L’ITALIA CHE VA IN FUMO
Dati (allarmanti) e 10 proposte nel nuovo rapporto di Legambiente
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L’Italia va a fuoco, ma meno del 50% dei Comuni ha il catasto degli incendi. Secondo alcuni dati forniti dall’Arma dei Carabinieri, solo nel 2020, il 44% dei Comuni non ha presentato la richiesta del catasto degli incendi, obbligatorio in base alla legge quadro in materia di incendi boschivi, la n. 353/2000, che stabilisce- tra l’altro- vincoli temporali che regolano l’utilizzo dell’area interessata ad incendio (un vincolo quindicennale, un vincolo decennale ed un ulteriore vincolo di cinque anni) e che vieta che per 10 anni sulle zone boschive e sui pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco si possano realizzare edifici nonché strutture e infrastrutture finalizzate ad insediamenti civili ed attività produttive.
Ma catasti fermi da anni a causa dell’inerzia di tantissimi Comuni (che andrebbero per lo meno commissariati) comporta che centinaia di migliaia di ettari non sono sotto tutela e, quindi, su di essi è consentita l’attività venatoria e l’attività di pascolo e, cosa ancor peggiore, sono consentite le attività di trasformazione urbanistica http://www.simontagna.it/portalesim/catastoincendi.jsp?pid=4093.
Gli incendi- che non fanno che aumentare anno dopo anno, non solo a causa di azioni dolose e colpose, ma anche per effetto della siccità e dei cambiamenti climatici- impongono una maggiore reattività da parte dei Comuni, i quali dovrebbero- per esempio- adottare per tempo provvedimenti (ordinanze) al fine di prevenire ed eliminare i gravi pericoli che minacciano l’incolumità pubblica e la sicurezza urbana a causa degli incendi boschivi.
Qui una proposta di Ordinanza sindacale messa a punto da ANCI Campania https://ancicampania.it/rischio-incendi-boschivi-lordinanza-che-i-comuni-devono-adottare/.
Ma, di fronte ad un Paese che brucia anno dopo anno sempre di più andrebbero forse anche ripensate totalmente competenze istituzionali, organizzazioni e risorse umane, strumentali e finanziarie, per affrontare efficacemente-in termini di prevenzione e lotta attiva agli incendi- un problema che rischia di mandare drammaticamente in fumo il nostro territorio.
Nel 2021- secondo il nuovo rapporto di Legambiente “L’Italia in fumo”– sono stati infatti ben 159.437 gli ettari di superfici -boscate e non- devastati dalle fiamme (+154,8% rispetto al 2020). La Sicilia è la regione più colpita per reati (993) ed ettari attraversati dalle fiamme, seguita da Calabria, Puglia e Campania.
E già sono 26.270 gli ettari bruciati dal 1 gennaio al 15 luglio 2022 (fonte EFFIS) e 32.921 gli interventi registrati ed effettuati, dal 15 giugno al 15 luglio, dai Vigili del Fuoco per incendi boschivi, nelle aree urbane e rurali (+4.040 rispetto allo stesso periodo del 2021).
In aumento anche i reati tra incendi dolosi, colposi e generici, ben 5.385 (+27,2% rispetto al 2020) e le persone denunciate (658, + 19,2%), anche se continuano ad essere sottodimensionate rispetto ai reati, così come i sequestri: 107, con un +35,4% rispetto al 2020.
A confermare le grandi difficoltà che ancora si incontrano nell’individuazione dei responsabili dei roghi, il dato relativo agli arresti: appena 16, comprese le due ordinanze eseguite in Sicilia dai Carabinieri della stazione di Noto, in provincia di Siracusa, due in meno del 2020.
A preoccupare è anche il dato complessivo degli ultimi 14 anni, frutto dell’elaborazione di Legambiente dei dati EFFIS dal 2008 al 2021. Parliamo di una superficie complessiva di territorio incenerito, a causa di ben 5.298 incendi, di oltre 723.924 ettari, un’area grande quasi quanto l’intera regione Umbria, che ha interessato il territorio di almeno 1.296 Comuni, corrispondenti al 16,39% dei comuni italiani, distribuiti in 19 tra Regioni e Province autonome.
Comuni ove più di qualcosa non ha funzionato nelle azioni di prevenzione e lotta attiva agli incendi. Sicilia, Calabria, Campania, Sardegna, Lazio e Puglia sono i territori da presidiare con maggiore efficacia durante tutto l’anno rafforzando le attività investigative per prevenire i rischi e accertare le responsabilità.
Ad essere in pericolo sono soprattutto i “gioielli del Paese”, ovvero le aree protette e i siti rete natura 2000. L’azione criminale insiste, nel tempo, su aree geografiche ben delimitate e proprio in queste aree di pregio- secondo Legambiente- più di qualcosa non ha funzionato nelle azioni di prevenzione, contrasto e lotta attiva agli incendi.
Legambiente ha accompagnato il nuovo dossier con 10 proposte concrete, che vanno dalla prevenzione degli incendi attraverso la gestione del territorio alla promozione dei servizi ecosistemici da remunerare in modo da sostenere e rivitalizzare le comunità rurali nelle aree interne e montane.
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Redazione di Periscopio
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