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No partita Iva per le attività associative. Appello del Forum Terzo settore

Riceviamo e pubblichiamo l’appello del Forum Nazionale del Terzo Settore
Il nuovo regime Iva per il Terzo settore che, in assenza di interventi normativi entrerà in vigore dal 1 gennaio 2025, rischia di causare la riduzione, se non addirittura la cancellazione, di numerose attività e servizi alla cittadinanza, senza peraltro apportare nuove entrate per le casse dello Stato.

Pur non dovendo pagare l’imposta, infatti, gli ETS non commerciali saranno costretti a dotarsi di partita Iva e ad assolvere così una lunga serie di adempimenti burocratici e amministrativi, particolarmente gravosi e difficilmente sostenibili soprattutto per le realtà sociali più piccole, che rappresentano la gran parte del Terzo settore nel nostro Paese.

Per questo motivo il Forum Terzo Settore, in vista della discussione della nuova Legge di Bilancio, lancia l’appello a Governo e Istituzioni: È valore sociale, non vendita. No alla partita Iva per le attività associative del Terzo settore.

La richiesta è “che si trovi una soluzione definitiva a un problema, nato dall’apertura di una procedura d’infrazione europea nei confronti dell’Italia, che si trascina e che denunciamo da anni. Ma, stando a quanto si legge finora, la bozza della Manovra 2025 non contiene nulla a riguardo”, dichiara Vanessa Pallucchi, portavoce del Forum Terzo Settore.

“Nelle scorse settimane abbiamo presentato una nostra proposta al viceministro all’Economia Maurizio Leo, che mantiene per il Terzo settore il regime di esclusione Iva e offre una risposta adeguata alle questioni aperte. In attesa di ricevere riscontro dal Governo, sale la preoccupazione tra gli Enti di Terzo Settore”.

“Temiamo che a livello politico non sia stata compresa l’importanza di questo tema per la sostenibilità del Terzo settore, dunque anche per la coesione dei territori, la partecipazione delle persone e lo sviluppo delle comunità. Ecco perché nei prossimi giorni intensificheremo il lavoro di informazione e denuncia su questo fronte, augurandoci di trovare questa volta una concreta volontà da parte delle istituzioni di giungere a una effettiva risoluzione, che tuteli il Terzo settore e la libera associazione dei cittadini” conclude Pallucchi.

L’Appello del Forum del Terzo Settore

È valore sociale, non vendita
No alla partita Iva per le attività associative del Terzo settore

Dal 1° gennaio 2025 le attività associative del Terzo settore saranno soggette ad Iva. Le previsioni formulate dal Governo obbligheranno infatti gli enti a un forte e costoso aggravio burocratico tra cui, di fatto, il registratore di cassa.

Abbiamo proposto al Governo una soluzione affinché l’entrata in vigore della norma non valga ad alcune condizioni.

L’aggravio riguarderà peraltro anche i conti pubblici, perché lo Stato rischia di dover rimborsare l’eventuale Iva non recuperata dalle associazioni al momento delle erogazioni delle prestazioni mutuali, ovvero quelle rivolte ai propri soci.

Le associazioni del Terzo settore in Italia aggregano milioni di persone che organizzano nelle città e nei territori risposte ai bisogni delle comunità, alle fragilità, alle disuguaglianze. Generano relazioni e costruiscono prossimità sotto forma di spazi aperti, cultura, socialità. Sono espressione della libertà dei cittadini di associarsi per il benessere del Paese. Una libertà sancita anche dalla Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione Europea e riconosciuta dalla Costituzione italiana.

L’Iva sulle attività mutuali sarà quindi un colpo alla stessa libertà di associazione. Le associazioni sostengono le proprie attività sociali con l’autofinanziamento e la condivisione delle spese: equiparare tutto ciò alla vendita è falso ed offensivo perché lede l’effettivo esercizio della libera partecipazione delle persone, specie dei meno abbienti, ed equipara la solidarietà al commercio.

Associarsi e condividere le spese che si sostengono per i propri soci non è vendere.

Non chiediamo al Governo di opporsi alla procedura d’infrazione europea che ha imposto questo passaggio, ma, così come avviene ora, il riconoscimento di esclusione dall’Iva per l’associazionismo del Terzo settore per quelle attività senza diretta corrispondenza tra contributi versati dai soci e costi effettivi sostenuti. Esclusione che, va ricordato, è già prevista per altri soggetti, peraltro senza alcuna condizione particolare circa l’equilibrio tra spesa ed incasso.

Il Terzo settore e l’associazionismo contribuiscono allo sviluppo e alla coesione sociale del Paese.
Per questa ragione la Corte costituzionale, valorizzando il portato della legge di riforma, ne ha riconosciuto il ruolo nella realizzazione di attività di interesse generale a favore delle persone e delle comunità.

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