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Uno splendido Lino Guanciale in Europeana di Patrik Ourednik, scampoli di Novecento, secolo contraddittorio

Uno spettacolo, quello in scena al Teatro Comunale di Ferrara dal 28 al 30 aprile, dove, per usare le parole dello stesso Lino Guanciale di cui è interprete e regista, è come stare dentro un frullatore, corollario di un secolo, il Novecento, quasi inafferrabile. D’altra parte, i frullatori – ed elettrodomestici simili – sono nostri fedeli e onnipresenti compagni quotidiani.

Europeana è un libro straordinario e insolito (una curiosità: stesso nome della biblioteca digitale europea). Sono 150 pagine che raccolgono scampoli della storia europea del Novecento, accumulati come si accumulano i giornali vecchi in uno sgabuzzino stretto, buio e polveroso. Le più diverse notizie vengono date una di seguito all’altra, con pari importanza, tutte rigorosamente alla rinfusa, un susseguirsi di scampoli, brandelli e flash della storia europea: tragedie, slanci, sarcasmi, progressi, scoperte, passioni, omicidi, politica, guerre… Un vortice di contraddizioni. Non manca nulla, pare, c’è tutto, ma a pezzettini, come ritagli di un’enciclopedia, di quelle che a scuola i boomer e i ragazzi della generazione X sfogliavano. Come se il prodigioso e terribile ventesimo secolo fosse ormai laggiù, distante e quasi sepolto con tutte le sue agitazioni, irrequietezze e pazzie; come fosse già una civiltà antica di cui restano solo frammenti. Basta parlare con i giovani e tecnologici nipoti e questa sensazione diventa subito realtà.

Il praghese Patrik Ourednik ha raccolto quel turbine di voci, di follie e aspirazioni come da una civiltà o un futuro lontani e le ha riunite in un solo respiro. La furia di questa lista è la sua potenza. Finisce per essere una storia di mille storie, in cui ci getta Lino Guanciale, avvolto dai frammenti musicali del bravissimo fisarmonicista sloveno Marko Hatlak. Atmosfera avvolgente e affascinante, emozionante. Nel buio della sala.

Palcoscenico con sfondo nero, una montagna di stracci – che scopriremo essere magliette che l’attore indossa durante il reading – che ricorda la Venere degli stracci di Michelangelo Pistoletto (1967), l’apertura con la fisarmonica di Marko che ci regala alcune note di Oblivion di Astor Piazzolla. Tutti attenti ad ascoltare, per sapere, contro i pregiudizi.

Un vero rapporto corpo a corpo fra l’attore e il testo (d’altra parte l’attore viene dal rugby). Una fatica fisica che si vede anche nelle oltre 20 magliette indossate durante la lettura-recitazione. “Il teatro è un fatto fisico, se non è presenza non è”, dice Guanciale. E poi c’è il corpo a corpo agonistico per il lettore. È un tour de force ammaliante e ipnotizzante da cui non si può distogliere l’attenzione nemmeno per un attimo.

“Il pallino viene lasciato all’attore”, continua, “che si muove sulla base della sensazione del momento. Il rapporto con il testo che viene letto è forte e intenso, si tratta di una scelta poetica volta a restituire il funzionamento dello stesso testo. Il reading è un grande spazio di manovra nel teatro, la lettura dà valore alla versatilità dell’attore. Non è lettura e basta – o diventerebbe mortale – ma è recitare con un rapporto diretto con la pagina come struttura portante. Se si recita seguendo un testo inventando in quel momento o seguendolo come un musicista segue la sua partitura viene fugato ogni equivoco identificativo: l’attore è una cosa, il testo un’altra, l’incontro fra i due una mediazione cui partecipa il pubblico e da esso ci si aspetta un punto di vista critico nei confronti del testo”. Verissimo e nello spettacolo si vede bene.

Rispetto a Gli ultimi giorni dell’umanità di Karl Kraus, Europeana rinuncia all’ambizione di controllo, dice Guanciale in un’intervista. Nel testo di Kraus la voce narrante tiene insieme i pezzi, qui invece no. Lo spettatore si impegna a prendere posizione, chi ascolta deve costruire un suo pensiero, un proprio percorso critico.

Se i fatti elencati sono tanti tantissimi, avanti e indietro nel tempo, i ponti vanno immaginati e costruiti da chi “subisce” il testo, trascinato in un vortice. Ai fatti va resa la loro anima.

La lista dei fatti e dei numeri – come i chilometri fatti dalla somma delle altezze dei soldati morti durante la Prima Guerra Mondiale – mette lo spettatore sotto un rullo compressore di breaking news che scorrono 24 ore su 24, a cui si deve dare un senso e un ordine. Un accumulo di dati ed eventi che siamo noi a dover ordinare o almeno a provare a farlo.

Immersi come siamo nel frullatore che pervade la nostra società, con come compagni domestici quei frullatori e quelle invenzioni tecnologiche tanto decantate, ma anche con i morti o gli animali che perdono il loro status domestico e ne acquistano un altro di attrazione zoologica o i tanti altri oggetti che possono stare nella discarica o nell’uragano della storia, dobbiamo fare noi un bilancio, tirare filo e conclusioni.

Ogni cittadino ha avuto una sua idea di Europa a seconda dell’epoca che ha vissuto. Per alcuni è stata la contrapposizione segnata dalla cortina di ferro e dalla guerra fredda, per altri è diventata una strana signora a memoria Thatcher o Merkel, per altri ancora è legata alla caduta del muro di Berlino (e nello spettacolo ci sono anche le note di The Final Countdown degli Europe). Per molti è quella di oggi con le sue feroci ingiustizie.

Il Novecento è stato un secolo contraddittorio, legato da conquiste e sconfitte, che ha generato valori e disvalori. Scoperte e guerre devastanti, buoni e cattivi. Come sempre, d’altronde. Per Lina Wertmüller, in Un’allegra fin de siècle, di questo secolo si salvava il cinema. Per Guanciale-Ourednik, oltre alla scienza, si salvano anche la carta igienica, il reggiseno, l’elettricità e l’acqua calda in casa, per sorriderci un po’ sopra.

Il testo, del 2001, pare scritto oggi. Il suo filo è la memoria, la storia. La chiarezza su chi siamo e da dove veniamo. I regimi che si fronteggiano. Il capitalismo e il consumismo che si rincorrono. La Barbie deportata del 1986 è un esempio, terribile, per tutti, di come mercificare anche la memoria, di come il cittadino sia ormai il consumatore e il consumatore sia cittadino sono in quanto consumatore.

“E nel 1986 fu creata una bambola Barbie con la divisa a righe dei campi di concentramento con un piccolo copricapo a righe sulla testa”.

Trailer realizzato da Anna Margotti nell’ambito del corso Area Non Fiction di bottega finzioni, Bologna

Non bisogna perdere la grande eredità data dalla memoria, in un mondo che ci getta nella “marmellata”, ossia la mondializzazione e la globalizzazione in cui siamo cresciuti.

Nel 1989 Francis Fukuyama profetizzò l’imminente “fine della storia riferendosi al fatto che, dopo il crollo del comunismo sovietico e la fine della Guerra Fredda, la democrazia liberale e il capitalismo sarebbero stati destinati a pervadere, gradualmente, tutte le nazioni del pianeta. E pace, equilibrio ed uguaglianza sarebbero stati per sempre e per tutti. Pare proprio, invece, che si reiterino sempre gli errori del passato e che molte persone non conoscano questa teoria. Perché continuano a (voler) fare la storia.

 

Lino Guanciale

Nato nel 1979 ad Avezzano (L’Aquila), dopo alcuni trascorsi rugbistici, si iscrive all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico, dove si diploma nel 2003 e ottiene il Premio Gassman come miglior allievo degli ultimi dieci anni. Subito dopo inizia a lavorare in teatro, prima con Gigi Proietti (Romeo e Giulietta, spettacolo inaugurale del Globe Theatre di Roma), poi con Claudio Longhi (Il Matrimonio di FigaroLa solitudine dei campi di cotoneSallingerPrendi un piccolo fatto vero) e Franco Branciaroli, collaborando con alcuni tra i più importanti nomi del palcoscenico italiano, da Luca Ronconi (Atti di guerra) a Walter Le Moli (Gli incostantiAntigone), da Massimo Popolizio (Ploutos, o della ricchezza) a Michele Placido, che dopo averlo diretto in Fontamara gli affida il ruolo di Nunzio nel film Vallanzasca – Gli angeli del male. Al lavoro in teatro affianca dal 2005 l’attività di insegnamento e divulgazione scientifico-teatrale negli istituti scolastici medi superiori e nelle Università (è nel corpo docenti dello IUAV di Venezia). Al cinema esordisce nel 2008, interpretando Wolfgang Amadeus Mozart in Io, Don Giovanni di Carlos Saura, cui segue La prima linea di Renato De Maria. In seguito, è nel cast, oltre che del citato Vallanzasca, dei film Il gioiellino di Andrea Molaioli, Il sesso aggiunto di Francesco Antonio Castaldo, Il mio domani di Marina Spada, To Rome with Love di Woody Allen, La scoperta dell’alba di Susanna Nicchiarelli. Nel 2012 è stato protagonista di Happy Days Motel di Francesca Staasch, coprotagonista de Il volto di un’altra di Pappi Corsicato e nel cast corale de di Stefano Tummolini e di Maraviglioso Boccaccio di Paolo e Vittorio Taviani. Nel 2017 è protagonista dei film I Peggiori di Vincenzo Alfieri e La casa di famiglia di Augusto Fornari, nel 2018 è in sala con Arrivano i prof di Ivan Silvestrini. In tv ha interpretato le fiction Il segreto dell’acqua di Renato De Maria, le tre stagioni di Una grande famiglia (per la regia di Riccardo Milani e Riccardo Donna) ed è stato protagonista maschile di alcune serie di grande successo in onda sulle reti Rai: Che Dio ci aiuti 2 e 3, La dama velata, le due stagioni di Non dirlo al mio capo e La porta rossa, le tre stagioni di L’Allieva. È il Commissario Ricciardi nella serie di Alessandro D’Alatri in onda su Raiuno e parte di Sopravvissuti. In teatro, dopo il successo de La resistibile ascesa di Arturo UI di Bertolt Brecht (Premio dell’Associazione Nazionale Critici Teatrali come Migliore spettacolo dell’anno), de Il Ratto d’Europa (Premio UBU 2013) e di Istruzioni per non morire in pace, tutti per la regia di Claudio Longhi, nel 2016 ha inaugurato la stagione del Teatro Argentina di Roma con Ragazzi di vita di Pier Paolo Pasolini, portato in scena da Massimo Popolizio. Nella stagione 2017/2018 è il protagonista della trasposizione teatrale di La classe operaia va in paradiso, per la regia di Claudio Longhi, che gli vale il Premio UBU e il Premio dell’Associazione Nazionale Critici Teatrali come miglior attore, e alla fine del 2018 è il protagonista maschile di After Miss Julie, per la regia di Giampiero Solari. Nelle ultime stagioni ha portato in scena Non svegliate lo spettatore, omaggio alla vita e alle opere di Ennio Flaiano, Dialoghi di profughi di Brecht e ha esordito nella regia teatrale con Nozze di Elias Canetti. Nel 2015 ha ricevuto il Premio Flaiano come Personaggio rivelazione dello spettacolo italiano.

Marko Hatlak

È un fisarmonicista sloveno, noto per le sue performance vivaci e appassionate e per l’ampia varietà di generi che adora esplorare – dal barocco alla musica contemporanea, al tango, all’etnica al jazz. Il suo percorso musicale inizia a sei anni, a Idrija, nella scuola musicale della sua città natale. Dopo essersi diplomato al Conservatorio di Ljubljana ha proseguito i suoi studi in Germania, prima a Weimar (Accademia di Musica Franz Liszt) e poi a Würzburg, dove ha concluso il suo perfezionamento con il maestro Stefan Hussong. Solista da venti anni, leader di ensemble, ha condiviso la scena con numerosi altri solisti di fama, ensemble, orchestre e direttori, che ne hanno valorizzato il suo unico e peculiare approccio. Negli ultimi anni ha composto vari lavori per orchestra e per solo, nonché brani popolari per i suoi gruppi. Tra gli artisti con cui ha collaborato ci sono Stefan Milenkovich, Vlatko Stefanovski, Stefan Hussong, Una Palliser, Neil Innes, Tommy Emmanuel, Iztok Mlakar, Miho Maegaito, Marko Churnchetz. Ha inoltre lavorato con i seguenti direttori e orchestre: l’Orchestra filarmonica di Mosca, la Jenaer Philharmonie, la RTV Slovenia Symphony Orchestra, En Shao, Marko Letonja, David de Villiers, Carmina Slovenica. Si è esibito in importanti teatri e sale da concerto nel mondo, tra cui il Kennedy Center (Washington DC, USA), Križanke – Festival Ljubljana (Slovenia), Sava Centar (Belgrade, Serbia), University of Harvard (Boston, USA), Slovenian Philharmonic (Ljubljana, Slovenia), Ronnie Scott’s (Londra, GB) e l’ensemble della BBC Terrafolk.

Lino Guanciale in Europeana. Breve storia del XX secolo, di Patrik Ourednik

Copyright © 2001 Patrik Ourednik, Traduzione Andrea Libero Carbone, © 2017 Quodlibet srl, regia e con Lino Guanciale, musiche eseguite dal vivo da Marko Hatlak, fisarmonica, costumi ed elementi di scena Gianluca Sbicca, luci Carlo Pediani, co-produzione Wrong Child Production e Mittelfest2021, in collaborazione con Ljubljana Festival

Foto di Luca A. d’Agostino

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Simonetta Sandri

E’ nata a Ferrara e, dopo gli ultimi anni passati a Mosca, attualmente vive e lavora a Roma. Giornalista pubblicista dal 2016, ha conseguito il Master di Giornalismo presso l’Ecole Supérieure de Journalisme de Paris, frequentato il corso di giornalismo cinematografico della Scuola di Cinema Immagina di Firenze, curato da Giovanni Bogani, e il corso di sceneggiatura cinematografica della Scuola Holden di Torino, curato da Sara Benedetti. Ha collaborato con le riviste “BioEcoGeo”, “Mag O” della Scuola di Scrittura Omero di Roma, “Mosca Oggi” e con i siti eniday.com/eni.com; ha tradotto dal francese, per Curcio Editore, La “Bella e la Bestia”, nella versione originaria di Gabrielle-Suzanne de Villeneuve. Appassionata di cinema e letteratura per l’infanzia, collabora anche con “Meer”. Ha fatto parte della giuria professionale e popolare di vari festival italiani di cortometraggi (Sedicicorto International Film Festival, Ferrara Film Corto Festival, Roma Film Corto Festival). Coltiva la passione per la fotografia, scoperta durante i numerosi viaggi. Da Algeria, Mali, Libia, Belgio, Francia e Russia, dove ha lavorato e vissuto, ha tratto ispirazione, così come oggi da Roma.

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