliscono, gravate da rate che non riescono più a pagare.
In altri paesi, come la Germania, il 40% delle banche è ancora pubblico o statale. Da noi sono tutte private – con una parziale eccezione, che peraltro terminerà con la prossima dismissione della quota pubblica, costituita da Monte dei Paschi.
Il Governo Meloni, più furbo del precedente, propone una tassa sugli extra-profitti delle banche (poi vedremo se alla proposta seguirà la realtà e quante realmente saranno; ricordate Draghi con il naufragio di fatto della misura di prelievo sugli extra-profitti delle imprese energetiche?), ma basterebbe imporre alle banche di alzare i tassi che pagano ai loro clienti o fare in modo che la differenza tra tassi pagati ai depositanti e a chi li chiede in prestito non ecceda il 5%, che è appunto il costo del servizio bancario (stipendi dei lavoratori bancari, spese fisse, etc.). Ma questo violerebbe le sacre regole del “libero mercato”, siamo o no una democrazia neo-liberale?
Poi, siccome dal 1999 tutte le banche possono fare speculazioni finanziarie, vanno in giro tra le piccole imprese in difficoltà a proporre di chiudere tutto e di investire sui mercati finanziari il patrimonio della vendita con la prospettiva di lucrare di più e faticare meno, cioè passare da imprenditore (che fa funzionare un’azienda con tutti i problemi che ci sono) a redditiero da finanza speculativa (magari green).
Così va l’economia occidentale nel XXI secolo: con una finanza speculativa che distrugge gradualmente l’economia reale, finché non crollerà anche quella finanziaria (i soldi non si fanno a lungo se non c’è dietro del lavoro vero e, in ogni caso, lucrare con la speculazione finanziaria è un furto fatto a chi –altrove- lavora, spesso i paesi poveri): così ci troveremo tutti con le “pezze nel culo”, anche se siamo una democrazia neo-liberale.
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Andrea Gandini
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