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Ferrara film corto festival

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Allo European Projects Festival si condividono emozioni. Visitabile ancora fino all’8 aprile all’Ex Teatro Verdi, la mostra del fotografo naturalista Milko Marchetti

Vincitore, per la dodicesima volta consecutiva, della Coppa del Mondo di Fotografia Naturalistica, Milko Marchetti, vero (e noto) talento cittadino, ieri sera ha condiviso un mondo magnifico con il suo pubblico. Lo ha fatto nella serata di presentazione delle due mostre, “Un Po di bianco e nero” e “European Nature Moments”, allestite, grazie a Studio Archeo900, all’ex Teatro Verdi, e visitabili fino all’8 aprile.

Le serate di presentazione del suo lavoro, fatto di immensa passione e dedizione, sono, introduce Milko, momenti di emozioni naturali, pensate e fatte per condividere almeno una delle tante vissute durante un clic. Quel clic che per uscire perfetto necessita di studio, preparazione, attesa, sacrificio e molta pazienza. Dietro le immagini ci sono anche tende, zaini, droni, cieli stellati, diapositive, ali.

Due mostre, la prima, “European Nature Moments”, legata alla natura di Europa, Islanda, Norvegia e Olanda, ritrae stupende scene di vita rubate alla natura, attimi, ed è allestita nella parte superiore dell’ex teatro.

“Amo la natura da sempre”, spiega a un pubblico numeroso e attento. “È importante avere un’etica; fotografare gli animali non è difficile, tutto si può fare, ma nella foto naturalistica è importante conoscere il territorio che si visita e le sue delicate specie, arrecando il minor disturbo possibile. Questo tipo di fotografia è fatto di conoscenza e coscienza”, continua. Aggiungerei di grande rispetto e delicatezza, che qui si toccano con mano.

La seconda mostra, al piano sottostante, “Un Po di bianco e nero”, cerca di trasmettere quanto si vede solo dando vita ai contrasti, senza essere abbagliati dal colore. Sono immagini, spiega Milko, che rispettano la regola del bianco e nero. Ogni fotografo ha il suo, ognuno gioca e crea i propri contrasti.

Se ci voleva dare e infondere energia, con queste meravigliose immagini del Parco del Delta del Po, una delle zone umide più importanti d’Europa, territorio naturale fortemente antropizzato, caratterizzato da un potente connubio fra uomo e ambiente, ci è riuscito.

A mio umilissimo parere, queste immagini sono le più belle. Forse perché ci parlano di una storia che ancora continua, di fatiche di uomini che hanno costruito il nostro futuro, di una natura che mantiene la sua identità selvaggia pur confrontandosi con l’homo faber che qui, a differenza di tanti luoghi nel mondo, riesce a rispettare.

Scorrono immagini e musica, video che solo questa sera possiamo ammirare.

“Il fotografo”, sorride Milko “è, in fondo, uno dei pazzi che se ne sta in un capanno ad attendere l’attimo fuggente”. Catturare qualche attimo è un regalo anche a noi, mi permetto di aggiungere. Ogni immagine ha tanto lavoro dietro, ci spiega. Ci vogliono tenacia e passione per condividere zanzare, freddo, situazioni climatiche avverse. Scorrono sullo schermo emozioni, ancora e sempre loro: foreste, fiumi, rane, gabbiani, danze di uccelli, un’aurora boreale, fenicotteri che si baciano, lunghi colli intrecciati che creano una romantica e fantastica forma di cuore. La magia della natura.

Il lavoro in bianco e nero sul Delta del Po è diviso in due parti, la prima parte è costituita da immagini video realizzate con il drone, vediamo come si presenta la morfologia del territorio dall’alto, la seconda parte è fatta di immagini.

Sia dal drone che dalle foto percepiamo la fusione di terra e acqua, due elementi che si abbracciano verso l’infinito, ci sono alberi che svettano verso il cielo come se nascessero dalla stessa acqua e poi un labirinto, l’Abbazia di Pomposa.

Ci muoviamo al ritmo cullato delle onde che accarezzano le rive, una nebbiolina lascia intravvedere l’operosità dell’uomo e delle sue reti, spuntano raggi di sole, due anatre si baciano, gli uomini remano, una barca va alla deriva mentre un’altra resta ancorata con le sue robuste funi, chi va e chi viene. Le onde paiono onde sonore, ci sono mani forti che lavorano, che parlano di fatica, sacrificio e sudore, così i visi con rughe profonde, quasi solchi, e poi le anguille, le luci.

Siamo ancora a bocca aperta quando passa a presentarci il suo lavoro video sull’Islanda, luogo dal tempo sbarazzino, che può cambiare in soli cinque minuti.

Terra di geyser, di cascate che mostrano la potenza dell’acqua mentre uno sfacciato arcobaleno le attraversa, dell’azzurro potente del mare, di onde che si infrangono sulle rive, di ghiaccio, del bianco della neve, di nuvole che corrono, di vento sulla sabbia, di faraglioni, di potenza del mare infuriato e spettinato.

Terra di fiori viola, di fiumi impetuosi che scorrono verso la vita, di gocce nel fango, di strisce che ricordano i colori del deserto, di pace, di armonia.

Terra di mamme chiocce, di colorate pulcinella di mare, di campanule gialle, di uccelli dalla maestosa apertura alare, di foche che si rilassano, di tramonti impetuosi, di strette gole, di pietre secolari, di cieli, di lastre di ghiaccio che sembrano abbandonate, di iceberg solitari, di abbracci fra cielo e mare, abbracci sempre e ancora abbracci.

Terra di ghiaccio, terra del ghiaccio. Quei ghiacci paiono cristalli preziosi, perché preziosi lo sono davvero. Dall’alto la visione è magnifica, sembrano diamanti.

Lo sguardo si perde e vola su specchi d’acqua dove si riflettono pensieri e sogni, le fessure nel ghiaccio ricordano ferite aperte, quelle della Terra. I numerosi rigagnoli paiono lacrime di commozione di fronte a cotanta bellezza. I raggi di sole attraversano le nuvole, come i desideri. L’aurora boreale ricorda i fulmini a ciel sereno.

E ancora ali in volo, che si chiudono, come danze, ali che si specchiano nell’acqua, una civetta curiosa, un cervo con corna che paiono scultura, prede, predatori, tenerezza di madri, una volpe che si stira, uno scoiattolo che si arrampica, un picchio ballerino, frazioni di secondo che l’occhio non vedrebbe. Cogli l’attimo. E qui è colto. Per davvero.

Anche le immagini del Pantanal in Brasile, una delle zone a maggiore biodiversità al mondo, un Eden in terra, ci fanno sognare. Ecco Sua altezza reale il giaguaro, mentre i caimani osservano qua e là. Da lassù, dagli alberi, un volatile si pettina, si curiosa, si effettuano voli planari, ci si nasconde per attendere la preda, ci si lava, si sbircia dal cavo di un tronco, si nuota, si sbadiglia, si sonnecchia, si prende il sole.

Il pubblico è affascinato e molto curioso, fra le tante domande si chiede a Milko quale è stata la “foto più sudata” (un appostamento di otto ore su un nido di airone cenerino, immersi nell’acqua, mimetizzati) o quando ha avuto davvero paura (in Africa, vicino ad una “piscina dell’ippopotamo”, l’animale più pericoloso e irascibile che ci sia). Gli viene anche chiesto dove non sia mai stato. In molti luoghi, dice. Una vita non basta per visitare il mondo, mentre sogna l’ostica e lontana Antartide.

Dietro ogni immagine c’è un occhio curioso, un cuore che si emoziona. E, nelle foto di Milko, c’è Energia. Energia pura. Vitale. Energia della vita. Meraviglioso.

Foto cortesia di Milko Marchetti, foto in evidenza “Mani che raccontano”

Ferrara film corto festival

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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