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Mediterraneo: un mare che chiede attenzione

La parola CLIMA ci porta un senso di stabilità, di qualcosa su cui possiamo contare. Ecco perché, quando attraversiamo il nostro presente, non trovo giusto parlare di cambiamento climatico, perché il clima l’abbiamo perso e viviamo un transitorio veloce. Le cose che un tempo erano ferme, almeno nell’arco di una vita umana, ora le vediamo muoversi.

Le piene del nostro grande fiume, divulgate dai media, danno portate di un terzo rispetto a pochi anni fa, e i rovesci che provocano le disastrose inondazioni sono locali, e non lo gonfiano. Nei lunghi mesi di magra il mare ne risale il corso, e i sedimenti deltizi scarseggiano. Tutto ciò che da terra alimenta il mare nostrum è diminuito: i ghiacciai alpini sono quasi estinti, tutti i fiumi che dovrebbero alimentarlo sono messi come il Po, e l’evaporazione è più intensa per l’aumento delle temperature di aria e acqua.

Si osserva invece all’opposto un aumento del livello del mare, sia pure di pochissimi centimetri. Le cause: la dilatazione termica dell’acqua, che si sta scaldando, ma il fattore preponderante è dato dai due ingressi: lo Stretto di Gibilterra e il Canale di Suez. Occupiamoci per ora solo del maggiore, trascurando Suez.

Sappiamo che gli oceani terrestri salgono, per effetto della fusione di tutti i ghiacci: Groenlandia, Antartide, e le coste delle regioni polari. La banchisa Nord è già nell’acqua, e fondendo ne lascia il livello inalterato. La velocità dell’aumento è destinata a salire, dato che le emissioni climalteranti crescono, causando un feed-back positivo: il permafrost inizia a fondere, e libera il metano che contiene in quantità, regioni come Siberia e Groenlandia sono un esempio. Il metano svolge un effetto serra pari a 40 volte quello dell’anidride carbonica.

Dunque l’Atlantico che sale travasa da Gibilterra le sue acque nel Mediterraneo, unitamente ai meravigliosi organismi che in esse vivono. Ancora non siamo riusciti ad estinguere i grandi mammiferi marini, ma ci stiamo provando: gli air-gun delle ricerche petrolifere, che devono fare un’ecografia dei fondali, provocano onde sonore subacquee di grande intensità. Esse danneggiano le membrane timpaniche dei cetacei, che sono epidermiche, adatte a captare i loro linguaggi sociali. Capodogli e balenottere perdono la capacità di orientarsi, e finiscono spiaggiati.

A questo punto non resta che sognare. Sognare che tutti i paesi del Mediterraneo si uniscano in un condominio “Mare Nostrum” per colmare gran parte dello Stretto, limitando il flusso di acqua oceanica in ingresso. Marocco, Algeria, Tunisia, Libia, Egitto, Israele, Libano, Siria, Turchia, Grecia, Albania, Ex Iugoslavia, Italia, Francia, Spagna, possono contribuire alla colmata, ognuno secondo le proprie possibilità, per preservare le condizioni delle loro coste. La parte politica è la più difficile dell’operazione.

Cosa mettere sul fondale? Anche questa è politica, ma nella nostra civiltà dello spreco non dovrebbe essere difficile: rottami ferrosi, carrette dei mari, armi obsolete, cemento di risulta da rinaturalizzazioni ad esempio. Esportiamo rifiuti di ogni genere nel terzo mondo, soprattutto se ci comprano armi: sono morti giornalisti che volevano far luce su questi traffici. Bisognerà stare attenti che non siano rifiuti tossici o radioattivi, cosa all’ordine del giorno. Abbiamo anche industrie dismesse che rimangono in piedi come cattedrali nel deserto, in scenari da day after. Possiamo poi chiedere informazioni agli Emirati Arabi, che in mare ci costruiscono isole. Anche in Italia facciamo dighe foranee.

L’entità della colmata, che comunque deve lasciare un corridoio per le creature marine e per le navi, sarà poi da determinarsi per approssimazioni successive, e magari con una specie di MOSE aggiunto per la regolazione fine in corso d’opera.

Vorrei aggiungere un commento-sintesi per il lettore volonteroso che fosse riuscito a leggere fino a qui.
Ci vuol poco a prevedere che non avverrà nulla di tutto questo programma, ed è per la stessa ragione che nulla di serio viene fatto per il riscaldamento globale. Lo si riconosce, ma essendo cosa sgradevole viene rimossa. Sarebbe perfettamente contrastabile, porterebbe una enorme quantità di posti di lavoro, ma il pensiero di abbandonare attività redditizie è così intollerabile per i titolari, che si preferisce organizzare il negazionismo. Questa opera sarebbe indubbiamente titanica, e costituirebbe una svolta epocale. Essa non si dovrebbe limitare all’abbandono dei combustibili fossili, ma investirebbe tutti i fondamenti del pensiero unico, il mito del guadagno e del successo, lo stile di vita, l’alimentazione, la sovrappopolazione. Se torniamo al Mare Nostrum, ci accorgiamo che anche questa Grande Opera non è che un tassello di quanto deve accollarsi questo Uomo Nuovo. Noi vecchi non possiamo che fargli gli auguri, chiedere scusa non serve.

 

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Mario Rocca

Sono nato a Ferrara nel 1943, studi classici per poi laurearmi in fisica, insegnamento nella secondaria superiore (Fisica e Laboratorio, Matematica). Qualche pubblicazione nel campo della didattica. Ho tre figli e cinque nipoti. Molteplici interessi, 25 anni attivo nel CAI di Ferrara, poi associazionismo in Legambiente, Società Naturalisti Ferraresi, Pro Natura nazionale. Crescenti interessi e studi sui problemi ambientali, specie riguardo alle energie rinnovabili e motori endotermici puliti. Sport: Volo Libero Aeromodellistico, dove ho conseguito due campionati mondiali, uno individuale in California ed uno a squadre in Australia, per i colori dell’Aero Club d’Italia. Erano gli anni ’80.

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