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#Malamovida e città italiane, si salvi chi può. Ma i Tribunali (a volte) ascoltano…

È ormai un fenomeno planetario e di quelli brutti e cattivi. Non risparmia nessuno, non ci sono arte, bellezza, monumenti e piazze che tengano. La noncuranza e il disprezzo del bene comune imperano. L’indifferenza e il laissez-faire dominano. Troppo di tutto.

La #malamovida comanda, ovunque, ma soprattutto nei centri storici delle città. Proprio in quei luoghi che meriterebbero maggior rispetto, cura e attenzione. Un ‘movimento’ fatto di schiamazzi, musica a palla, ubriacature, sporcizia, orinatoi e tanta maleducazione.

L’esodo dai centri storici, privatizzati da locali ed eventi chiassosi, è ormai inarrestabile.

Torino, foto di archivio Torinoggi.it

Si scappa, si fugge, disperati, dopo aver magari risparmiato una vita per comprarsi una casa che sia centrale e permetta, magari a chi non è più così tanto giovane, di poter fare una passeggiata senza troppi sforzi. Ma ormai, nella giungla urbana che ci circonda, questo non pare più possibile. Un miraggio, mentre si fa la gimcana fra bottiglie e bicchieri.

Ricordo questo fenomeno già nel centro di Bruxelles a inizi duemila. I belgi scappavano verso le periferie più verdi e salutari, lasciavano in centro dominato da delinquenza, un far west che oggi conosciamo anche noi. Un esodo verso quartieri più silenziosi, alla ricerca del silenzio, quello che oggi è un lusso da pagarsi a caro prezzo.

Abbiamo già parlato del silenzio, quello che ormai costa, e di quanto i cittadini soffrano dei disturbi sonori. Non solo economicamente ma anche in termini di sacrifici che si è obbligati a fare soprattutto in termini di chilometri e traffico. Perché se stai fuori città spesso i mezzi pubblici non funzionano, quando non mancano del tutto. Al danno la beffa.

Dopo il silenzio forzato del Covid, oggi i centri della città brulicano di turisti mordi e fuggi e di cittadini ser(i)ali confusionari che sembrano aver perso ogni controllo. Peggio di prima, pare, non abbiamo imparato nulla.

A Roma sono soprattutto Trastevere (e la povera piazza Trilussa) e il martoriato Campo de’ fiori in una città in preda al degrado (ne avevamo scritto nel 2017, nulla è cambiato), a Napoli via Chiaia, a Milano corso Como, a Ferrara tutto il centro. Per citarne alcune. In nome dell’economia. Ma quale? Quella dello spritz o del gin tonic?

Comitati di cittadini esasperati e imbufaliti (mi perdoni il bufalo) scalpitano e fanno appello alle loro amministrazioni comunali o ad altre entità di rilievo.

Ferrara, Piazza Verdi, foto Sky TG24

A Ferrara, ad esempio, sono nate varie petizioni (ad esempio Ferrara chiama Unesco) e varie pagine Facebook (fra queste, stop rumore!). Qualcuno li ascolterà?

Il Tribunale pare di sì, almeno inizia a farlo e bene. Quello di Brescia è stato un interessante apripista. A giugno 2023, la Corte di Cassazione ha confermato la sentenza di quel Tribunale che, nel 2012, aveva condannato il Comune a versare 50 mila euro a due residenti esasperati. Il giudice riconobbe l’esistenza di danni biologici e patrimoniali per la movida “a causa del rumore antropico per gli schiamazzi di avventori di alcuni locali che stazionano nei pressi dei plateatici o dei locali su suolo pubblico”. Il Comune fece ricorso e il caso finì, appunto, in Cassazione.

Oggi la Suprema Corte conferma quella condanna (anche se ci sono voluti, punto dolente, oltre dieci anni…), con la seguente motivazione: “La movida per le strade di un quartiere crea un danno alla salute per “immissione di rumore” ai suoi residenti, i quali pertanto possono chiedere un risarcimento ai Comuni “che non garantiscono il rispetto delle norme di quiete pubblica e di conseguenza non tutelano la salute dei cittadini”. Per i giudici, “la pubblica amministrazione è tenuta ad osservare le regole tecniche o i canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni e, quindi, può essere condannata sia al risarcimento del danno patito dal privato in conseguenza delle immissioni nocive che abbiano comportato la lesione” del diritto alla salute, “ma anche del diritto alla vita familiare e della stessa proprietà”. A Torino si moltiplicano le class action peraltro vincenti. Per tutte ricordiamo quella di San Salvario.

Non è questione di bandiera, credetemi, di amministrazione di destra o di sinistra. La mia ormai pace dei sensi politica mi fa vedere questo crescente fenomeno, allarmante e inquietante, come un problema senza colore.

La maleducazione e la mancanza di rispetto degli altri è neutra, non è né rossa né nera. Spaventa il vuoto di valori, la mancanza di rispetto per l’altro (la tua libertà è più importante della mia?), il ruolo centrale del divertimento a tutti i costi, dello sballo senza limiti e confini che pervade anche la cronaca e la narrativa (soprattutto social) quotidiane.

Mi spaventano quei commenti aggressivi sui social che criticano chi vuole dormire sonni tranquilli e lo apostrofano come un vecchio rompi…c…che non sa(prebbe) godersi la vita. O che magari lo invitano, senza mezze parole, a ritirarsi in un eremo.

Continuo a chiedermi perché abitare in centro non siamo compatibile con un sano silenzio notturno o con una musica che non rompe i timpani e che magari termini all’ora giusta.

E perché, poi, gli schiamazzi notturni alla chiusura dei locali e il lancio di bottiglie? Perché nessuno controlla? Perché tanta indifferenza da parte delle amministrazioni locali?

Qualcuna agisce, svegliatasi dal torpore quasi di soprassalto: oggi ci sono i fiorentini steward della notte o quelli di Vigevano, ma in molte città italiane i cittadini organizzano ronde (o almeno ci hanno provato). Vi pare normale?

A Roma molti sono scappati, disperati, dal centro, sarà necessario anche a Ferrara?

Foto in evidenza Corriere Web

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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