Alla canna del gas:
l’inganno mortale del “mercato libero”
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Alla canna del gas: l’inganno mortale del “mercato libero”.
Dal 10 gennaio 2024 finisce il mercato tutelato per il gas (da aprile quello della luce). Su 8,7 milioni di famiglie almeno 4,5 saranno obbligate a scegliere un fornitore nel mercato libero dove operano 700 imprese private (utility). Nel tutelato rimangono i disabili, over 75 e altre famiglie in difficoltà. Già è significativo che nel mercato tutelato rimangano le famiglie più fragili, anche perché Arera ha verificato che chi è passato nel “libero” negli ultimi 18 mesi e soprattutto negli ultimi 6 mesi ha pagato quasi sempre di più del tutelato.
Si tratta di un caso da manuale per capire quali sono i limiti del nostro modello di società occidentale, basato sempre più sui “mercati”, la “concorrenza” tra privati e che considera comunque la gestione pubblica (Stato o azienda pubblica) inefficiente, per cui anche la sanità si è avviata verso un processo di privatizzazione.
Mentre nei primi 30 anni del dopoguerra le cose sono andate molto bene (più salari per tutti, più occupazione, più uguaglianza, più welfare), dagli anni ’70 e ’80, proprio in coincidenza col fenomeno delle privatizzazioni e liberalizzazioni, le cose sono andate molto male, e andranno peggio.
L’ideologia di fondo è che la concorrenza tra privati favorisce i consumatori perchè porta all’offerta dei beni a prezzi più bassi. In realtà sappiamo che in molti settori strategici (telefoni, acquisti on line, internet, social, materie prime,…) non c’è affatto libera concorrenza, ma potenti oligopoli o monopoli che tengono i prezzi minimi artificiosamente alti. In Usa negli ultimi 40 anni la concorrenza è diminuita molto, le grandi multinazionali sono diventate oligopolisti che operano con enorme potere di mercato (spesso senza antitrust). Le multinazionali hanno necessità di penetrare i vari mercati rapidamente: quindi l’ideale è stato offrire anche in Europa un grande e unico mercato. Dietro la narrazione della “concorrenza” ci sono quindi molti oligopoli e monopoli.
Poi ci sono settori dove è dimostrato che un mercato concorrenziale tra privati non è affatto vantaggioso per i clienti, poiché inquinato da “asimmetrie informative”. Se per acquistare una casa, il telefono o l’auto tutti abbiamo un minimo di conoscenze che ci consentono di fare una scelta ponderata, così non è in alcuni settori come per esempio la sanità, la scuola, il gas o l’elettricità. Si tratta di settori ad alta complessità in cui non sappiamo dove sono i medici e gli insegnanti migliori oppure, come nel caso di gas e luce, in cui la materia prima è acquistata all’estero in grandi stock. Essendoci molte variabili, converrebbe avere un solo grande acquirente che svolga un servizio universale e che farà buoni prezzi se è controllato da una Autorità pubblica, evitando ai clienti di dover confrontare le offerte tra le 700 imprese italiane, spesso con una moltiplicazione di costi (personale, marketing,…) che si riflette sul prezzo finale. Avere due mercati (libero e tutelato) sarebbe meglio della tirannia del “libero mercato” comunque e per tutti.
Chi non ha ancora scelto il libero mercato ha fatto bene perché dal dicembre 2021 al settembre 2023 i rincari medi delle bollette nel mercato tutelato sono stati nettamente inferiori a quelli del mercato libero (gas -8,8% vs +73,7%; luce -11,4% vs +47,4%; fonte Unione Nazionale Consumatori su dati Istat).
E’ vero che il 10% dei clienti del mercato libero ha avuto rincari minori di quelli avvenuti nel mercato tutelato, ma si tratta di una famiglia su dieci che ha avuto tempo e conoscenze per poter fare confronti e scegliere il miglior operatore, spesso spostandosi da un anno all’altro con notevoli perdite di tempo. Un lavoro che non fa quasi nessuno: ciò spiega perché il restante 90% ha avuto rincari maggiori.
Tutti (o quasi) i partiti sono responsabili di questa deriva ideologica verso l’ipotetico “libero mercato”. Il Governo Renzi nel 2014 fu il primo a proporre questa scelta, votata poi dal parlamento italiano nel contesto delle riforme necessarie per attuare il PNRR, confermata dal Governo Conte 2 ed infine da Draghi. La Commissione Europea del resto spinge affinché in tutti i paesi si affermi la logica della privatizzazione e della libera concorrenza. Fratelli d’Italia, che aveva votato contro, si trova al Governo “costretta” ad approvare questa norma, confermando che tutti coloro che arrivano al potere devono uniformarsi alle regole della concorrenza e alla logica mercantilista che vige in Occidente. Peccato che questa logica sia alla radice delle crescenti disuguaglianze, anche perché viene nel contempo ridotta la tassazione sia sui ricchi sia sulle imprese, complice anche l’evasione ed elusione fiscale. Di recente 125 paesi non allineati hanno fatto passare all’ONU (leggi qui) una storica risoluzione a favore di un regime universale di tassazione globale, contro la quale hanno votato, non a caso, 48 paesi ricchi (tra cui Stati Uniti, Giappone, Canada, Australia, tutti i paesi dell’Unione Europea).
L’impoverimento delle famiglie è dovuto in gran parte alla crescita dei prezzi del gas e luce, che sono raddoppiati in Italia a causa della fine della fornitura del gas russo. I depositi sono pieni di gas liquefatto (dagli Usa) che è costato il doppio. Nella rilevazione ISTAT sui prezzi, chi cresce di più è: gas, acqua, elettricità e combustibili. Un tipo di inflazione che colpisce in modo particolare le classi popolari (+15% rispetto alla media di 8,7%), essendo beni necessari a cui non si può rinunciare, o dei quali è difficile moderare l’utilizzo.
Più che dalla guerra in Ucraina, l’aumento dei prezzi è stato dovuto alla speculazione di fondi finanziari e banche, che hanno acquistato già in primavera 2021 tutti i titoli energetici alla borsa Ttf di Amsterdam; tanto che il Governo approvò il 28 settembre 2021, 5 mesi prima dell’invasione dell’Ucraina, i provvedimenti per abbassare la tassazione sulle bollette del gas e dell’energia elettrica.
Oltre all’impoverimento collettivo dei ceti più deboli, c’è un danno diffuso e sottovalutato all’economia, in termini di aumento dei costi di produzione per imprese che infatti chiudono o sospendono la produzione (vedi Yara a Ferrara).
Alla base degli aumenti stanno le materie prime, che sono il gas (per elettricità e riscaldamento) e il petrolio (per i carburanti). Per entrambi la filiera che va dal produttore (cioè da chi li estrae) al consumatore di base vede molteplici passaggi, con differenti margini di profitto. Ma il tratto più impressionante, come ha insegnato la crisi del 2008, è che si tratta di commodities fortemente finanziarizzate.
Il prezzo del gas viene determinato sul mercato di Amsterdam (Ttf), in cui si registra una massiccia presenza di agenti speculativi, maggiori di quelli che hanno un interesse commerciale. A ciò va aggiunto che i decisori europei hanno insistito presso la russa Gazprom per sostituire contratti di lungo periodo (detti “take or pay oil link”) con altri di breve periodo (detti “gas to gas”), il che ha dato un margine maggiore alle manipolazioni finanziarie tendenti ad amplificare le oscillazioni di prezzo.
Per quanto riguarda il petrolio, il prezzo di riferimento (“Brent”) viene fissato presso l’Intercontinental Exchange di Atlanta – una borsa statunitense specializzata in derivati sviluppatasi grazie al trading elettronico sulle materie prime. Il prezzo del carburante alla pompa (a parte la tassazione) dipende tuttavia da un prezzo di riferimento stabilito da S&P Global Commodity Insights, una piattaforma/azienda situata a Londra, presso cui operano i maggiori fondi speculativi al mondo.
In questo contesto non si realizza affatto quel mitico “equilibrio concorrenziale” dei mercati di cui parlano i libri di macroeconomia, ma una serie di speculazioni finanziarie che alcuni Stati subiscono (se non si organizzano come l’Italia, non certo la Norvegia) e fanno pagare ai loro cittadini. I dirigenti UE hanno pensato di inserire ulteriori dosi di meccanismi mercatisti che non hanno prodotto nulla, così come le sanzioni alla Russia che era il principale fornitore di gas e di petrolio all’Europa. I Governi (da Draghi a Meloni) hanno assunto provvedimenti – a debito – per alleviare il costo delle bollette, ma non possono sanare una dimensione strutturale di assuefazione alle logiche finanziarie, il cui obiettivo è il massimo profitto delle imprese che vi operano, a costo di impoverire la maggioranza dei cittadini e in particolare le classi più povere.
L’alternativa sarebbe stato mantenere anche un prezzo amministrato (mercato tutelato) da Arera (Autorità pubblica) e, in prospettiva, avere anche un grande acquirente pubblico come Eni o Snam controllato e regolato con tariffe trasparenti uguali per tutti e crescenti al crescere dei consumi, con una quota di base a basso prezzo per poveri e consumatori responsabili. Così invece se ne va un altro pezzo del nostro welfare.
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Andrea Gandini
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