Ma non erano solo 4 gatti? Invece a Roma sfilano in più di 100.000:
un grande movimento pacifista chiede alla politica di fermare l’invio di armi e propone una agenda di pace
C’è differenza tra un camion di mele e un chilo di patate?
Eppure giornali e telegiornali, con pochissime eccezioni, hanno dato insieme la notizia delle 2 manifestazioni per la pace di Roma e Milano, come fossero due cose paragonabili: tutte mele o tutte patate.
Rifaccio la domanda.
Che differenza passa tra un imponente corteo pacifista di più di 100.000 persone (Roma) e un raduno di 4.000 aderenti al Polo di Centro di Calenda e Renzi (Milano) che invece continua ad appoggiare l’invio di armi e la linea atlantista e bellicista dei governo? Aritmeticamente la differenza tra le due iniziative è più o meno di 96.000 persone, numeri impietosi che già qualcosa ci dicono. Ma tra “pace subito” (Roma) e “ancora guerra” (Milano) la differenza è ancora più radicale, e tutta politica.
Lo dice bene Rosy Bindi, anche lei in marcia a Roma, in un intervista su Il Fatto Quotidiano: “Qualcuno diceva che il pacifismo era finito, mentre questa straordinaria manifestazione dimostra che c’è una maggioranza sociale che vuole fermare le armi e chiede alla politica di ravvedersi”.
Dal basso, appunto. La coalizione Europe for Peace non è stato solo l’organizzatore ma il collettore di tantissime realtà locali, nazionali e internazionali. Alla fine, alla marcia per la pace hanno aderito circa 600 gruppi, organizzazioni, associazioni, cristiane e laiche. Un altro numero importante, la prova di quanto sia diffuso, in tutto il paese e in tutti gli strati sociali, il sentimento pacifista. Un No alla guerra e alle armi, e un No alla insensata e guerrafondaia politica filoatlantica del governo Draghi, sostenuto da tutti i partiti, tranne Fratelli d’Italia, e ribadita dal governo della Destra con le prime dichiarazioni di Giorgia Meloni a Bruxelles.
Dunque, il primo dato di cui tener conto è il seguente. Il variegato popolo pacifista, sfottuto e da tanti decritto come minoritario e marginale, o peggio, disfattista e filo putiniano, ieri a Roma si è preso una clamorosa rivincita contro le menzogne. Di più, il movimento si è preso prepotentemente, anche se pacificamente la scena, ed è diventato un attore politico che vuole contare.
In secondo luogo, questo montante movimento per la pace è riuscito a unificare realtà e sensibilità diverse e a costruire una piattaforma (politica, serve ripeterlo) comune. Tutta la grande costellazione di gruppi e associazioni cattoliche fedeli al messaggio di Papa Francesco. Tantissime associazioni e movimenti espressione del mondo laico, come Arci, Anpi, Libera, eccetera. Le Ong nazionali e internazionali impegnate nel soccorso in mare dei migranti. Infine, altro dato importante, l’adesione convinta della Cgil, il più grande sindacato d’Italia con oltre 5 milioni di iscritti.
Inoltre, al contrario di quanto sostengono i commentatori delle grandi testate padronali e governative, la manifestazione del 5 novembre, e i centomila partecipanti (più uno, se consideriamo Papa Francesco in viaggio apostolico in Bahrein e quindi assente giustificato) al grande corteo sono arrivati in piazza San Giovanni senza bandiere di partito e con obiettivi condivisi e richieste molto precise.
Hanno gridato contro Putin il dittatore, ma anche contro la Nato e la voglia espansionistica degli Usa. Hanno solidarizzato con il popolo Ucraino sotto le bombe e in fuga in milioni, ma anche contro tutte le vittime della guerra, compreso il popolo russo. Hanno chiesto ai soldati di gettare le armi e disertare.
Hanno manifestato contro l’invio di armi che servono solo a prolungare all’infinito la guerra e la scia di morti innocenti.
Non è un movimento che spera in una vaga idea di pace, ma che propone con forza un’agenda politica precisa per uscire da questa guerra fratricida. La strada della pace subito, la scelta giusta è anche l’unica opzione possibile, dopo il clamoroso fallimento della linea bellicista che gli Stati Uniti hanno imposto all’Europa.
L’agenda è molto semplice: stop all’invio di armi, immediato cessate il fuoco, avvio del negoziato.
Senza gli USA, aggiungo io. E senza la NATO. Può e deve essere l’Europa a trovare una soluzione ai problemi dell’Europa. Invitando al negoziato l’ONU come garante internazionale.
In copertina: immagine dal Corteo di Roma del 5 novembre 2022 – foto Dario Lo Scalzo, pressenza
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Francesco Monini
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