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L’orsa Jj4 e l’istinto materno

Jj4 questo il nome che hanno dato all’orsa “assassina”. È stata identificata con analisi genetiche. Ma l’orsa è una madre e ha reagito a quello che lei ha considerato essere un attacco alla sua prole. Si chiama istinto materno e sono certa che ogni donna, capace di spogliarsi di migliaia di  stratificazioni di credenze accumulate nei millenni, che via via l’hanno staccata dal sentire del suo corpo, capace di decolonizzarsi, sarà capace di riconoscere dentro di sé nelle sue viscere quell’istinto primordiale.

L’umanità che ci stanno delineando le “democrazie illuminate illuministe” è un’umanità cibernetica, intelligente, a loro dire, proprio perché priva dell’istinto, senza appartenenze ad una specie, classificabile fuori dalla Natura. Non stupisce dunque che l’Orsa non abbia un nome ma una sigla (simile ai numeri marchiati sulle braccia degli ebrei al loro ingresso nei campi di concentramento).

Spersonalizzare, distruggere le identità, ridurre tutti e tutto a codici a barre (madri surrogate), codici genetici questo l’obiettivo per controllare la Natura. Abbiamo dimenticato le parole che ci parlano della sacralità del vento e della pioggia, del sole e della luna, degli spiriti che abitano la natura, gli animali e i nostri corpi. Solo le popolazioni indigene le usano ancora. E questo ci dice quanto il mondo così detto ‘primo’ agisca in questa direzione da molto, molto tempo.

Ma l’uomo A-Natura, privo di natura, anche se è stata impressa un’accelerazione impressionante nella direzione della cancellazione della madre che partorisce carne della sua carne, ha dimenticato che noi donne  sentiamo, sempre più forte il riaffiorare di quell’istinto che ci porterà a fare qualsiasi cosa  pur di proteggere la nostra prole.

Anche la madre del giovane rimasto ucciso dall’aggressione dell’orsa,  si è espressa contro l’abominio di questa condanna. Potete continuare a rappresentare l’orsa come un’assassina, ma noi continueremo a vederci la madre, la donna e la forza dell’amore.

Sempre in di più volgiamo gli occhi a quelle culture che il legame con gli spiriti universali non lo ha mai spezzato e che come noi si è sviluppata fino ai giorni nostri. È venuto il tempo di sbriciolare credenze su cui si fonda un sistema malato, che fa di noi esseri superiori solo grazie alla tecnologia, ma che in realtà sta dimostrando la sua totale disumanità.

E la dimostrazione di quanto sta avvenendo nei nostri corpi, nella parte invisibile dei nostri corpi, l’ho trovata su FB con questa testimonianza  .

Decolonizzarsi.

“Nessuno me l’ha insegnato, me l’ha detto, me l’ha mostrato. È stato Il mio spirito, il mio DNA mi ha parlato. Io ho semplicemente ascoltato

Non sono cresciuta con la cultura #nativa.

Ma nel profondo di me, dentro le mie vene, quella conoscenza c’è sempre stata, quella sapienza su come far nascere, come nutrire, amare e prendermi cura delle mie creature.

Ho messo tutti e tre i miei bebè in #rebozos dal giorno in cui li ho messi al mondo.

La mia conoscenza nella pelle mi ha detto che questa era la strada. Poi l’ho mostrato a quelle intorno a me che volevano fare lo stesso.

Ho allattato tutte e tre le mie creature.

Nessuno me l’ha insegnato. Ero circondata dalla pressione del biberon e dell’alimentazione con latte artificiale.

Dove sono cresciuta era normale fare così e mi aspettavo di fare anch’io così, non sembrava normale portare fuori il mio #chichi per dare da mangiare al mio bambino. E invece l’ho fatto.

La #maternità è stato per me il più grande viaggio di #decolonizzazione.

Questo è il modo in cui le mie creature saranno veramente connesse con il loro spirito e con gli antenati e le antenate.

Prima devono connettersi alla Madre, sentirsi al sicuro e amate da me. Questo è il modo in cui avranno connessione con ogni creazione vivente nel cielo e sulla terra”.

#labodifsegnala grazie a @nativewomenswilderness

#nativeamerican #indigenouswomen

Decolonizzarsi, questa è la strada per tornare a incrociare la strada che trascende l’umano restando umani e lo possiamo fare anche noi occidentali che nel DNA portiamo l’eredità dei popoli che vivevano a contatto con la natura e, quando questa consapevolezza avrà raggiunto una buona parte di noi, saremo tutte orse inarrestabili.

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Roberta Trucco

Classe 1966, genovese doc (nel senso di cittadina innamorata della sua città), femminista atipica, felicemente sposata e madre di quattro figli. Laureata in lettere e filosofia con una tesi in teatro e spettacolo. Da sempre ritengo che il lavoro di cura non si limiti all’ambito domestico, ma debba investire il discorso politico sulla città. Per questo sono impegnata in un percorso di ricerca personale e d’impegno civico, in particolare sui contributi delle donne e sui diritti di cittadinanza dei bambini. Amo l’arte, il cinema, il teatro e ogni tipo di lettura. Da alcuni anni dipingo con passione, totalmente autodidatta. Credente, definita dentro la comunità una simpatica eretica, e convinta “che niente succede per caso.” Nel 2015 Ho scritto la prefazione del libro “la teologia femminista nella storia “ di Teresa Forcades.. Ho scritto la prefazione del libro “L’uomo creatore” di Angela Volpini” (2016). Ho e curato e scritto la prefazione al libro “Siamo Tutti diversi “ di Teresa Forcades. (2016). Ho scritto la prefazione del libro “Nel Ventre di un’altra” di Laura Corradi, (2017). Nel 2019 è uscito per Marlin Editore il mio primo romanzo “ Il mio nome è Maria Maddalena”. un romanzo che tratta lo spinoso tema della maternità surrogata e dell’ambiente.

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