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Ferrara film corto festival

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L’evasione fiscale ci farà perdere lo stato sociale (se non facciamo qualcosa)

L’evasione fiscale c’è in tutti i paesi del mondo ma in Italia è particolarmente alta. Le stime del Governo stesso indicano circa 87 miliardi annui, una cifra analoga alla spesa pubblica per tutta l’Istruzione, Università inclusa. Ciò è dovuto ad almeno 6 fattori:

  1. la numerosa presenza di lavoratori autonomi e piccole imprese in rapporto ai dipendenti (in Italia solo gli autonomi sono circa 7 milioni  rispetto a 17 milioni di dipendenti, mentre in Gran Bretagna sono 4,3 milioni rispetto a 28,5 milioni di dipendenti). Ovviamente è più facile controllare 4 milioni che 7 milioni di contribuenti, specie se è radicata una diffusa cultura dell’evasione;
  2. il sottofinanziamento atavico delle Agenzie fiscali (Entrate e Guardia di finanza);
  3. la scarsa volontà dei partiti (specie di centro-destra) di usare tutte le 200 banche dati oggi disponibili per fare emergere l’evasione;
  4. una legge sulle successioni che di fatto consente una elusione fiscale (evasione per legge) ai ceti ricchi e più abbienti del paese; lo Stato incassa dalle successioni ogni anno meno di 2 miliardi, mentre potrebbe incassare dieci volte tanto tassando in modo equo chi eredita oltre un milione di euro;
  5. varie leggi che favoriscono sia i ricchi che qui prendono la residenza – paghi al massimo 100mila euro di imposta annua anche su redditi milionari, ora salita a 200mila – sia le imprese (super ammortamenti,…), ma soprattutto lo spostamento nei paradisi fiscali dei profitti. In un recente lavoro basato su dati macroeconomici, Wier e Zucman mostrano come dal 1970 al 2019 la quota dei profitti delle multinazionali spostata verso i paradisi fiscali sia aumentata a livello mondiale dal 2 al 37%, per un ammontare globale di circa 1.000 miliardi di dollari. Negli stessi anni la perdita collegata al profit shifting è passata dallo 0,1 al 10% del gettito mondiale delle imposte sul reddito societario. Per l’Italia, nel periodo 2015-2019, gli autori stimano che dai 20 ai 30 miliardi di utili siano stati trasferiti all’estero, sottraendo circa il 15-20% del gettito dell’imposta sul reddito delle società;
  6. infine, ed è forse la cosa più grave, i ricorrenti condoni che mandano un messaggio esplicito della serie: “se non paghi vedrai che prima o poi, anche se ti beccano, faranno un condono che metterà a posto le cose”. Ora il Governo tenta una nuova strategia: il concordato biennale, facendo pagare solo il 12% sui profitti non dichiarati, se sono però al massimo il 30% in più del dichiarato. Staremo a vedere. “Nullum crimen, nulla poena sine lege”: non a caso negli Stati Uniti il 30% dei detenuti lo è per evasione fiscale. In Italia non c’è nessuno in carcere per gli stessi motivi. Non a caso l’Agenzia delle Entrate ha accumulato 1.200 miliardi di imposte non versate in 25 anni.

Nella tabella che segue sono indicati (fonte Governo e Agenzia Entrate) i livelli di evasione del 2023.

Si potrà notare che per i dipendenti l’evasione è del 2,4%, per gli autonomi del 69,7%. L’evasione delle imposte sui redditi ha la sua corrispondenza poi in una evasione dell’Iva. I contribuenti che dichiarano più di 200mila euro all’anno sono solo 130mila, ma sappiamo che vengono vendute ogni anno oltre 200mila auto di lusso, che ci sono 100mila proprietari di barche da 10 metri in su e sono 5 milioni i proprietari di seconde case e terze case di vacanza.

Molto alta anche l’evasione dell’ IMU (22%) sulle seconde case, specie in alcune regioni del Sud. Esso varia (fonte Corte dei Conti https://www.corteconti.it/Download?id=d829a9c3-96c7-460b-8994-7e96a5ed9603) dal 40% del gettito teorico in Calabria al 10,9% in Emilia-Romagna e presenta valori più elevati nelle Regioni meridionali: Campania 34,3% del gettito teorico, Sicilia 33,3% e Basilicata 31,2%. Valori più bassi si osservano, invece, in Valle d’Aosta 11,5%, in Liguria 13,5% e nelle Marche 14,3%. Qui sono i Comuni inadempienti (scambio elettorale) a riscuotere le imposte. Ancora peggio vanno le cose per i Comuni del Sud per le tariffe dell’acqua (per quelli che la gestiscono in house, cioè di loro amministrazione), per le tariffe degli asili nido e scuole infanzia (quelle poche che ci sono), per le mense scolastiche e gli affitti degli immobili comunali, la tassa sul suolo pubblico. Si riscuote in media il 65%, ma per i Comuni calabresi si scende al 31-35%, in Campania al 40-47%, in Lazio al 50-57%. Oggi una parte degli ammanchi viene coperto dallo Stato, ma con l’autonomia differenziata questo trasferimento cesserà. Al Sud come noto la base imponibile è minore che al Nord. Bassa base imponibile, non volontà di riscuotere le imposte e incompetenza amministrativa portano a chiedere la procedura di dissesto finanziario in 139 Comuni dal 2019 al 2023, quasi tutti in Sicilia, Campania, Calabria e Lazio.

(Per sapere chi sono, si veda la cartina a pag. 372 del rapporto (citato) della Corte dei Conti per gli anni 2021-22-23).

Il problema è che il Governo attuale di centro-destra (si veda il rapporto 2023 sull’evasione del Ministero dell’Economia https://www.mef.gov.it/documenti-pubblicazioni/rapporti-relazioni/index.html#cont_7) è costretto a trovare risorse per finanziare alcuni benefici che vuole riconoscere ai ceti deboli e medi, ma senza tassare i ricchi e dovendo subire l’austerity imposta dall’Europa per rientrare dal debito pubblico, che impone una riduzione della spesa di 12 miliardi all’anno per 7 anni. Altri 11 miliardi servono per confermare lo sgravio fiscale al Sud per le assunzioni (fino a 35mila euro all’anno); altri ancora ne servono per il riconfermare il cuneo fiscale.

Per fortuna, le entrate nei primi sei mesi del 2024 vanno molto bene (+10 miliardi sul 2023) per via dell’aumento degli occupati dipendenti, da cui arrivano automaticamente imposte e oneri sociali obbligatori, e soprattutto per le dichiarazioni dei redditi di chi è stato coinvolto nel superbonus 110% (ingegneri, geometri, architetti, elettricisti, idraulici, imprese edili, altri fornitori) che, almeno, sono stati obbligati (coi “bonifici parlanti”) a dover certificare le spese e quindi impossibilitati all’evasione fiscale. Ciò spiega perché le dichiarazioni dei redditi dei geometri, ingegneri, elettricisti ed idraulici siano lievitate dal 2019 al 2022, mentre questo fenomeno non si è avuto nelle altre categorie (commercialisti, dentisti, baristi,…). Ci sono molte categorie dove il reddito dichiarato è ancora minore di quello di un dipendente, il che non corrisponde al vero – senza nulla togliere ai maggiori orari di lavoro e alle responsabilità di avere una propria impresa, con tutte le incertezze e i rischi correlati. Lo “scambio” in Italia è l’elevata evasione fiscale di molti piccoli, medi e grandi imprenditori che da sempre sono un bacino elettorale soprattutto dei partiti di centro-destra.

Il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia ha elaborato un rapporto con dati inediti delle dichiarazioni sia di persone fisiche sia di società di persone e di capitali (dal 2019 al 2022) e anche con un dettaglio territoriale da cui emergono anomalie clamorose. Il primo aspetto (già citato) fa vedere che se si creano modalità obbligatorie per evitare o ridurre l’evasione, le dichiarazioni quasi raddoppiano (da 36mila a 61mila per elettricisti ed idraulici) che ora dichiarano più dei dentisti, avvocati, ingegneri e quasi come i commercialisti. Bar e pasticcerie dichiarano di guadagnare mille euro al mese, ma se si toglie Bolzano e Milano scendono in media a 750 euro al mese. Il caso dei balneari è clamoroso, anche perché usano un’area demaniale da decenni (c’è chi la usa anche da 100 anni) e non solo si rifiutano di tornare a gara – pur con le indennità in caso di perdita dell’esercizio che sono dovute per gli investimenti fatti – ma anche di pagare un minimo di imposte. I dati per provincia mostrano differenze clamorose che solo in piccola parte sono imputabili ai maggiori ricavi delle città più ricche: per cui a Bolzano un dentista dichiara in media 134mila euro, a Roma 44mila, come a Potenza e Campobasso. Vale anche per i tassisti, dai 27mila di Venezia-Mestre ai 20mila di Firenze e Bolzano, ai 19mila di Milano e agli improbabili 10mila di Roma e 9mila di Napoli e Palermo.

Una volta questi dati venivano distribuiti anche per ogni provincia ma, suscitando proteste e malumori in chi versava correttamente le imposte, si è deciso di non farlo più. Ora i dati ci sono ma vengono forniti solo in forma aggregata e ai giornalisti oppure te li devi elaborare tu perdendo ore di lavoro: viva la trasparenza!

(Fonte: Dipartimento Finanze, Ministero dell’Economia su dati Agenzia Entrate, 2024).

In conclusione e come si potrà vedere leggendo i dati:

  1. l’evasione rimane alta ma si sta riducendo per la crescente informatizzazione e per le necessità dei Governi di finanziare riduzioni fiscali per chi paga alte imposte;
  2. è cresciuta la possibilità di evadere le imposte da parte delle grandi imprese e multinazionali ma ora crescono azioni internazionali ed europee tese a limitare questo gravissimo fenomeno, dovuto ad una voluta globalizzazione senza regole;
  3. l’impoverimento in atto dei ceti medio-bassi che pagano le imposte costringerà, prima o poi, i Governi a dover ridurre l’evasione o tassare i super ricchi, se non si vuole smantellare il welfare state, cioè la più grande conquista sociale dell’Europa degli ultimi 75 anni.

 

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Andrea Gandini

Economista, nato Ferrara (1950), ha lavorato con Paolo Leon e all’Agenzia delle Entrate di Bologna. all’istituto di studi Isfel di Bologna e alla Fim Cisl. Dopo l’esperienza in FLM, è stato direttore del Cds di Ferrara, docente a contratto a Unife, consulente del Cnel e di organizzazione del lavoro in varie imprese. Ha lavorato in Vietnam, Cile e Brasile. Si è occupato di transizione al lavoro dei giovani laureati insieme a Pino Foschi ed è impegnato in Macondo Onlus e altre associazioni di volontariato sociale. Nelle scuole pubbliche e steineriane svolge laboratori di falegnameria per bambini e coltiva l’hobby della scultura e della lana cardata. Vive attualmente vicino a Trento. E’ redattore della rivista trimestrale Madrugada e collabora stabilmente a Periscopio.

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Ogni giorno politici, sociologi economisti citano un fantomatico “Paese Reale”. Per loro è una cosa che conta poco o niente, che corrisponde al “piano terra”, alla massa, alla gente comune. Così il Paese Reale è solo nebbia mediatica, un’entità demografica a cui rivolgersi in tempo di elezioni.
Ma di cosa e di chi è fatto veramente il Paese Reale? Se ci pensi un attimo, il Paese Reale siamo Noi, siamo Noi presi Uno a Uno. L’artista polesano Piermaria Romani si è messo in strada e ha pensato a una specie di censimento. Ha incontrato di persona e illustrato il Paese Reale. Centinaia di ritratti e centinaia di storie.
(Cliccare sul ritratto e ingrandire l’immagine per leggere il testo)

PAESE REALE
di Piermaria Romani


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