I soldi per l’Idrovia ferrarese sin dall’inizio erano destinati alla navigazione commerciale e chi auspicava effetti positivi collaterali a favore del turismo doveva consolarsi con il sogno di navigare sulla scia delle future bettoline, navi da container e similari.
Eppure la campagna di promozione dell’Idrovia, che all’inizio aveva fatto il giro completo dei centri civici della Provincia di Ferrara, prospettava un progetto super smart con ponti postmoderni, navi che solcavano canali di acqua trasparente, piste ciclabili e pedonali sulle sponde tipo Parigi. Come se non bastasse si portò la nave da crociera ‘Germania’ al largo di Porto Garibaldi per trasbordare i passeggeri su navi più piccole che avrebbero potuto arrivare in questo modo via acqua sino a Ferrara.
L’amministrazione provinciale ferrarese come quella del capoluogo era di sinistra e chiaramente la destra vi si scagliò contro con tutti i mezzi comunicativi possibili, ma ad un certo punto, grazie all’avanzamento lento ma inesorabile un pezzo alla volta, l’idrovia era diventata inevitabile e la gente si rassegnò.
Negli anni i cantieri si spostarono verso Ferrara e le notizie di inaugurazioni e aperture di nuovi cantieri non facevano più scalpore; l’Idrovia diventò un carrozzone gigantesco con il quale non c’erano neppure da guadagnare voti elettorali e così la politica locale, tutta la politica locale, se ne dimenticò.
Si rimane in effetti stupiti della grande indifferenza della politica rispetto agli esiti finali del progetto Idrovia e delle sue ripercussioni future sulla cittadinanza in termini economici, urbanistici, ambientali e paesaggistici.
Nessuno oggi si chiede più se le navi di quinta classe europea navigheranno mai sui canali di Ferrara, se vi saranno i presupposti logistici ed economici, se vi sarà quel vantaggio ecologico del trasporto sull’acqua e come questo potrà avere continuità oltre i punti terminali di Porto Garibaldi e Pontelagoscuro.
Forse a questo punto a qualcuno sorge qualche domanda spontanea. L’Idrovia fa comodo a molti perché porta appalti, soldi, profitti? C’è qualche ente finanziatore, a Bruxelles, a Roma, a Bologna che potrebbe chiudere il rubinetto se l’obiettivo finale venisse messo in discussione?
Due sono i motivi per sostenere che quell’Idrovia presentata circa 20 anni fa al grande pubblico non sarà mai funzionante.
Il primo: tra i tanti ponti che bisognerebbe alzare c’è quello ferroviario a 500 metri dalla stazione di Ferrara. Non è possibile alzare questo ponte, a meno che non venga spostata l’intera stazione da un’altra parte. L’unica possibilità di bypassare il problema, che rappresenta un vero collo di bottiglia per l’Idrovia ferrarese, sarebbe un sistema a due conche, ma una tale soluzione sarebbe complicatissima, inefficiente e troppo costosa. Infatti l’ipotesi uscì diversi anni fa sulla stampa locale, ma la discussione durò solo pochi giorni e il problema venne sotterrato.
Il secondo: anche se si riuscisse a completare l’adattamento alla quinta classe europea, sarebbe difficile garantire una navigabilità continua con il fiume Po, così come verrebbe chiesto da chi vuole pianificare con certezza trasporti via d’acqua tra il mare (Ravenna) e le città padane (Mantova, Cremona ecc.).
La certezza non è data perché il fiume Po è in media navigabile solo per 250-280 giorni all’anno ed è sempre più spesso soggetto a piene e secche disastrose, che rendono difficile ogni tipo di programmazione dei trasporti. I nuovi interventi previsti potranno sì aumentare la navigabilità del grande fiume, ma non daranno la sicurezza che un canale artificiale può offrire.
Ferrara rimarrà per questo tagliata fuori dall’asse idroviaria costituita dei Canali Fissero-Tartaro e Canal Bianco, che connette la laguna veneta (Venezia, Chioggia) con Mantova senza obbligare gli operatori ad aggirare le secche e le piene del fiume Po. Se la navigazione sul Po non può essere certa e garantita sempre, l’Idrovia ferrarese si deve fermare a Pontelagoscuro in base ai capricci sempre più disastrosi del clima?
E poi: avrebbe senso costruire un polo logistico gigantesco nei pressi della chiusa per il trasbordo o stoccaggio di merci come sta nascendo in questi anni con investimenti giganteschi al sud della città di Mantova attorno al porto di Valdaro?
E se questo sogno del trasporto merci sul Po di Volano dovesse rivelarsi una chimera, che cosa lascerebbe il progetto Idrovia ferrarese per il territorio? Quale sarebbe il valore ambientale dell’acqua e delle sponde, quale il valore economico, sociale, quale tipo di frequentazione in termini di mobilità, di sport, di tempo libero?
Come sarebbero integrate le sponde, i ponti, gli approdi del Po di Volano nel disegno urbanistico delle città, Ferrara in primis, che aspetto avrebbero, che funzionalità, che accessibilità? Quale sarebbe il ruolo dell’Idrovia = Canale Boicelli + Po di Volano + Porto Canale di Comacchio e Portogaribaldi nel futuro disegno della Provincia di Ferrara? Come sarebbe strutturata l’infrastruttura per la navigazione turistica, sempre posto che qualcuna fosse seriamente interessato a realizzarla?
Nessuno si pone sul serio queste domande e tutti sanno che sono retoriche. In realtà la mancata messa in discussione del progetto favorisce a drenare risorse economiche importanti, destinate alla navigazione interna per realizzare opere altre, opere che sulla carta servono al transito delle navi sull’acqua ma che in concreto, nell’immediato servono per il traffico su strada.
Il primo esempio in questo senso è stata la rotatoria di San Giorgio a Ferrara, all’epoca costruita perché avrebbe aiutato a risolvere i problemi del traffico su strada che si sarebbero creati con il futuro rifacimento del ponte sul Po di Volano adiacente (non ancora avvenuto).
Altri esempi sono e saranno i ponti sul Canale Boicelli, che sono malridotti e devono essere ricostruiti per farci passare sopra migliaia di camion all’anno che sono al servizio del Petrolchimico e solo poi, forse, permetteranno anche di farci passare sotto le navi della quinta classe europea.
Forse nel caso dei ponti di Ostellato e Final di Rero il secondo fine non c’è, o e meno lampante, ma a Ferrara questo è stato trattato e annunciato pubblicamente. E intanto ovunque nella Provincia di Ferrara il progetto Idrovia, un tempo alto esempio di sostenibilità ed ecologia, lascia una scia di distruzione degli habitat, cementificazione, opere pubbliche di dubbia utilità.
A Final di Rero (Comune di Tresignana) il 9 di gennaio il nuovo sindaco Mirko Perelli ha convocato un’assemblea pubblica per informare i cittadini sullo “stato dell’arte” del progetto Idrovia nel suo Comune. In apertura si è dichiarato in disaccordo con la rasatura a zero della vegetazione su più di 5 km di argini nella zona, spiegando che la Regione Emilia Romagna difende il suo operato con motivi di sicurezza idraulica. Poi ha rimpianto tra le righe la demolizione dello storico ponte di Final di Rero che verrà sostituito con un ponte moderno a due arcate.
Arrivando al motivo principale dell’assemblea ha infine spiegato che il Comune, a sorpresa si trova a dover decidere molto presto, pressato dalla Regione Emilia Romagna su una questione fondamentale. In sintesi il cantiere Idrovia ha generato davanti all’abitato di Final di Rero un’isola fluviale che è sempre stata presentata come futura oasi e parco pubblico.
Solo ora però, a cantiere avanzato il Comune è stato informato che non sarà la Regione a “finire” l’isola, ma semmai il Comune che dovrebbe chiedere di diventarne proprietario (ora è del demanio) e farsi poi carico di tutti gli oneri annessi: infrastrutturazione, allestimento, sottoservizi, manutenzione. Inoltre solo ora il Comune è stato informato che un ponte che doveva inizialmente essere provvisorio (tipo Bailey) non verrà più demolito, ma coesisterà come ecomostro a 200 metri da quello nuovo, moderno, a doppia arcata in fase di costruzione.
Se il Comune dovesse accettare la Regione è disposta almeno ad “abbellire” il ponte e tirare via il manto di asfalto, che diventerà così l’accesso all’isola; diversamente, e se la Regione con fa concessioni alle richieste di recente avanzate dal Comune il ponte verrà chiuso, sbarrato, bloccato.
Lo sparuto gruppo di cittadini presenti, tutti memori delle campagne promozionali dell’Idrovia in passato, in quella sala buia e triste di un centro civico stile anni ’80 è rimasto leggermente frastornato nel dover dire la sua su una proposta che più che un dilemma sembrava una beffa.
Il loro fiume, eliminato il verde che copriva le sue sponde, è stato raddrizzato perché la vecchia ansa, troppo stretta, non avrebbe permesso il passaggio di una nave della quinta classe europea, ma ora si chiedono disillusi: vedremo mai una nave di quinta classe passare da queste parti?
In tutta la provincia di Ferrara i cittadini subiscono il progetto Idrovia senza avere una minima idea di quello che succede sul Po di Volano, chiedendosi di dove può e dove vuole arrivare il grande carrozzone. Non sanno quale è l’utilità, quale potrà essere il ritorno turistico, economico, ambientale; a quale mercato, quale industria, quale domanda risponde il progetto.
Gli amministratori locali che dovrebbero rappresentare le istanze dei cittadini non avanzano nessuna proposta, alzano le spalle e ignorano ogni possibilità di mettere in discussione i modus operandi, le ripercussioni pesanti sulla vita della popolazione, gli esiti finali.
Dopo che la Provincia, inizialmente prima promotrice dell’Idrovia era stata messa all’angolo, i sindaci sono rimasti soli, hanno voltato le spalle all’acqua per occuparsi solo della terraferma e malferma.
Si può fare finta di niente, si può essere complici, ma si potrebbe anche lanciare una class action di tutti i Comuni rivieraschi per mettere in discussione la quinta classe europea. Tanto per cominciare.
Cover e immagini nel testo tratte da: https://ilgiornaledelpo.it/lidrovia-ferrarese-ma-esiste-un-futuro/
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